«Mi spararu, mi spararu», 45 anni fa il primo omicidio politico compiuto dalla ‘ndrangheta
Peppe Valarioti viene ucciso l’11 giugno 1980 all’uscita da un ristorante. «Fu abbandonata la pista dello scontro politico-sociale»

ROSARNO Giuseppe Valarioti, per tutti “Peppe”, viene ucciso l’11 giugno 1980 all’uscita da un ristorante: dopo una serata trascorsa a festeggiare insieme ai compagni. Il giovane professore, segretario del Pci di Rosarno, lascia il locale e raggiunge la sua auto per fare ritorno a casa. Si sentono i colpi di lupara, tutti corrono al suo capezzale. Valarioti morirà tra le braccia di Giuseppe Lavorato, che poi diventerà sindaco di Rosarno. «Mi spararu, mi spararu» sussurrò Peppe.
«Sono ancora convinto – dirà Lavorato in una inchiesta del Corriere della Calabria – che non si raggiunsero i colpevoli perché fu abbandonata la pista dello scontro politico-sociale, che era sotto gli occhi di tutti. Pensare che quelle nostre denunce non abbiamo alcun rapporto con l’assassinio del segretario politico di una della sezione più combattive del Pci, significa essere fuori dal mondo».
La laurea e l’impegno politico
Valarioti brucia le tappe, si laurea giovanissimo con il massimo dei voti e a soli 24 anni diventa un professore di italiano. «Diceva che la scuola può arrivare dove la politica non arriva», sussurra Carmela Ferro amica e fidanzata dell’epoca del giovane professore. «Molte cose che riguardavano la vita di Peppe, i suoi familiari le hanno scoperte solo dopo la sua morte: lo vedevano spesso trascorrere la maggior parte del suo tempo chiuso in stanza», dice Vanessa Ciurleo, pronipote del segretario del Pci assassinato dalla ‘ndrangheta. Sono gli anni delle rivolte, delle lotte per i diritti sociali, per la libertà. Valarioti – come racconta il suo amico e compagno Rocco Lentini – considera il Pci «un pachiderma, il grande elefante dei vecchi tromboni, ma l’unica forza in grado di dare un senso alla lotta a sostegno delle fasce più deboli della popolazione». Inizia la militanza, scandita da roventi comizi. Il giovane segretario, dal palco, urla nomi e cognomi dei malandrini rosarnesi ritenuti responsabili del declino di un territorio piegato dal crimine.
La ‘ndrangheta punta la Cooperativa Rinascita
La ‘ndrangheta muta a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, la mala della Piana punta la “Cooperativa Rinascita“, costituita nel 1971. Il fatturato miliardario aveva attirato gli appetiti dei clan che tentarono di infiltrarla desiderosi di mettere le mani su una grossa fetta dei fondi nazionali ed europei. «Ci sono due aspetti della vicenda di Peppe Valarioti che meritano di essere affrontati – racconta Lentini – da una parte, il tentativo del partito di difendere l’unicità e di conseguenza la Cooperativa Rinascita e dall’altra i depistaggi».
Nelle elezioni del 1980, il Pci stravince ed ottiene un consenso mai visto. Il segretario del partito e leader carismatico dei comunisti rosarnesi diventa un nemico da combattere, un uomo scomodo da eliminare. Quella vittoria sarà la sua condanna a morte. (f.b.)
La video inchiesta
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