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l’iniziativa

Il teatro che abbatte i muri e costruisce ponti

I ragazzi dell’Istituto penale minorile di Catanzaro sul palco per i piccoli pazienti dell’Azienda Dulbecco

Pubblicato il: 15/05/2025 – 21:23
Il teatro che abbatte i muri e costruisce ponti

CATANZARO Il teatro come strumento di riscatto, come ponte tra chi è dentro e chi è fuori, come luogo dove le barriere cadono e restano solo persone, sogni, speranze. È il cuore dello spettacolo “Uomo e Galantuomo”, che andrà in scena il 7 giugno al Teatro Comunale di Catanzaro, realizzato dai ragazzi dell’Istituto Penale Minorile, con l’obiettivo di raccogliere fondi per i piccoli pazienti dei reparti pediatrici dell’AOU Dulbecco. L’iniziativa, presentata oggi nel foyer del Teatro Comunale, è promossa dall’associazione Acsa&Ste ETS e dalla Camera Penale di Catanzaro, in collaborazione con l’Istituto Penale Minorile, il Teatro Comunale, l’Agenzia Present&Future, e con il prezioso supporto dell’AOU Dulbecco. Un progetto nato dal desiderio spontaneo degli stessi ragazzi detenuti di fare qualcosa per chi soffre più di loro. Un gesto di grande valore umano, sociale e pedagogico, che ha visto confluire sinergie straordinarie tra istituzioni, associazioni, volontariato, mondo della giustizia e della sanità. Alla conferenza stampa, oltre ai rappresentanti degli organizzatori al tavolo di presidenza, erano presenti anche l’avvocato Silvia Raiola, Roberta Petrillo, Antonio Scarpino del Lions Club Catanzaro Host, Alfonsa Trapasso e Giacomo Borrino della Present&Future, e direttore artistico del Teatro Comunale, Francesco Passafaro, che ha sottolineato come il teatro debba sempre essere spazio di apertura, accoglienza e inclusione. Sono arrivati anche i saluti della dottoressa Simona Carbone, commissario straordinario dell’AOU “R. Dulbecco”.

Giuseppe Raiola, presidente di Acsa&Ste ETS, e Direttore del Dipartimento Materno-Infantile e Direttore SOC di Pediatria dell’Azienda Universitaria-Ospedaliera “Renato Dulbecco” di Catanzaro ha sottolineato l’eccezionalità di questo progetto: «Quello che stiamo vivendo è un momento di profonda umanità e condivisione. Questo progetto, che nasce dall’idea e dalla volontà dei ragazzi, è per noi qualcosa di più di una semplice iniziativa solidale: è un atto collettivo di responsabilità, che unisce la solidarietà concreta verso i bambini ricoverati e la possibilità per questi giovani di sentirsi parte attiva della società, di riscattarsi. Con un solo progetto realizziamo più obiettivi: aiutare i bambini malati e restituire dignità ai ragazzi dell’IPM. È un messaggio fortissimo che ci invita a credere nelle seconde possibilità, a guardare oltre le apparenze, oltre le etichette, per scoprire che spesso dietro un errore si nasconde un ragazzo che aspetta solo di essere accolto e accompagnato verso un futuro migliore. Grazie a tutti coloro che hanno creduto e sostenuto questa sfida, alle istituzioni qui presenti, in particolare all’onorevole Montuoro, che ha dimostrato grande sensibilità portando questo progetto all’attenzione del Consiglio Regionale. È solo insieme che si può vincere questa battaglia educativa e sociale».

Francesco Iacopino, presidente della Camera Penale, ha rimarcato il significato etico dell’iniziativa: «La Camera Penale da tempo promuove iniziative nel mondo penitenziario, ma questa rappresenta qualcosa di speciale perché ci ricorda che la risocializzazione non può e non deve essere compito solo degli addetti ai lavori. Deve coinvolgere l’intera società civile. Troppo spesso il carcere viene vissuto come un mondo separato, da ignorare o peggio da stigmatizzare. Invece dobbiamo costruire ponti, abbattere muri. Questo spettacolo è la dimostrazione che è possibile. Che il teatro diventa spazio di incontro, di scambio, di restituzione. Ringrazio il direttore Pellegrino, che ha trasformato l’IPM in una fucina di umanità e speranza, e il dottor Raiola, che ancora una volta ha messo a disposizione la sua straordinaria capacità organizzativa. E ringrazio anche le istituzioni che hanno compreso il valore profondo di questo progetto, in un tempo in cui la vendetta sociale sembra l’unica risposta. Noi vogliamo continuare a credere che si possa andare controcorrente».

 Antonio Montuoro, consigliere regionale e presidente della commissione permanente Bilancio, ha espresso ammirazione per il progetto: «Iniziative come questa ci ricordano che la politica e le istituzioni hanno il dovere di essere accanto a chi costruisce ponti. Sono io a essere grato di avere sul territorio associazioni e realtà che si spendono con passione su tematiche così delicate. Il mio impegno oggi è quello di offrire non solo una presenza simbolica, ma una concreta disponibilità a collaborare, anche attraverso un tavolo di lavoro che possa generare nuove opportunità condivise. Dobbiamo continuare a tendere la mano ai nostri ragazzi, non girare lo sguardo dall’altra parte. Questo progetto è una lezione di civiltà, che arricchisce tutta la città di Catanzaro».

 L’avvocato Danilo Iannello, espressione anche del Lion Club Catanzaro Host oltre che componente della Camera Penale, ha sottolineato: «Questa iniziativa è straordinaria non solo per l’obiettivo benefico, ma per il suo valore educativo e sociale. È il frutto di una comunità che si mette insieme per trasformare il dolore in speranza. I ragazzi dell’IPM, che spesso vengono etichettati come “irrecuperabili”, dimostrano oggi che si può cambiare strada, si può mettere il proprio dolore a servizio di chi soffre. È una potente lezione di umanità che ci deve far riflettere tutti, ricordandoci che il carcere non deve essere una discarica sociale, ma un luogo che apre porte e costruisce futuro. Ringrazio il direttore Pellegrino, il dottor Raiola, il regista Calaminici e l’associazione Veliero per aver reso possibile tutto questo».

 Maria Concetta Galati, direttore di Oncoematologia Pediatrica dell’azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio e direttore del Dipartimento Onco-ematologico e colonna portante dell’Acsa&Ste ets, ha aggiunto una toccante testimonianza: «Il nostro sogno è realizzare ogni desiderio espresso dai bambini dopo le cure, perché significa che stanno bene, che stanno guardando al futuro. Ma oggi voglio dedicare tutto questo impegno a quei bambini che purtroppo non ce l’hanno fatta. A loro dobbiamo la promessa di non smettere mai di sognare per chi resta e per chi verrà».

 Francesca Gallello, presidente dell’associazione Veliero APS, ha condiviso la sua emozione: «Per me essere qui oggi è doppiamente toccante, perché porto nel cuore una perdita personale, quella di un nipotino, e questo mi rende ancora più coinvolta in questo progetto che parla di fragilità, di dolore, ma soprattutto di speranza. Ho accettato di far parte di questa iniziativa con qualche timore, perché le responsabilità sono tante, ma poi ho incontrato il direttore Pellegrino e in lui ho visto un padre, un sognatore che guarda ai ragazzi come suoi figli. È un progetto che ha una triplice funzione: terapeutica, educativa, sociale. Fa bene ai ragazzi, ai bambini malati, ma fa bene anche a noi adulti, perché ci ricorda che anche un piccolo gesto può cambiare il destino di qualcuno».

 Rodolfo Calaminici, il regista che guiderà gli attori portandoli in scena dall’Ipm al Teatro Comunale, ha infine ricordato l’eredità morale di Eduardo De Filippo: «Molti dimenticano l’impegno civile di Eduardo verso i giovani detenuti. Questo progetto nasce proprio dal suo sogno di portare il teatro nelle carceri, di trasformarlo in strumento di riscatto e riflessione. E oggi posso dire che all’IPM di Catanzaro viviamo un’esperienza rara: un’isola felice dove c’è armonia tra direzione, educatori, polizia penitenziaria. Questo rende possibile quello che altrove sembra impensabile. Il nostro teatro non vuole solo intrattenere, vuole lasciare un segno, regalare ai ragazzi la consapevolezza che, insieme, si può».  

Francesco Pellegrino, direttore dell’IPM di Catanzaro, ha concluso: «Questa iniziativa nasce da una scelta dei ragazzi. Sono loro che hanno chiesto di fare qualcosa per chi soffre più di loro. È una presa di coscienza forte, autentica, che ha dato un senso profondo a tutto il nostro lavoro educativo. Dietro ogni ragazzo che incontriamo ci sono traumi, privazioni, barriere. Il nostro compito è accompagnarli, aiutarli a costruire percorsi di crescita autentici. E i risultati ci sono: molti di loro oggi lavorano, hanno trovato un posto nella comunità. Ma questo non è un lavoro che finisce a fine turno. È qualcosa che ti porti dentro. E oggi, in un tempo in cui i minori finiscono sulle cronache per fatti di violenza, noi scegliamo di continuare a credere nella rieducazione, nella fiducia, nell’umanità. Grazie a chi ci ha aiutato a dare ai nostri ragazzi una possibilità di sentirsi utili, di essere parte della comunità, di alimentare speranza. Anche per chi soffre più di loro».

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