Chi è stato? Comunque vada a finire, lo Stato o nessuno. Incerta storia quella che vede Michele Prestipino indagato a Caltanissetta e con le deleghe sospese dal suo capo, il procuratore nazionale antimafia Melillo. Tutto questo attorno alla costruzione del Ponte sullo Stretto. Che finora ha raccolto molte preoccupazioni estreme. Sembra, ad esempio, di risentire le parole di don Ciotti del luglio 2023 quando affermò “Più che due coste unirà due cosche” provocando la reazione del ministro Salvini.
Ma in questo nuovo ginepraio della Repubblica stiamo ai fatti accertati.
Michele Prestipino è procuratore aggiunto della super procura nazionale antimafia e antiterrorismo, quindi uno dei più autorevoli magistrati italiani che gode di buona stampa tra le prime firme del giornalismo dell’antimafia militante. Tra queste, Salvo Palazzolo, coautore di un libro sulla criminalità organizzata con Prestipino, che su Repubblica ricostruisce con dovizia di particolari quanto accaduto.
Il primo aprile Prestipino si dà appuntamento con Gianni De Gennaro e Francesco Gratteri (nessuna parentela con il procuratore di Napoli).
Chi si sta attovagliando al ristorante Vinando a Roma a piazza Margana? È un convivio tra amici perché un incontro istituzionale avverrebbe in una caserma o alla Dda.
Gianni De Gennaro, ex capo della polizia e tanto altro, oggi è il presidente del Consorzio delle imprese Eurolink impegnato a realizzare il Ponte sullo Stretto. Gratteri è stato un poliziotto di altissimo livello, oggi ha il compito di vigilare che le cosche mafiose stiano lontano dagli appalti tra Scilla e Cariddi. È il responsabile della sicurezza.
Il groviglio che raccontiamo si incrocia con uno dei più inquietanti misteri della Repubblica: i depistaggi sulla strage di via D’Amelio. Indaga sul punto da tempo la procura di Caltanissetta con il procuratore capo Salvatore De Luca, in passato in servizio a Palermo. I carabinieri da tempo pedinano digitalmente Gianni De Gennaro, per avere riscontri sul ruolo del defunto Arnaldo La Barbera, capo della Mobile di Palermo cui venne affidata la super squadra speciale che indagò sulle morti di Falcone e Borsellino. Da quelle indagini uscì fuori il falso pentito Scarantino che fece arrestare degli sventurati innocenti tenendo al riparo reali esecutori e le mandanti menti raffinate.
Oggi sappiamo che La Barbera aveva due parti in commedia essendo uomo coperto dei servizi noto come fonte “Catullo”. In più nel 2024 i carabinieri del Ros hanno trovato nella cantina della casa di famiglia di La Barbera (morto per un tumore nel 2002) alcuni estratti conto di inizio anni Novanta che raccontano di versamenti per quasi cento milioni delle vecchie lire. Si sospetta molto e si paventano scenari turpi.
L’Italia è un paradosso. Gianni De Gennaro, il “Dick Tracy” indispensabile a Falcone per far collaborare Buscetta per disarticolare Cosa Nostra, viene ritenuto “utile” a sua insaputa dai magistrati nisseni per indagare sui peggiori verminai palermitani. È in questo contesto molto sciasciano, accade che gli investigatori che cercavano il carico a spada ne trovano uno molto diverso a denari. In quel ristorante romano Prestipino, De Gennaro e Gratteri discutono non solo delle possibili infiltrazioni di mafia attorno al Ponte. Prestipino avrebbe parlato anche di «particolari rilevanti delle indagini in corso da parte di alcune procure antimafia», come scrive il procuratore De Luca in un comunicato ufficiale.
Ricordiamo che la procura nazionale antimafia sta coordinando ben cinque procure: Catanzaro, Catania, Messina, Reggio Calabria, Milano, per individuare teste di legno che acquistano terreni e aprono nuove società interessate ai subappalti del Ponte.
Ritorna il paradosso sciasciano. Magistrati ed ex poliziotti vogliono sbarrare la mafia però si ritrovano al momento su rive diverse. Il procuratore nazionale Antimafia Melillo riferiscono sia rimasto sorpreso e deluso di essere stato tenuto all’oscuro di quel pranzo del primo aprile di uno dei suoi più fidati collaboratori.
Atto dovuto l’avviso di garanzia a Michele Prestipino dalla Procura di Caltanissetta per rivelazione di segreto d’ufficio. Convocato dai suoi colleghi Prestipino si è avvalso della facoltà di non rispondere ma il suo avvocato ha annunciato che verrà chiesto nuovo interrogatorio per chiarire una conversazione tra uomini dello Stato. Il procuratore Melillo ha invece revocato le deleghe al coordinamento alle indagini su ‘ndragheta e mafia a Prestipino. Anche qui un atto dovuto. Sulla vistosa mancanza di fiducia dirà il tempo.
De Gennaro e Gratteri non sono indagati anche se la procura di Caltanissetta nel suo comunicato ufficiale scrive «vi sono concreti elementi per ritenere che Gratteri, anche per conto di De Gennaro, avrebbe già avvisato del corso delle indagini alcuni protagonisti della vicenda». È evidente che ne leggeremo per troppo tempo di questa vicenda come accadde per “La trattativa” o per la macelleria messicana del G8 di Genova. Il capo della polizia a Genova era Gianni De Gennaro accusato di induzione alla falsa testimonianza. Per quanto accaduto in quelle tragiche ore ne uscirà alla fine assolto giuridicamente in Cassazione. Non tutti ne furono convinti. A De Gennaro però arrivarono onorificenze e grandi incarichi tipo sottosegretario alla presidenza con Monti o presidente di Finmeccanica. Biografia illustre quella del celebre “sbirro” nato a Reggio Calabria la vigilia di Ferragosto del 1948. Prestipino a Reggio Calabria invece ci arriva con Giuseppe Pignatone provenienti assieme dalla Palermo di Falcone e grazie alle inchieste calabresi che puntano al Nord i due magistrati sbarcheranno nella Roma di mafia capitale. Carriere specchiate ma non da tutti apprezzate.
Ora per Prestipino una pietra d’inciampo. Un brutto pesce d’aprile quel pranzo romano? Chi è stato? Lo Stato o nessuno? Leonardo Sciascia l’avrebbe raccontata da par suo. (redazione@corrierecal.it)
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