Il battiquorum del referendum in Calabria: Occhiuto vota, la Chiesa anche
Breve analisi di una partecipazione al voto che diminuisce sempre più. La buona psichiatria di Giorgio Liguori, la prevenzione del tumore della casa di rosa. Due storie di buona sanità calabrese

Mi sembra opportuno, nel mio piccolo, invitare i lettori di questa rubrica a considerare di votare domani e lunedì ai 5 referendum che hanno avuto il merito di aprire discussione sui temi del lavoro e della cittadinanza. È un percorso molto in salita in tempi che vedono la partecipazione popolare ai seggi molto bassa, e non più come caratteristica regionale calabrese ma come tendenza nazionale. Con l’eccezione di Lamezia Terme dove si vota nelle stesse ore per il ballottaggio la sensazione è che la partecipazione sia molto fiacca, tendenza alimentata anche dalle forze di governo, ma ignorata invece dal presidente calabrese Roberto Occhiuto che si recherà alle urne invece per votare 5 no, smarcandosi dalle indicazioni di Forza Italia.
Alle ultime regionali in Calabria ha votato solo il 44%, siamo sotto la metà del corpo elettorale per elezioni di rilevanza alta. Lo sviluppo storico dei 55 anni di partecipazione da quando sono state varate le Regioni nel 1970 registra un calo costante e crescente che partito dall’80 per cento delle prime consultazioni è arrivato ai numeri di oggi. Non va meglio per i referendum. Nel 1991 il referendum di Segni che introdusse l’introduzione della preferenza unica in Calabria registrò il 45%, anche se circa settecentomila calabresi andarono alle urne ignorando l’appello di Bettino Craxi che aveva invitato anche loro ad andare al mare. Numeri diversi nel 1946 quando votarono per la prima volta le donne e nella Calabria uscita dal fascismo si festeggiò la democrazia con l’85,56 di schede nelle urne. Siamo cambiati come il resto del Paese. Sfiducia verso le classi dirigenti e partiti bonsai. La politica di mestiere neanche ne parla. Il pensiero dominante, tranne eccezioni come quelle di Occhiuto, sembra dire “meno votano meglio stiamo”.
Non so quantificare l’impegno del Pd, principale partito della sinistra che invita a votare 5 sì, nella campagna referendaria. Il senatore Nicola Irto ha appena celebrato un congresso unitario che lo ha confermato segretario. Nella federazione di Cosenza leggo sul Corriere che deciderà il Nazareno sul da farsi per deciderne guida e linea. La situazione è alquanto complessa con i soliti nomi a dare carte e molti castelli in aria. Osservo che a Paola c’è una fuga di massa dal partito con esponenti che si sono persino candidati a destra. Al circolo di Corigliano-Rossano in ben 19 si sono ben dimessi alla vigilia del loro congresso. Insomma, questa è l’aria che tira e ancora nessuno ha fatto una riflessione sulle scelte attuate a Rende. Qui invece la prima uscita pubblica di Sandro Principe è stata proprio per un’iniziativa sui referendum in cui ha invitato a votare 5 sì evocando le figure di Aldo Moro, del socialista padre dello Statuto dei lavoratori Brodolini e di Pietro Nenni. Dopo l’iniziativa di Landini con il vescovo di Cosenza Checchinato in una parrocchia, un altro elemento innovativo si è registrato nella campagna referendaria con l’intervento su Famiglia Cristiana del vescovo di Cassano e vicepresidente della Cei monsignor Savino che ha scritto di “irrinunciabile occasione per i cittadini di riappropriazione del proprio ruolo”. Per monsignor Savino: “Il referendum è un atto di cura per la democrazia”.
Sarà cambiato il Papa ma in Calabria la Chiesa è un baluardo di partecipazione.
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Quanta vita lascia chi muore? Giorgio Liguori psichiatra cosentino di 72 anni, veramente tanta. Basta guardare sui social, che non sono solo una fogna dell’orrore, per rimanere stupiti e meravigliati della partecipazione sentita nella dipartita di un medico basagliano che silenziosamente ha fatto della cura mentale un compito umano in un settore dove troppo spesso le risposte mancano o sono molto sbagliate. Aveva iniziato la sua attività pubblica a Cetraro nel 1979, poi a Rogliano con un altro luminare della buona cura come Piero Adamo e infine al Centro di salute mentale di Cosenza. In quelle stanze il dottor Liguori ha saputo curare con l’ascolto, sapendo instaurare un rapporto con il malato. Hanno scritto che “il suo ufficio era un porto sicuro che cercava equilibrio, per chi era naufrago nella tempesta della mente”, e ancora una paziente testimonia “faceva parte della mia vita, quella vita che da anni avevo totalmente deposto nella sue mani sicure”. Il dottor Liguori è stato un militante comunista, nella sua foto profilo su Facebook aveva l’icona di Che Guevara, non pubblicava mai le sue di fotografie a testimonianza di un’Io per nulla ipertrofico. I tributi e gli apprezzamenti che ho letto nei suoi confronti da parte di persone di opposto e diverso orientamento politico ne accrescono il valore. La Calabria non è solo malasanità. Giorgio Liguori lascia una storia esemplare e luminosa.
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E mentre il Corriere della Calabria racconta in questi giorni la buona oncologia calabrese, altra storia di buona sanità quella che si presenta il prossimo 20 giugno nel bel paese di Fiumefreddo Bruzio nel basso Tirreno cosentino. Si apre il progetto di prevenzione e cura del tumore del seno, la Casa di Rosa associazione privata autofinanziata, senza fine di lucro e con obiettivi collettivi nata per volontà dall’oncologo Raffaele Leuzzi che così spiega l’iniziativa: «Ho scelto di fondare questa associazione perché provo a rispettare e far mie le volontà di mio padre che mi stimolava a far qualcosa per la Calabria. Rimanere in Calabria è un atto di coraggio, bisogna aiutare chi rimane a non perdere fiducia e speranza nel contrastare l’incremento di mortalità e le fughe sanitarie per tumore della mammella». A dirigere l’associazione insieme ad altre amiche anche Giosi Mancini, figlia di Giacomo, che annuncia: «Abbiamo avviato un progetto solidale ideato per tutte le donne che attraverso il tumore al seno desiderano prendersi cura di sé». Cibo sano, passeggiate in montagna e discese al mare, yoga, incontri conviviali, scrittura della propria esperienza. Certamente da seguire.
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Stasera al Biografilm festival di Bologna anteprima della docufiction dell’affermato regista calabrese Giacomo Triglia il quale presenta “Che verso fa il pesce spada?”, girato tra Scilla, Bagnara Calabra e Roghudi, prodotto dalla Scuola Cinematografica della Calabria e finanziato dalla Calabria Film Commission. La storia è quella di un regista e scrittore che decide di realizzare un documentario sulla pesca del pesce spada e già si avvertono gli echi del maestro De Seta autore di un caposaldo del documentarismo italiano dedicato allo stesso animale. Il protagonista è Peppe Voltarelli e quindi le sorprese sono aperte. Oltre a De Seta ci aspettiamo omaggi e citazioni anche per Domenico Modugno, altro cantore di pesci spada. (redazione@corrierecal.it)
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