La Corte di Assise di Cosenza sta svolgendo il processo a carico di Tiziana Mirabelli, rea confessa dell’omicidio di Rocco Gioffrè, avvenuto due anni fa a Cosenza. Non entro nel merito del processo, sia perché non conosco gli atti se non per relata refero, sia per l’equilibrio e la competenza di chi presiede la Corte. Ho conosciuto Tiziana nella mia breve esperienza di dirigente comunale. Era sempre tesa ad aiutare gli altri e ne conservo un buon ricordo. Il che, ovviamente, non c’entra nulla con il fatto omicidiario. La Corte dovrà stabilire se c’è stata crudeltà, poiché non mi pare che vi potesse essere premeditazione, elementi che costituiscono l’asse per l’ergastolo.
Ho letto della deposizione di Paolo De Pasquali, che è un criminologo di grande spessore, consulente della difesa dell’imputata rappresentata dall’avvocato Cristian Cristiano. De Pasquali ha dipinto un primo quadro di motivazioni che, pur non disponendo di altre notizie, mi sembrano convincenti. Un assetto di personalità più che un disturbo che caratterizzava Tiziana Mirabelli e un rapporto con la vittima più di carattere “filiale” che sessuale.
In casi del genere è fondamentale avere rispetto per la vittima e i suoi familiari e non azzardare conclusioni che spettano ai giudici.
De Pasquali, però, fa un discrimine tra crudeltà e mancanza di esperienza che merita di essere sottolineato, così come traccia delle linee personologiche interessanti. Depositate le consulenze, nella prossima udienza sarà ascoltata proprio Tiziana Mirabelli e ne sapremo di più. In ogni caso, dubito vi sia qualunque sospetto di incapacità. Semmai, bisognerà tentare di capire. Lasciando che a giudicare sia solo la Corte. (redazione@corrierecal.it)
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