Vuoi vedere Alice delle meraviglie chiacchierare con il Coniglio bianco che consulta, ossessionato, il suo orologio da taschino per non sfigurare all’appuntamento con la bellicosa Regina di Cuori che accusa il Cappellaio Matto di stare “assassinando il tempo”? O Pinocchio, Lucignolo, il Gatto e la Volpe e altri campioni della letteratura fiabesca?
Devi salire nel centro storico di Belcastro, borgo medievale aggrappato su uno sperone di roccia tra le foreste della Sila e lo Ionio con le sue distese di sabbia fine e le piccole baie incantevoli di Isola Capo Rizzuto. Dove il sindaco, Antonio Torchia, s’è inventato il “paese delle fiabe”. E il giovane artista Matteo Lupia ha colorato le antiche viuzze con murales ispirati alle fiabe più celebri.
C’è fervore d’iniziative da queste parti. E la consapevolezza che, in un mondo precipitato in una centrifuga, per non continuare a discutere senza costrutto dei fantasmi delle cose, avvinti dallo stereotipo delle aree interne infelici per i torti subiti, c’è da rimboccarsi le maniche. E darsi da fare, con slanci culturali anche azzardati, ma che possono vincere indolenze croniche e piatte amministrazioni delle risorse pubbliche. Così a Belcastro, con un filo di libera immaginazione che qui ha trovato piena cittadinanza, non solo l’allegoria straordinaria delle fiabe.
In alto, dov’è il castello dei conti d’Aquino, imponente fortezza eretta a difesa dai turchi dell’autonomia vescovile, si può godere la fitta conversazione tra Lewis Carroll, teorico di fantasie sovversive in cui la follia si mischia al senso comune, e san Tommaso d’Aquino, pilastro della Chiesa cattolica a cui con la “Summa Theologiae” diede sistematicità scientifica e teologica; e che a Belcastro sarebbe nato nel 1225, come scrive (“Della Calabria illustrata” del 1672) lo storico fra Giovanni Fiore da Cropani, benché Roccasecca, in provincia di Frosinone, rimanga il luogo più accreditato della sua nascita.
A qualche metro di distanza da uno scrittore di fiabe a cui s’ispirarono James Joyce, Jorge Luis Borges e John Lennon, e da un eminente dottore della Chiesa, convinto di poter dimostrare l’esistenza di Dio con argomenti puramente filosofici, si nota la presenza del giornalista Carlo Collodi, conosciuto per le avventure di un Burattino (e della Fata dai capelli turchini) divenuto un long seller tradotto in 240 lingue.
Collodi osserva Carrol e d’Aquino ragionare di scienza, fede e fantastiche narrazioni, di bevande che possono farti rimpicciolire o “allungare come un cannocchiale” e dei punti di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica (Aristotele Platone Socrate) e infine, con uno sguardo scettico e sconsolato, li interrompe: “Ora basta parlare e parlare, scendiamo in paese a prendere un caffè”.
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