Calabria terra di conquista
La riflessione di Paolo Cosentini sulla possibilità di rivedere l’istituzione regionale

LAMEZIA TERME Il professor Sabino Cassese sul Corriere della Sera del 10 settembre scorso ci sollecita a riflettere (e non è la prima volta) sulla opportunità di valutare la possibilità di rivedere l’istituzione regionale e si lamenta che i partiti di oggi non sono più capaci di far crescere una classe dirigente adeguata e che, anche se ce l’hanno, devono ricorrere per le candidature, com’è il caso della nostra regione, anche a figure importanti elette alle europee per contribuire a costruire una testimonianza forte e competente per gli scenari europei oggi divenuti ancor più delicati perché forse per la prima volta l’istituzione europea deve fare scelte più politiche che prevalentemente economiche che sembrano essere l’unico vero collante che la regge insieme. Mi permetterei di dire a Cassese che la difficoltà di far crescere una classe dirigente è, a mio avviso, la diretta conseguenza della scomparsa di partiti “democratici” sia a causa della scellerata legge che introdusse l’elezione diretta del sindaco, assieme alle assurde leggi elettorali, sia nazionali che regionali, sulle quali ci vorrebbero trattati antropologici per entrare nelle menti, a voler essere buoni, distorte che le hanno generate. Tutto ciò ha rotto il sistema di rappresentanza intelligente che prevedeva, pur nelle sue tante distorsioni, il confronto sia nei partiti che tra i partiti. Sì c’erano le ideologie ma le decisioni importanti erano spesso condivise, nonostante ci fosse un loro forte condizionamento. Vorrei solo aggiungere che la Calabria, oltre ad aver disinvoltamente interpretato tutti i vizi dell’istituzione c’ha messo del suo producendo una legislazione drammaticamente bizantina, anche quando non aveva vincoli nazionale ed europei, che rallenta drammaticamente il proprio sviluppo. Recentemente in un social ho letto la lettera di Maurizio Galosso che può essere considerato un vero inno in difesa delle virtù calabresi, forse con l’occhio troppo rivolto ai calabresi produttivi, ma la Calabria, caro Malosso, è una terra incapace di unire intelligentemente le proprie forze e questo ne fa ancora oggi terra di conquista come per esempio avviene per la classe dirigente che, dal resto del paese, viene da sempre mandata qui o perché non è particolarmente capace oppure perché deve farsi le ossa per poi approdare nei contesti che contano. Ecco, noi calabresi, tranne le pur litigiose università, non abbiamo contesti che contano e mai li avremo se non riusciremo ad unire le forze.
P.S. Mi giungono voci che si vorrebbe perpetrare la scellerata scelta di tecnici da prestare alla politica piuttosto che politici che svolgano direttamente il proprio ruolo raccordando le responsabilità politiche al territorio che le esprime senza creare alibi stucchevoli ed inutili.
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