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l’intervista

La ‘ndrangheta nella “Roma Criminale” che «non vuole padroni»

Il romanzo di Giuseppe Scarpa racconta la realtà della mala nella Capitale, dove si «consumano due tonnellate di cocaina al mese»

Pubblicato il: 25/04/2025 – 15:30
di Fabio Benincasa
La ‘ndrangheta nella “Roma Criminale” che «non vuole padroni»

ROMA La Città Eterna incorona un nuovo Re, ma Roma non «vuole padroni». Nella Capitale, il traffico di cocaina è il core business della criminalità organizzata: i pusher presidiano le piazze di spaccio, sembrano palline impazzite. La vita scorre veloce, come lo scambio di denaro all’ombra di un caffè del centro, nei vicoli di periferia, negli angoli dimenticati e in quelli nascosti. Sandro Marinelli è il “Boia”, protagonista di “Roma Criminale, il nuovo libro di Giuseppe Scarpa: giornalista di razza e d’inchiesta, autore televisivo, firma di riferimento della cronaca giudiziaria del quotidiano La Repubblica.

«Roma è una città particolare, non ha né la mafia, né la camorra, né la ‘ndrangheta. Prende tutto quello che può prendere». La confessione raccolta dal collega Alberto Nerazzini è illuminante!

«Roma ha dentro tutto, allo stesso modo. Dentro ci sono tutte le criminalità, non solo italiane, ma quelle europee. C’è la mala albanese e poi Camorra, ‘Ndrangheta e Cosa Nostra. La criminalità iraniana, specializzata nella vendita dello shaboo, e la mafia nigeriana. E poi, ancora, le mafie locali, quelle romane».

Il riciclaggio di denaro sporco è finito sotto la lente della Procura romana. Qual è il ruolo della ‘ndranghtea nella “banca nera”?

«Certamente, la ‘ndrangheta è tra le mafie più forti presenti a Roma: gestisce soprattutto la droga, fanno da grossisti, da grandi rifornitori. In questo la ‘ndrangheta è la più potente, Cosa Nostra ha un ruolo subordinato. Basti pensare alle grandi navi porta container che trasportano cacao e zucchero, in partenza dal Sud America, arrivano fino in Turchia e si fermano di fronte alle coste siciliane. E lì cosa accade?! Gettano in mare quantitativi importanti di cocaina o di hashish, attaccano il Gps e gli uomini di Cosa Nostra si occupano del recupero in un rapporto di subordinazione con la ‘ndrangheta».

Da Milano a Roma, è sempre più forte l’asse tra cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta?

«L’inchiesta Hydra è molto interessante, appassiona lo studio e l’attività investigativa sull’asse che unisce Cosa Nostra-Camorra e ‘Ndrangheta. A Roma, la Camorra appare un po’ più rissosa rispetto alla ‘Ndrangheta, che invece riesce ad essere più efficace».

Nel tuo romanzo, la Città Eterna incorona un nuovo Re. Ma ricordo male o Roma non vuole padroni?

«Dici bene, Roma non vuole padroni! La città non accetta la presenza di un leader incontrastato, al limite “consente” un primo tra pari. Chiunque provi a sedersi sul trono della città, cercando di diventare il leader della criminalità romana, ha come risultato la morte. Questo viene raccontato in forma romanzata nel mio libro, che non si ispira a personaggi reali ma a fatti di pura fantasia. Però il racconto si lega al mio lavoro di cronista a Repubblica e che negli anni mi ha consentito di raccontare i fatti di sangue legati alla galassia criminale che agita Roma. La criminalità, nella Capitale, si pone un obiettivo: essere germone nella vendita della cocaina. Roma, racconta un collaboratore di giustizia – tra i più potenti narcotrafficanti – consuma due tonnellate di cocaina al mese. Una città con il naso perennemente infarinato». (f.benincasa@corrierecal.it)

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