L’olivicoltura nazionale, per quantità immesse sul mercato e per superficie agricola utilizzata, è da sempre un asset strategico dell’agroalimentare made in Italy. L’olio, peraltro, è un prodotto iconico, uno strumento identitario fortemente riconoscibile, veicolo (soprattutto per alcuni contesti regionali) di un efficace marketing territoriale.
Tuttavia a dispetto di un passato in cui l’Italia diceva la sua nel panorama oleicolo internazionale negli ultimi anni il nostro paese ha perso terreno, mantiene la qualità della sua produzione ma arretra sul fronte dei volumi. In un mercato che diventa sempre più competitivo. L’ultima previsione statistica della Commissione Europea indica in 3,39 milioni di tonnellate la produzione mondiale di olio d’oliva, di cui il 58,7% del totale, proverrebbe dai Paesi produttori dell’Unione Europea e il restante 41,3%, poco più di 1,4 milioni, dai Paesi terzi. In Europa e 1,29 milioni di tonnellate provengono dalla Spagna che segna un deciso aumento (più del 50%) rispetto alla campagna 2023/24, 250 mila tonnellate dalla Grecia, (in questo caso l’aumento è del +43% sull’ultima campagna) e dall’Italia con circa 240mila tonnellate. Nel caso dellaproduzione italiana si segnala invece una perdita consistente nei volumi produttivi rispetto al 2023/24.
A livello internazionale, extra UE, le performance produttive più significative, e superiori a quelle italiane, sono quelle della Turchia e della Tunisia.
Il contesto è tale, dunque, da motivare più di una riflessione, come quella che fornisce al Corriere della Calabria Alberto Statti – componente della Giunta esecutiva Confagricoltura, produttore olivicolo e protagonista nel comparto oleario della regione, la Calabria, seconda per volumi produttivi in Italia «l’olivicoltura in Italia – ci spiega Alberto Statti – è un settore strategico per il comparto agroalimentare nazionale: riveste 1,1 milioni di ettari, è il settore, insieme al grano duro, con la maggiore estensione sul territorio nazionale».
«Registriamo – spiega ancora Statti – negli ultimi anni delle flessioni produttive, l’auto-aprovvigionamento negli ultimi anni si è ridimensionato arrivando a toccare quota 50- 52%, e nell’ultimo quadriennio la produzione nazionale ha fatto registrare una decrescita del 40% rispetto al quadriennio 2006-2009. Questo ci deve far riflettere, da una parte sulla valenza del settore nel panorama agroalimentare nazionale, dall’altra parte sul fatto che è un settore che sta facendo registrare dei segni negativi e quindi merita un rilancio. Bisogna trovare delle strategie per fare in modo che l’olivicoltura nazionale ritorni ad essere competitiva».
Statti conferma il rischio contenuto nelle previsioni statistiche della Commissione Europea «con i volumi dell’ultima annata – 244mila tonnellate – rischiamo di passare dal secondo posto al quinto posto a livello mondiale dopo la Spagna, la Turchia, la Tunisia e la Grecia. Anche questo è un altro elemento che bisogna tenere in considerazione per fare apportare i giusti correttivi alla legislazione in vigore».
Numeri e considerazioni che saranno di certo presenti alla prima riunione Tavolo Olivicolo Nazionale, prevista per il 26 giugno. (redazione@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x