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il potere oltre i confini

Il dominio criminale della cosca Iannazzo oltre Lamezia. «Bagalà non conta nulla»

Le intercettazioni della DDA di Catanzaro rivelerebbero l’influenza ancora viva «dello zio Ciccio» nonostante la sua detenzione

Pubblicato il: 07/06/2025 – 18:34
di Giorgio Curcio
Il dominio criminale della cosca Iannazzo oltre Lamezia. «Bagalà non conta nulla»

LAMEZIA TERME «Bagalà non conta niente, arriviamo noi se hai problemi». Una frase chiara e sintetica. Poche parole, quelle giuste per sancire, forse in modo definitivo, chi è che “comanda” in un territorio di confine, ma mai di conquista perché, quando c’è di mezzo la famiglia Iannazzo, c’è poco da scherzare. Un “rassicurazione” che sarebbe arrivata direttamente da Francesco Iannazzo, boss dell’omonima cosca lametina di ‘ndrangheta, attualmente in carcere. È quanto sarebbe emerso dalle intercettazioni che hanno riguardato un noto imprenditore di Campora San Giovanni, costa tirrenica della provincia di Cosenza, come ricostruito dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro nell’ultima inchiesta.

«Ma tu lo conosci lo zio Ciccio?»

Si tratta dello stesso imprenditore che – come avevamo scritto qui – aveva “denunciato” il furto di autocarro al capocosca lametino anziché alle forze dell’ordine. È stato lui a chiedere al suo interlocutore rimasto sconosciuto: «Ma tu allo “zio Ciccio” lo conosci? È il numero uno!», dopo avergli spiegato di aver “apparato” (risolto ndr) una situazione. Insomma, un potere ancora riconosciuto per Iannazzo e, secondo gli inquirenti, un aspetto «altamente significativo del suo perdurante inserimento circuito della ‘ndrangheta» del boss già condannato nel processo “Andromeda”. Un potere evidentemente esteso anche sui territori limitrofi al perimetro di sua competenza criminale territoriale, inquadrato nei territori tra Lamezia Terme e i quartieri Nicastro e Sant’Eufemia, arrivando a «condizionare il potere della ‘ndrina Bagalà», storicamente attiva sul versante delle costa tirrenica.

«Sono cristiani di una certa maniera»

Ancora l’imprenditore, mentre parla con un soggetto di Amantea, esaltava quella che gli inquirenti definiscono la «ferocia» della cosca Iannazzo nel gestire gli affari criminali. Tant’è che l’interlocutore dell’imprenditore ammetteva che, se non fosse stato per il “compare”, a Campora e ad Amantea «si sarebbe stato veramente male», in grado anche di allontanare le «mani dei cosentini».
Ma c’è di più. L’imprenditore – ancora intercettato – non manca di esaltare anche la possibilità della cosca Iannazzo di «ricorrere all’omicidio, se necessario». Perché, come racconta all’amico, questi qua – riferito alla cosca lametina – non è che hanno problemi, se i Iannazzo «ti dicono che ti devono ammazzare, non devono andare a chiamare nessuno, loro vengono e via». Anche perché «sono cristiani di una certa maniera», riconosce infine l’imprenditore, manifestando una certa devozione. (g.curcio@corrierecal.it)

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