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la ricostruzione

Il «vero momento unificatore» della Federazione di ‘ndrangheta a Cosenza

La “bacinella”, la gestione della cassa comune, rappresenta uno snodo cruciale nella ricostruzione dell’accusa nel processo “Reset”

Pubblicato il: 12/06/2025 – 15:56
di Fabio Benincasa
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Il «vero momento unificatore» della Federazione di ‘ndrangheta a Cosenza

COSENZA Francesco Patitucci, boss cosentino al 41 bis, ha sempre negato l’esistenza di una “Confederazionedi ‘ndrangheta cosentina: la cui presenza è sostenuta invece con forza dalla Dda di Catanzaro che ha concluso l’operazione denominata “Reset“. Il processo abbreviato è già arrivato a sentenza, quello ordinario – dopo le richieste dei pm della Distrettuale Catanzarese, Vito Valerio e Corrado Cubellotti – si concluderà in piena estate, molto probabilmente nella prima metà del mese di luglio.
Torniamo a Patitucci. Per l’accusa rappresenterebbe il vertice del “sindacato” della mala in grado di raggruppare i clan più potenti dell’intera galassia criminale cosentina, ognuno forte della propria indipendenza ma al tempo stesso unito nel dettare legge nei territori di competenza. Il simbolo di questa unione sarebbe la “bacinella”, quella che in gergo criminale indica la cassa comune: dove tutti sono obbligati a versare parte dei proventi delle attività illecite commesse.

Il presunto ruolo del gruppo Presta

In questo contesto emerge chiara la linea dell’accusa che in aula, nel ripercorrere l’attività investigativa svolta, si sofferma con dovizia di particolari sul contributo importante fornito dal gruppo Presta, egemone nella Valle dell’Esaro, al sodalizio federativo «come parte storica integrante del gruppo degli Italiani».
Sono molti pentiti a tratteggiare il modus operandi del presunto clan, che giova ricordarlo dal punto di vista giudiziario, al termine del processo ordinario scaturito dall’inchiesta “Valle dell’Esaro, viene inquadrato dai giudici come gruppo di narcotrafficanti slegato dagli ambienti della ‘ndrangheta. I collaboratori di giustizia, sentiti in aula nel corso del procedimento ordinario “Reset”, hanno sollecitato la memoria ricordando episodi che mostrerebbero la partecipazione dei Presta «nella costituzione dell’accordo con il gruppo degli Zingari per la gestione di questa cassa comune, che costituisce il vero momento unificatore della Confederazione». Il richiamo all’unità suggerito dal pm della Dda di Catanzaro Corrado Cubellotti si riferisce «al momento dinamico attuativo del programma criminale dell’associazione; perché nella bacinella confluivano i proventi dell’attività illecita, proventi che venivano reimpiegati e per il pagamento degli stipendi agli associati e per il mantenimento dei detenuti e per le altre spese che riguardavano la gestione comunque della cosca».
Le difese hanno sempre opposto alla supposizione dell’esistenza di una “Confederazione”, la natura non esaustiva delle dichiarazioni rese dai vari collaboratori di giustizia che sarebbero circoscritte e riferite ad un periodo temporale risalente nel tempo. L’accusa sostiene di avere informazioni – fornite anche dall’unico pentito della famiglia Presta, Roberto, – utili a cristallizzare un periodo più recente rispetto a quanto asserito dai pentiti cosentini.
Come ricorda, durante la requisitoria, il pm Cubellotti: «Roberto Presta fornisce un’indicazione puntuale dei soggetti tenutari della bacinella, cioè di coloro che nel corso del tempo si sono succeduti anche a causa delle vicende giudiziarie che riguardavano altri esponenti che avevano ricevuto in precedenza lo stesso incarico». Sarà lo stesso pentito a riferire di aver personalmente accompagnato il fratello Tonino Presta ad alcune riunioni con «altri gruppi della fazione italiana, facenti parte della Confederazione». A supporto della tesi dell’accusa arrivano in soccorso altre dichiarazioni fornite da Roberto Presta. «Dice che oltre a conoscere Patitucci, Di Puppo e Roberto Porcaro, per il tramite del racconto che gli faceva il fratello, aveva avuto una conoscenza diretta degli stessi perché li aveva incontrati una prima volta nel 2009; in un’altra occasione del 2013, durante il periodo di sua detenzione li aveva incontrati in carcere; dopodiché aveva avuto modo di rincontrarli e di parlarci direttamente e di averci rapporti nel 2016/2017». Il dato che restituisce Presta «è fondamentale dal punto di vista della costruzione cronologica dei fatti, perché ci sposta all’attualità della contestazione l’esistenza di questa Confederazione che rinveniva il suo momento di unitarietà nella gestione della bacinella comune», sostiene il pubblico ministero.
In buona sostanza, l’accusa ritiene di avere elementi validi a supporto della propria tesi segnalando «un momento di unitarietà dinamico operativo, che è la bacinella e un momento di unitarietà statico organizzativo nella figura di Patitucci».

La partecipazione degli “Zingari”

Quale ruolo avrebbero avuto gli “Zingari” nella presunta Federazione? La risposta secondo l’accusa è legata all’attualità dell’accordo cristallizzato, grazie anche alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Un patto che avrebbe incluso anche gli Zingari. «Versavano quota parte dei loro proventi nella bacinella e ne percepivano un ritorno in quei termini del 40 per cento che più volte anche Presta Roberto ribadirà nel corso della sua ricostruzione». I tempi sono importanti nella ricostruzione presentata in aula bunker a Castrovillari. I pm ripercorrono le tappe di questo accordo. «Una prima riunione nel 2009/2010; un’altra riunione nel 2011 in cui veniva confermato quell’accordo relativo all’obbligo di contribuzione e alle percentuali di quel 60 e 40 per cento di suddivisione dei proventi relativi all’attività illecita». Ma c’è un altro dato importante che consegna Roberto Presta ed «è una riunione quella che avviene nel 2011 presso l’abitazione di Erminio Pezzi». Nella ricostruzione complessiva di «questa unitarietà confederata rappresenta un dato fondamentale: in quella riunione (…) si decideva, in buona sostanza, nel momento in cui Franco Presta era latitante, il passaggio di consegne tra Franco Presta e Tonino Presta». Ed ancora a precisa domanda del pm Corrado Cubellotti, Roberto Presta ammetterà la presenza al summit anche di Di Puppo, Patitucci e «altri esponenti di plenipotenziale del gruppo degli Italiani».

Il “riconoscimento” di Patitucci

In aula, nel corso della lunga requisitoria, il pm della Dda di Catanzaro Corrado Cubellotti avrà modo di dar conto delle risultanze dell’attività di captazione ambientale eseguita all’interno dell’abitazione di Francesco Patitucci. Nel 2020, viene intercettata una conversazione «a cui prendono parte Patitucci, Piromallo, Ariello, cioè soggetti apicali della Confederazione» e «si parla di Antonio Presta come soggetto che se la comanda nella Valle dell’Esaro». L’accusa richiama le confessioni rese dal collaboratore di giustizia Roberto Presta e circoscrive due momenti ritenuti essenziali. «Dice che all’atto del conferimento della Terza dote la sua affiliazione era non più semplicemente al gruppo dei Presta, ma era al gruppo degli Italiani, storicamente definito come gruppo Lanzino-Ruà». E poi, mentre «alcuni criticavano l’operato di Antonio Presta» rimpiangendo la gestione del gruppo di Franco Presta, «Patitucci in realtà prenderà un po’ le difese dicendo “sono ragazzi che lavorano bene”». (f.benincasa@corrierecal.it)

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