Una targa per Ferlaino, 50 anni dopo, tra memoria e rassegnazione. «Non cerchiamo più nulla» – VIDEO
Intitolata un’aula al Tribunale di Lamezia al primo magistrato vittima della ‘ndrangheta, ma senza un colpevole. La famiglia: «Dopo tanto tempo siamo stanchi»

LAMEZIA TERME «Dopo 50 anni, ci siamo rassegnati a non cercare più niente. Vogliamo solo ricordare l’uomo che era, i valori che ci ha lasciato e mantenere vivo il ricordo che ha lasciato in molte persone. Dopo tanto tempo, siamo anche stanchi». È in questo giorno di memoria e celebrazione che Marina Ferlaino – al Corriere della Calabria – parla della memoria del nonno. Perché quella di oggi è una giornata importante: a cinquant’anni dall’agguato, il Tribunale di Lamezia Terme ha intitolato un’aula a Francesco Ferlaino, magistrato in forza alla Corte d’appello di Catanzaro, ucciso il 3 luglio del 1975, a Nicastro, quartiere di Lamezia Terme.

«Un debito d’onore»
Commozione, certo, ma soprattutto tanta voglia di fare memoria, anche sottolineando l’impulso dato quest’anno da “Trame” per i 50 anni dall’agguato, facendo leva sui familiari – presente Rosetta Ferlaino, figlia del magistrato – ma anche il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi. Alla cerimonia presente anche l’ex procuratore di Lamezia e ora a capo della Dda di Catanzaro, Salvatore Curcio: «In queste circostanze mi vengono sempre in mente le parole pronunciate da Paolo Borsellino il 23 giugno del 1992 nella chiesa di Santa Teresa a Palermo in occasione del trigesimo della strage di Capaci. Quando parlando delle vittime della strage di Capaci, rivolgendosi a tutti e anche ai parenti, del loro dolore diceva testualmente “penso ci ascolti ancora, che con loro va tutta la società civile, abbiamo un debito d’onore”. Un debito d’onore che dobbiamo onorare non dimenticando, facendo vivere in fondo le nostre parole. Solo in questo modo potremmo dare un senso e una concretezza a quelle vite spezzate anzitempo. Un caro abbraccio ai familiari e un caro saluto a tutti».

Dopo tutti questi anni, però, non ci sono colpevoli per quello che è rimasto uno dei più eclatanti cold case, nonché – suo malgrado – il primo magistrato ucciso dalla ‘ndrangheta. Una lunghissima vicenda che non ha portato a nessuna conclusione accettabile e che soddisfi, almeno in parte, quella che era la sete di verità e giustizia per la città lametina e, soprattutto, per i familiari. «Il nostro è un sentimento di gratitudine», ci racconta ancora Marina Ferlaino, «un profondo ringraziamento da parte di tutta la nostra famiglia va all’Associazione Nazionale Magistrati che ha voluto ricordare mio nonno dopo 50 anni dalla morte, dedicandogli un’aula in questo palazzo di giustizia nella città dove lui ha abitato, dove ha lavorato, dove ha avuto la sua famiglia, la sua casa e tutti i ricordi più belli».

«Non è mai troppo tardi»
Da oggi, dunque, una targa onorerà la memoria di un servitore dello Stato morto svolgendo il proprio lavoro. Eppure, dopo tanti anni, l’amaro resta e non può essere dissipato così facilmente. Anche perché come ha sottolineato il presidente del Tribunale di Lamezia Terme, Giovanni Garofalo, «non è mai tardi e non è mai troppo tardi per potersi ricordare dei nostri eroi civili, dobbiamo sempre e comunque considerare queste persone, morte nell’esercizio del proprio dovere come eroi civili che appartengono all’intera comunità nazionale e sovranazionale». «Noi – ha sottolineato il presidente – ricordiamo oggi e si potrebbe dire “Nemo propheta in patria” perché a Catanzaro l’intero Palazzo di Giustizia, così come un’aula, sono dedicate al presidente Ferlaino».

Poi la memoria personale. «Al presidente Ferlaino mi legavano rapporti, così come a suo figlio, di amicizia strettissima e, purtroppo, io in quei giorni c’ero, ricordo perfettamente quell’episodio, anche perché il mio papà si recò immediatamente, disperato, sul posto. Quindi è un ricordo vivo che, a distanza di 50 anni, si perpetua. Ripeto, però, non è mai troppo tardi per parlare di mafia, per parlare di contrasto alla mafia. Noi parliamo e non siamo mai stanchi di poterne parlare. Altri però poi devono agire per poterci sostenere in questa battaglia che, finalmente, un giorno, credo, che sarà vinta». (g.curcio@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato