LAMEZIA TERME «Il lavoro non è una merce», bensì «è libertà». Un anno fa – era giusto il 30 aprile 2024 – il presidente della Repubblica Sergio Mattarella celebrò la festa dell’1 Maggio in Calabria, visitando le eccellenze del mondo produttivo calabrese, in particolare alcune realtà del distretto agro-alimentare del Cosentino. Accompagnato dal ministro del Lavoro, Elvira Calderone, e accolto dalle massime autorità territoriali rappresentate anzitutto dal presidente della Regione Roberto Occhiuto, Mattarella indicò la rotta delle politiche economiche e sociali dell’Italia, con particolare riferimento proprio al tema del lavoro, e rilanciò il ruolo decisivo del Mezzogiorno e di regioni come la Calabria per la crescita dell’Italia invitando a colmare i tanti e gravi divari tra i territori. Parole di un’attualità evidente.
«Il lavoro non è una merce», esordì Mattarella specificando che «ha un valore nel mercato dei beni e degli scambi. Anzi, ne è elemento essenziale, perché senza l’apporto della creatività umana sarebbe privo di consistenza e di qualità. Ma proprio la connessione con la realizzazione della personalità umana conferisce al lavoro un significato ben più grande di un bene economico; lo rende elemento costitutivo del destino comune… Il lavoro è libertà. Anzitutto libertà dal bisogno; e strumento per esprimere sé stessi, per realizzarsi nella vita. I progressi straordinari della scienza e della tecnica per migliorare la qualità e la sostenibilità dei prodotti e dei servizi, devono essere sempre indirizzati alla tutela della dignità e dell’integrità delle persone, dei loro diritti. A partire dal diritto al lavoro. Il lavoro – rilevò ancora il presidente della Repubblica – deve essere libero da condizionamenti, squilibri, abusi che creano emarginazione e dunque rappresentano il contrario del suo ruolo e del suo significato. Fattori che rappresentano pesanti impedimenti al cammino dell’intera società. Il rilievo umano e costituzionale del lavoro deve spingere le istituzioni a ogni livello, e con esse tutti gli attori economici e sociali, a non sentirsi mai appagate fino al conseguimento di una piena buona occupazione».
Rivolgendosi alle imprese del distretto del Cosentino, Mattarella poi osservò: questa virtuosa esperienza «fa comprendere come la valorizzazione della produzione agricola sia strettamente connessa e integrata con il rispetto del valore della terra, con il riequilibrio ambientale. Agricoltura e ambiente vanno di pari passo: è, appunto, il settore primario. La sostenibilità rafforza i prodotti, migliora i territori, dunque la vita delle comunità. Più alti standard nella sicurezza, nell’impatto sul suolo, sull’aria, sulla qualità degli alimenti, accrescono il benessere, la vivibilità. Occorre inserirsi con sagacia nelle direttrici che hanno valore strategico per il futuro dell’Europa. La transizione ambientale e quella tecnologico-digitale richiedono di essere pronti agli appuntamenti. Abbiamo la capacità di guidare e di progettare i processi di innovazione: possiamo averne l’ambizione. L’Europa – e in essa l’Italia – deve essere protagonista a livello globale. Il Mezzogiorno d’Italia è parte dell’Europa. Ed è decisivo per il suo futuro, insieme ai vari Sud del Continente. Il nostro Mezzogiorno è una realtà complessa, non certo uniforme. Le sue potenzialità, le sue vocazioni, i suoi problemi non sono riassumibili in un’analisi semplificata. Vi sono eccellenze e vi sono grandi divari. Le Regioni meridionali dispongono oggi di un reddito che non raggiunge quello di altre aree nazionali. Per alcuni aspetti i loro cittadini fruiscono di servizi meno efficienti. Lo sviluppo della Repubblica – sostenne il presidente – ha bisogno del rilancio del Mezzogiorno. È appena il caso di sottolineare come una crescita equilibrata e di qualità del Sud d’Italia assicuri grande beneficio all’intero territorio nazionale. Una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione recherebbe gravi danni agli uni e agli altri. È ben noto che il lavoro è una delle leve più importanti di progresso e di coesione sociale… Le politiche del lavoro non possono che orientarsi verso una riduzione degli squilibri». Infine, dalla Calabria il monito del presidente Mattarella sull’emergenza sicurezza sul e del lavoro: «Non possiamo accettare lo stillicidio continuo delle morti, provocate da incurie, da imprudenze, da rischi che non si dovevano correre. Mille morti sul lavoro in un anno rappresentano una tragedia inimmaginabile», concluse il Capo dello Stato. (c. a.)
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