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l’intervista

Di Pietro: «Inchiesta su Milano rischia di diventare una pesca a strascico»

L’ex pm di Mani Pulite mette in guardia dal processo mediatico: «Sala? Aspettiamo le prove»

Pubblicato il: 19/07/2025 – 19:02
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Di Pietro: «Inchiesta su Milano rischia di diventare una pesca a strascico»

MILANO Antonio Di Pietro interviene dalle pagine del Foglio sull’indagine in corso sull’urbanistica milanese, che coinvolge anche il sindaco Giuseppe Sala, e lo fa con parole nette: «Non è la nuova Tangentopoli». L’ex magistrato del pool di Mani Pulite, oggi avvocato, invita alla cautela, sottolineando la necessità di distinguere tra eventuali reati concreti e dinamiche amministrative legittime: «Non si può buttare via il bambino con l’acqua sporca», afferma. «Il bambino potrebbero essere reati veri, se ci sono. Ma l’acqua sporca rischia di essere lo sviluppo di Milano».
Secondo Di Pietro, il problema è il metodo investigativo: «Mi pare l’ennesima inchiesta fondata sul metodo della pesca a strascico. Non si indaga su un reato, ma su un intero fenomeno». A differenza di Mani Pulite, dove «noi cercavamo chi prendeva i soldi, le bustarelle, i conti all’estero», oggi, spiega, si rischia di criminalizzare attività tecniche necessarie: «Per costruire i grattacieli di Milano non ti puoi affidare a un geometra di Canicattì, ma a chi ha esperienza e competenza».
Di Pietro critica anche la commistione tra giustizia e media: «Il rischio è la maionese. Il processo mediatico prende il sopravvento su quello penale. E si finisce per creare colpevoli a tavolino». Cita i casi di Genova e Garlasco per sottolineare come, spesso, l’opinione pubblica influenzi l’esito delle inchieste prima ancora dei processi.
Quanto al caso Sala, l’ex pm sospende il giudizio: «Aspetto di vedere le prove. Gli contestano l’induzione indebita a dare o promettere utilità. Ma bisogna capire: era un’utilità per lui, o per la città?». E avverte: «Se affidare una consulenza a qualcuno che ha già lavorato col Comune diventa una colpa, allora chi si dovrebbe chiamare?».
Infine, un monito contro quello che definisce «la cultura del no a prescindere»: «È la stessa che ha provato a fermare Tav, Tap, e alta velocità a Firenze. Quella non è onestà, è regresso». E conclude: «Fate i processi, ma non bloccate Milano. È l’unica città italiana che compete con le capitali europee. Non può vivere nel terrore del sospetto». (redazione@corrierecal.it)

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