Sotto il verde del “mare incurabile” di Lamezia, Falvo: «Problema trascurato per troppo tempo»
Da oggi al via i campionamenti sul litorale lametino fino a Pizzo. La denuncia del procuratore di Vibo: «Scarsa attenzione di cittadini e istituzioni, siamo a un punto di non ritorno»

LAMEZIA TERME Un bilancio in chiaro scuro anche se «dove è stato possibile intervenire con l’attività di contrasto ai fenomeni illeciti è stato fatto». Senza troppi giri di parole il procuratore capo di Vibo Valentia, Camillo Falvo, prova a sgombrare il campo delle polemiche e a fissare qualche paletto. Il tema è di quelli suscettibili e che ogni anno puntualmente alimenta polemiche – soprattutto social – dalle quali è districarsi è durissima. Se aggiungiamo che all’alba dell’estate 2025 i segnali non sono affatto incoraggianti allora il gioco è fatto: sulla costa tirrenica calabrese, nel tratto soprattutto lametino, il mare a tinte verdi e molti rifiuti in acqua ha già gettato nello sconforto i bagnanti, ormai stanchi di assistere a questo spettacolo da tantissimo tempo.
Aziende agricole (ancora) nel mirino
Perché come ammette ai microfoni del Corriere della Calabria lo stesso procuratore Falvo, «lì i problemi sono dovuti a tanti fattori, il primo fra tutti, probabilmente, l’inquinamento proveniente anche dalle aziende agricole che alimentano quel fenomeno algale». Sì, perché il fenomeno algale che tinge di verde le acque esiste ed è per questo che da oggi «abbiamo programmato tutta una serie di interventi, inizieremo con i campionamenti proprio per cercare di capire che tipo di sostanze vengono immesse in mare su tutta la fascia ad opera della Capitaneria di porto e della Stazione zoologica “Anton Dohrn”».

Il bilancio della “vecchia” task force
Va ricordato che ormai 4 anni fa, era il 2021, il procuratore Falvo insieme al procuratore Salvatore Curcio – all’epoca a Lamezia e ora a Catanzaro – avevano messo in piedi quella che è stata definita una “task force” per analizzare in profondità le problematiche sul litorale che va da quello Vibonese a ridosso di Paola, nel Cosentino. E proprio Falvo rivendica i «risultati che lì abbiamo ottenuto, in particolare nella fascia che parte da Pizzo a scendere in giù. Siamo partiti da una situazione in cui avevamo oltre 2mila segnalazioni all’anno nel 2020, 2021, 2022, ad averne poco più di una settantina, 80 l’anno scorso. E, anche quest’anno, sembra che la situazione su quel versante sia abbastanza tranquilla. Il problema serio si pone nella zona del litorale lametino e al confine con il territorio di Pizzo».
Controlli a tappeto
La macchina messa in campo da oggi, come ci racconta ancora il procuratore, avrà il compito di fornire i risultati e solo dopo «essere intervenuti sulle strutture alberghiere, sugli opifici, sugli oleifici e soprattutto sulla rete della depurazione, che ha tutta una serie di deficienze strutturali, penso che si potranno programmare degli interventi a lungo termine, perché molto è dovuto anche all’innalzamento delle temperature, quel fenomeno che noi abbiamo visto l’anno scorso nell’area adriatica con quella schiuma gialla che era un po’ dappertutto da noi ha determinato quella colorazione verde. Se non ci fossero state queste alte temperature che purtroppo è previsto che aumentino negli anni a venire, probabilmente quel fenomeno noi non lo avremmo avuto», spiega il procuratore. Solo allora «si potrà capire che tipo di interventi programmare a medio e lungo periodo per risolvere il problema».

Battaglia contro i mulini a vento?
C’è un po’ la sensazione, dopo 4 anni almeno, di combattere una guerra contro i mulini a vento. Ma il procuratore Falvo non vuole arrendersi. «Questo impegno va portato avanti anche con convinzione, perché è chiaro che sia una battaglia molto difficile, noi non pensavamo di poter risolvere in poco tempo un fenomeno che è frutto di trascuratezze e di negligenze endemiche». E sottolinea i punti più critici: «Basta pensare che quando noi abbiamo fatto il primo sorvolo con l’elicottero della Guardia di Finanza per cercare di capire in che stato fossero gli impianti di depurazione, c’erano punti in cui dovevano esserci e non li trovavamo e punti in cui non ci dovevano essere e, invece, li trovavamo». Ecco, questo rende l’idea «di quanta attenzione si destinava a questo fenomeno», riconosce con una certa amarezza. Ma, osserva ancora il procuratore, «oramai siamo arrivati ad un punto di non ritorno in cui ci si deve impegnare seriamente per risolvere il problema a livello politico, amministrativo, oltre che quello repressivo perché, quando interveniamo noi il danno è fatto ed è difficile che possa risolvere il problema da solo. Facciamo tutto quello che possiamo fare».

Scarsa attenzione di cittadini e istituzioni
Impossibile affrontare questo tema tralasciando quello che è l’aspetto sociale e culturale. Un problema serio perché «c’è una scarsa attenzione non solo delle istituzioni, ma anche dei cittadini che si prendono cura dello stato del mare solamente quando vanno a fare il bagno mentre durante il resto dell’anno magari vedono anche inquinare e non se ne preoccupano, non denunciano». Quindi è un qualcosa che «è accomunato al fenomeno criminale mafioso, nel senso che bisogna far capire ai ragazzi, a partire dai più giovani, anche attraverso l’attività che facciamo nelle scuole, che bisogna fare attenzione a questo fenomeno e collaborare tutti perché siamo tutti sulla stessa barca». (g.curcio@corrierecal.it)
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