‘Ndrangheta a Lamezia, l’affitto versato ai Iannazzo anche dopo il sequestro della casa
L’inquilina, spaventata da minacce e ritorsioni, avrebbe continuato a pagare 210 euro mensili extra alla moglie del capocosca, nonostante il subentro dello Stato

LAMEZIA TERME Uno stabile affittato (e abusivo) prima finito sotto sequestro, poi confiscato. Una misura definitiva, certo, ma comunque insufficiente per fermare i proprietari dal continuare a chiedere il canone all’affittuario. O almeno una parte. Siamo a Lamezia Terme, zona Cafarone, roccaforte della cosca Iannazzo. È qui che, almeno fino al 2024, un’affittuaria straniera che avrebbe continuato a pagare “in nero” anche quando, nelle seconda metà del 2021, la casa oggetto dell’affitto, era stata sequestrata dalla Guardia di Finanza e finita sotto amministrazione giudiziaria.
Un «canone parallelo e illegale»
Come accertato dagli inquirenti, infatti, l’affittuaria rispetto ai 330 euro mensili pattuiti, aveva rinegoziato il contratto con l’amministratore giudiziario a 120 euro. Ma, nonostante il subentro del contraente pubblico nel possesso dell’immobile, la donna era stata “obbligata” a pagare ulteriori 210 euro mensili a Giovannina Rizzo, classe 1955, finita in manette nell’operazione dei Carabinieri. La donna, moglie di Francesco Iannazzo “U Cafarone”, nel frattempo in carcere, avrebbe imposto un «canone parallelo e illegale» perché, avrebbe spiegato, nonostante il sequestro (e poi la confisca) «la casa era sempre sua».
Le minacce e l’aggressione
Una situazione insostenibile pervenuta successivamente all’Ufficio da una relazione fatta dall’amministratore giudiziario al giudice delegato del procedimento di prevenzione, poi trasmessa alla Procura della Repubblica, preceduta da un colloquio con l’affittuaria, preoccupata di mantenere il segreto temendo eventuali ritorsioni o anche solo di essere «cacciata di casa da Rizzo». Dalle ricerche in rete, infatti, la vittima era risalita all’appartenenza della donna alla famiglia Iannazzo. Paure fondate, anche perché – dal racconto della vittima – solo per aver saltato un mese di pagamento nel 2024, Giovannina Rizzo l’avrebbe minacciata di «cacciarla di casa su due piedi» e ha raccontato agli inquirenti di essere stata aggredita fisicamente dopo il rifiuto di pagare, a nero, la quota pretesa dalla Rizzo. La situazione sarebbe andata avanti fino a dicembre 2024, quando il contratto con la procedura fu risolto perché l’immobile confiscato era abusivo.
La «tassa di tranquillità»
Per la Dda di Catanzaro, dunque, la “vittima” ha comunque mantenuto «sentimenti ambigui» nei confronti della famiglia Iannazzo. Da un lato il timore perché conclamatamene una famiglia mafiosa e, dall’altro, la cordialità per avere sempre mantenuto – per altri aspetti – un “atteggiamento umano”. Ciononostante, la donna ha agito perché «realmente spaventata dalle conseguenze di un’eventuale denuncia o di un’opposizione all’imposizione estorsiva». In particolare, la vittima ha da subito accettato un pagamento, nonostante sapesse fosse iniquo e non dovuto, definito come una «tassa di tranquillità» per quieto vivere e per non avere problemi. (g.curcio@corrierecal.it)
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