Criminalità in aumento nei porti italiani, nel 2024 115 casi
109 clan censiti tra 1994 e 2023. Spiccano ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra

ROMA Nel corso del 2024 sono stati registrati 115 casi di criminalità all’interno dei porti italiani (+4,5% rispetto al 2023), con il coinvolgimento di 30 porti (erano 28 nel 2023). Complessivamente, nel triennio 2022-2024, sono stati 365 gli eventi criminali nei porti italiani, uno ogni 3 giorni, con il 2022 anno peggiore con 140 eventi criminali. Tra il 1994 e il 2023, i clan censiti che hanno operato in attività di business illegali e legali sono 109, con 69 porti italiani che sono stati oggetto di proiezioni criminali. E’ quanto emerge dal rapporto “Diario di Bordo. Storie, dati e meccanismi delle proiezioni criminali nei porti italiani”, curato dall’associazione Libera, nel quale sono stati dove sono stati elaborati i dati provenienti dalla rassegna stampa Assoporti, dalle relazioni della Commissione parlamentare Antimafia, della Dia, della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, dell’Agenzia delle Dogane e della Guardia di Finanza. La “maglia nera” per casi di criminalità spetta al porto di Livorno con 16 casi; seguono i porti di Bari e Genova con 10 casi (quest’ultimo scende dalla prima posizione del 2023 quando aveva registrato 13 casi). Il porto di Bari registra l’incremento maggiore (passa da un caso del 2023 ai 10 del 2024), seguito da Napoli (da uno a 7 casi) e Venezia (7 nel 2024, erano 2 nel 2023). Nel 2024 sono cinque le “new entry” di porti coinvolti in casi di criminalità: Barletta, Carrara, Lacco Ameno, Marina di Stabia e San Benedetto del Tronto. A livello regionale, la Liguria con 18 casi è la regione con il maggior numero di casi di criminalità all’interno dei porti, seguita dalla Toscana con 17, la Puglia con 16 e la Campania con 13. Dei 115 casi di criminalità, il 77,9% (89) riguarda attività illegali di importazione di merce o prodotti (era il 75,4% nel 2023), il 9,5% (11) riguardano attività illegali di esportazione di merce o di prodotti (nel 2023 il 12,7%), il 5,2% (6) riguarda sequestri di merce in transito, mentre il restante è relativo ad altri fenomeni illeciti non classificabili (9): «se prendiamo in considerazione i business illegali – afferma Libera – anche per il 2024 il dato che spicca maggiormente riguarda il traffico di prodotti contraffatti, pari al 37,7% dei casi mappati, seguito dal traffico di stupefacenti con il 27% e il contrabbando con il 19,2%». In misura marginale seguono episodi relativi al traffico illecito di rifiuti (5,2%) e illecito finanziario (3,5%).
Spiccano ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra
Per quanto riguarda il triennio 2022-2024, in totale sono 42 i porti italiani in cui sono emersi eventi di illegalità nell’ultimo triennio, di cui 32 di rilevanza nazionale. Al primo posto, i porti di Genova e Livorno, che rappresentano ben il 20% del totale, con 37 eventi ciascuno. Al secondo posto il porto di Ancona con 27 episodi, pari al 7,3%, e al terzo posto lo scalo di Palermo, con 22 episodi, pari al 6%. A seguire ancora Napoli e Salerno (19), poi Civitavecchia e Trieste (18), Brindisi e La Spezia (17), e Venezia (15). «I numeri – scrive Libera nel rapporto – non lasciano molti margini di dubbio. Siamo davanti a una recrudescenza repressiva che testimonia, da un lato, la persistenza dell’azione dei criminali e, dall’altra, conferma il lavoro importante svolto da forze dell’ordine, enti di controllo e magistratura. E dovrebbe sollecitare risposte coerenti ed efficaci da parte di chi ha responsabilità politiche e istituzionali». Analizzando le relazioni della Direzione nazionale antimafia e della Dia, pubblicate tra il 1994 e il 2023, i clan censiti che hanno operato in attività di business illegali e legali sono 109, con 69 porti italiani che sono stati oggetto di proiezioni criminali, osserva ancora Libera, sottolineando che si tratta di «un fenomeno che ha investito tutto il Paese, da Nord a Sud: dall’analisi delle relazioni istituzionali emerge come ben 26 gruppi criminali siano interessati ad affari legati ai porti. Sia gruppi mafiosi storicamente radicati, sia gruppi criminali meno noti alle cronache, che segnalano come i porti possano rappresentare per i gruppi territoriali delle occasioni criminali di entrare in contatto con molte e diverse compagini criminali in tutto il mondo. Tra di esse, spiccano le tradizionali mafie italiane: ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra. Compaiono, però, anche altre organizzazioni criminali di origine italiana: banda della Magliana, Sacra Corona Unita, Stidda e gruppi criminali baresi. Si trovano, inoltre, le proiezioni di diversi gruppi di cui viene indicata esclusivamente la provenienza geografica (o perché dove svolgono le principali attività, o per l’origine territoriale dei membri) come asiatici, dell’Est Europa, del Nord Africa, oppure precisando la Nazione di provenienza, Albania, Cina, Messico e Nigeria». Il rapporto parla anche di 41 episodi di presunta corruzione avvenuti nelle Autorità di Sistema portuale italiane tra il 2018 e il 2024: «questa prima fotografia – spiega l’associazione – che sicuramente non restituisce l’insieme dei fenomeni corruttivi avvenuti nei porti italiani, si basa sull’analisi delle Relazioni del Responsabile della Trasparenza e della Prevenzione della Corruzione pubblicate sui siti di tutte le Autorita’ di Sistema Portuale». Il monitoraggio ha, dunque, riguardato 16 enti pubblici per un arco temporale di 7 anni. «Libera si occupa da trent’anni di mafie e corruzione: nell’arco di questi tre decenni abbiamo seguito i movimenti delle organizzazioni criminali nei luoghi dove si generano potere, denaro e controllo. I porti – dichiara Francesca Rispoli, copresidente di Libera – in questo senso, non sono solo snodi della logistica e del commercio internazionale, ma veri e propri territori strategici in cui si concentrano interessi economici, infrastrutturali e criminali. Questi luoghi, apparentemente “di passaggio”, sono in realtà porte d’ingresso e di uscita per traffici leciti e illeciti. Sono spazi in cui mafie e corrotti trovano terreno fertile per operazioni di contrabbando, traffico di droga, frodi fiscali, ma anche per inserirsi nelle catene logistiche legali, infiltrare imprese, pilotare appalti, e riciclare denaro. L’analisi delle attività criminali nei porti rivela non solo la pervasività della criminalità organizzata, ma anche le vulnerabilità del sistema pubblico e privato che li gestisce. In un contesto in cui miliardi di euro di fondi pubblici sono destinati all’ammodernamento e allo sviluppo delle infrastrutture portuali, anche attraverso il Pnrr, è essenziale accendere i riflettori su questi luoghi».
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