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La rivoluzione di San Francesco e di chi ha preso il suo nome

L’attualità del Cantico delle Creature e tre temi rivoluzionari che sono capisaldi del pensiero di Bergoglio

Pubblicato il: 25/04/2025 – 9:45
di Francesco Bevilacqua*
La rivoluzione di San Francesco e di chi ha preso il suo nome

Di fronte all’asfissiante retorica di questi giorni su Papa Francesco e dinanzi alle avvisaglie di critiche al suo pontificato, mi piace cercare i capisaldi del pensiero di Bergoglio nel Cantico delle Creature, composto dal santo da cui questo, non a caso, trasse il suo nome, primo ed unico papa in ottocento anni dalla canonizzazione del santo più amato (ricordiamolo).
È il 1226. Francesco d’Assisi si trova a San Damiano, il monastero di Chiara. È malato e sofferente. Sicché un giorno, mentre i due amici stanno per desinare, Francesco è rapito da un’estasi. Tornato in sé, compone il Cantico delle Creature, uno dei primi testi poetici in volgare italiano. I temi, rivoluzionari, del componimento sono a mio parere tre: la minorità dell’uomo rispetto al creato; il ritorno alla Terra Madre; la riabilitazione della morte.

“La base della sua poetica – scrive la storica Chiara Mercuri a proposito del Cantico – è l’esaltazione del mondo e del creato, contro la visione di un mondo da disprezzare, all’epoca ancora dominante”. Uno dei papi contemporanei di Francesco, infatti, Innocenzo III, aveva, pochi anni prima, scritto un libello intitolato emblematicamente “Sul disprezzo del mondo”, nel quale ribadiva una concezione spregiativa del mondo e della natura. L’idea di Francesco è invece opposta: “la natura e il creato sono emanazioni dirette dell’amore di Dio e per tale ragione in esse bisogna immergersi, gioire, lasciarsi pervadere – ancora Chiara Mercuri –. L’amore per la natura e le sue creature conduce a Dio”.
Traggo il testo del Cantico dal volume “Lettura degli Scritti di Francesco d’Assisi” del filologo Carlo Paolazzi. L’ho confrontato con molte altre versioni, ma tutti i testi rinvenuti riportano la lettera maiuscola iniziale, oltre che gli appellativi dati a Dio (Signore, Altissimo), anche alle singole creature nominate: Sole, Luna, Stelle, Vento, Aere, Nubilo, Sereno, Acqua, Foco, Terra, e persino Morte. I nomi delle creature sono preceduti dall’appellativo “frate” o “sora”. Francesco nel procedere con le “laudi” dedicate alle varie creature, non scrive mai: “Laudato si’ mi Signore per nostro frate homo”. Anzi l’unica volta che questo viene nominato nel Cantico, il nome è scritto con l’iniziale minuscola: “homo”. Interpreto questa scelta lessicale di Francesco come la proclamazione della minorità dell’uomo rispetto alle altre creature e perfino alla materia. Tema diametralmente contrario alla dottrina cristiana dell’epoca ed a quella moderna sino al pontificato di Benedetto XVI. È vero che nel testo vengono genericamente lodati gli uomini, ma solo “coloro” che avranno adempiuto ad un compito preciso: perdonare e servire in pace. Viceversa, ad ogni altra creatura nominata è attribuita una precisa azione degna di lode per la quale l’uomo deve essere grato a Dio ed alla creatura.
Nel riferimento alla Terra, poi, Francesco usa la seguente locuzione: “sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa”. Definire la Terra come “madre” (oltre che sorella) è un evidente riferimento alla divinità latina “Tellus mater” che derivava dalla Grande Madre (vedere i testi di Robert Graves e di Marija Gimbutas), le Gea della Teogonia di Esiodo che nasce per partenogenesi (si auto-procrea) e solo dopo, accoppiandosi con Urano (il cielo stellato), che essa stessa ha generato, produce le altre divinità. Francesco non vuole riconoscere un’altra divinità rispetto al Dio cristiano, ma certamente ha un’idea olistica del creato, in cui la Terra è un tutto più grande delle singole componenti, e l’uomo è solo una parte di esso, chiamato ad armonizzarsi con il creato ed a servirlo, non a sfruttarlo e soggiogarlo.
Infine le Morte. Essa viene appellata nel Cantico “sora nostra Morte corporale”. E quando Francesco parla dell’uomo, aggiunge “che dalla morte non può fuggire”. Qui Francesco ribalta la concezione di San Paolo secondo cui la morte è la grande nemica che Gesù ha sconfitto resuscitando (“ha vinto la morte”). Dogma che, significativamente, Francesco non tocca mai, mente inaugura la serena accettazione della morte come sorella e, in quanto tale, come opera stessa di Dio, come sua creatura. Ne esce una visione della morte non tanto come “la” fine ma come “il” fine stesso della vita: si nasce per vivere ma anche per morire e tornare, così alla casa del Padre.
Quanto al pontificato di Papa Francesco, troviamo tutti e tre i temi del Cantico appena esposti ben presenti nelle sue encicliche e nelle sue predicazioni. Tutto in una chiave di assoluta novità rispetto alla dottrina dominante della Chiesa. Il che fa assumere al suo pontificato una portata rivoluzionaria. Ma temo che, come dopo ogni rivoluzione, non intervenga col nuovo papa, una restaurazione. Mi auguro, con tutto il cuore, di sbagliarmi.

*Avvocato e scrittore

Nella foto la visita di Papa Francesco ad Assisi (ottobre 2020)

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