Cissè e il Catanzaro che verrà. Cosenza, l’illusione del movimento. Crotone oltre i brutti pensieri
A 18 anni il centrocampista giallorosso è già il riferimento della squadra, Lupi tra bel gioco, punti persi e dinamiche ricorrenti. I pitagorici dimenticano i guai

A Reggio Emilia ancora un pareggio per il Catanzaro, stavolta però con qualche nota lieta in più e un Cissè fenomenale. In C pari esterno anche per il Cosenza a Caserta, ma nella città dei Bruzi a tenere banco è sempre la tensione tra piazza e società. La vittoria del Crotone contro il Siracusa fa pensare meno alle vicende giudiziarie.
Cissè e il Catanzaro che verrà
Pensare che ha soltanto 18 anni fa impressione. Ma più che pensarlo, bisogna vederlo. Osservarlo mentre brucia il campo in velocità, mentre dribbla con l’incoscienza buona di chi non sa cosa sia il timore reverenziale, e mentre timbra due gol al “Città del Tricolore” come se fosse il giardino sotto casa.
Alphadjo Cissè non è solo il futuro del Catanzaro. È una dichiarazione d’intenti. Una promessa mantenuta in anticipo. Eppure, questo ragazzo classe 2006 nato a Treviso da famiglia guineana non è un’eccezione. È un segnale. Uno squillo. Che dalle retrovie della B arriva fino alle scrivanie (sempre un po’ troppo disordinate) del calcio italiano. Siamo qui: in un Paese che ancora arranca nel riconoscere i suoi figli quando non si chiamano Marco o Giovanni. Ma che, con Cissè, potrebbe risvegliarsi dal torpore.
Sì, perché se il 2-2 di Reggio Emilia è stato l’ennesimo pareggio per il Catanzaro – il quarto in quattro giornate – è anche, finalmente, una di quelle X che non lascia l’amaro in bocca. Un pareggio che profuma di crescita, che racconta di una squadra che, seppur imperfetta, comincia ad assomigliare a ciò che ha in mente Aquilani. E l’impressione, a differenza del punteggio, è che il Catanzaro stia crescendo davvero.
A centrocampo si prova a tessere, in avanti si affonda, dietro si resiste, ma non troppo. È lì che il Catanzaro deve ancora registrare qualcosa. Forse non è solo una questione di nomi, ma di equilibri. Forse uno come Brighenti servirebbe di più.
Intanto, mentre la difesa cerca sé stessa, il pubblico giallorosso, presente in massa anche a Reggio Emilia, ha già trovato il suo idolo. E non solo per i gol. Ma per come Cissè interpreta il calcio: con fame, con leggerezza, con la voglia di stupire. Una fiammata continua, che non sembra spegnersi nemmeno al fischio finale. Come tutte le storie di fine estate, anche questa è un po’ dolce e un po’ amara. Perché mentre Catanzaro sogna, il calendario ricorda che siamo appena all’inizio. E che il percorso sarà lungo. Come lunga – e fastidiosa – sarà l’assenza di Liberali, appena arrivato e subito in partenza per i Mondiali Under 20 in Cile. Anche lui, al debutto, ha fatto capire che qualcosa bolle in pentola.
Crema: la crema è tutta per lui: Alphadjo Cissè, seconda palma consecutiva da migliore in campo, secondo segnale a caratteri cubitali per il campionato. Nessuno al momento ha la sua continuità, la sua fame, la sua bellezza calcistica. Ma non solo lui: anche il Catanzaro sembra iniziare a capire dove vuole andare. E non è una destinazione banale.
Amarezza: la solita: una difesa che traballa e che, al netto dei buoni Pigliacelli e Antonini, fatica a trovare un’identità. E con Liberali già con la valigia per il Cile, si perde un altro potenziale partner per il giovane Cissè. Un’assenza che, in un Catanzaro ancora in cerca del suo equilibrio, potrebbe farsi sentire più del previsto.


Cosenza, l’illusione del movimento
La settimana appena archiviata in casa rossoblù sembrerebbe, a uno sguardo distratto, aver offerto spunti clamorosi: dichiarazioni, incontri, scontri, comunicati e controcomunicati. Ma il problema – quello vero – è che non è successo nulla di nuovo. Il copione, come in una pièce d’autore consumata dal tempo, è rimasto identico a se stesso. Solo con qualche battuta aggiunta, scritta in fretta e furia. E si recita a soggetto. Sempre.
Prendiamoli in fila, questi eventi: l’intervista surreale del presidente Guarascio a Telecolor («stadio vuoto perché i tifosi sono al mare»), l’incontro inefficace tra il nuovo dg Gualtieri e la tifoseria, e soprattutto l’incontro tra il sindaco Caruso e la Curva Nord, che ha certificato una realtà ormai palese: la «rottura insanabile» tra città e proprietà, come lo stesso sindaco ha definito il rapporto. Un passaggio che non è solo un fatto amministrativo o sportivo, ma un segnale forte di come il legame tra società e territorio sia irrimediabilmente compromesso.
Dopo questo confronto, è arrivato il consueto comunicato stampa del patron Eugenio Guarascio, in cui, ancora una volta, la solita furbizia da uomo di potere che si dichiara disponibile a vendere la società quasi sfidando i probabili acquirenti, l’ha fatta da padrone. Disponibile, ok, ma a quali condizioni? E soprattutto, a chi lo dice davvero, oltre che a una pagina Word trasformata in nota stampa?
Tutti questi elementi finiscono nello stesso grande calderone che da mesi – o sarebbe più onesto dire da anni – cuoce a fuoco lento un Cosenza calcio che non riesce a liberarsi né dalla mediocrità, né da una perenne guerra di nervi tra chi tifa e chi comanda. Il risultato? Un ambiente incandescente, dove ogni scossone sembra rivoluzionario e invece è solo l’ennesimo cerotto su una ferita aperta.
Nel frattempo il campo, che dovrebbe essere sempre il centro di tutto, ha parlato chiaro. A Caserta i Lupi hanno lottato, mostrato buone trame e tenuto bene fisicamente. Ma non è bastato. E non può bastare. Perché quello che era già chiaro a inizio stagione si conferma con desolante puntualità: la squadra di Buscè ha ottimi giocatori, alcuni anche di categoria superiore, ma non ha una rosa profonda. E qui il paradosso si fa grottesco. Dopo aver annunciato un rilancio ambizioso, dopo aver portato un numero di dirigenti mai visto nemmeno nei giorni più sfolgoranti (pochi a dire il vero) della Serie B – con uno oggi già in bilico (Lupo) e un altro non operativo ma ancora nel libro paga (Delvecchio) – la società ha regalato un altro mercato anonimo, debole, inspiegabile. E così, ogni tanto, può capitare che si meriti di vincere, come a Caserta, ma si finisca per vivere di rimpianti.
Crema: ma siccome il calcio, soprattutto a Cosenza, è anche cuore e pelle, è giusto tributare la parte migliore della settimana a chi l’amore per i colori rossoblù continua a portarlo almeno in trasferta. A Caserta, quasi 800 tifosi hanno riempito il settore ospiti, dimostrando ancora una volta che il sentimento non si piega, non si vende, e non si spegne davanti all’alternativa di una giornata al mare o a nessuna televisione a pagamento. La crema va a loro. A chi canta senza condizioni. A chi segue senza tornaconto. E va anche a Luca Garritano, cosentino doc, calciatore di categoria superiore che tra i tifosi è cresciuto e dopo due giornate di squalifica è tornato lottando per la maglia e segnando un gol prezioso.
Amarezza: l’amarezza, invece, ha la forma monocorde del comunicato stampa di Eugenio Guarascio alla vigilia del match. Un testo nato, guarda caso, subito dopo l’ennesima presa di posizione netta del sindaco Caruso al termine dell’incontro con la Curva Nord. Dentro, la solita solfa: accuse, allusioni, silenzi su quanto dovrebbe contare davvero. Il presidente snobba i giornalisti, forse perché non si prestano al ruolo di narratori del suo mito personale, e si rivolge direttamente ai tifosi che dice di aver sempre rispettato, al sindaco, e, con un pizzico di provocazione, a quegli imprenditori che vorrebbero prendere il suo posto. E così la sensazione è quella di sempre: si prende tempo, si allunga il brodo, si finge movimento per nascondere l’immobilismo.


Crotone oltre i brutti pensieri
C’è una scena che vale più di mille parole e forse anche più di mille conferenze stampa: è quella che arriva dopo il secondo gol del Crotone al Siracusa. I giocatori si abbracciano come se fosse una finale, dalla panchina si alzano in blocco, e in tribuna scatta un applauso che sa di liberazione. Più che una vittoria, è un messaggio. Anzi, un avvertimento: il Crotone non si è fatto distrarre da niente. E c’è. E già questo, visto ciò che è successo nei giorni precedenti, sarebbe abbastanza per titolare. Perché la settimana del Crotone non è stata normale. Tutt’altro.
È stata attraversata da una notizia pesante come un macigno: il Tribunale di Catanzaro ha disposto l’amministrazione giudiziaria per dodici mesi nei confronti della società rossoblù, perché secondo gli inquirenti, nell’ambito dell’indagine “Glicine-Acheronte”, sarebbero emersi indizi di un asfissiante controllo del territorio da parte della ‘ndrangheta, che avrebbe coinvolto anche – direttamente o indirettamente – l’attività economica della Fc Crotone. Parole che pesano. E bruciano. Eppure, sabato sera allo “Scida”, nessuno aveva la testa da un’altra parte. Anzi.
Il Siracusa non era il Real Madrid, sia chiaro. Ma chi conosce la Serie C sa bene che questi sono i match dove si rischia di scivolare. Invece il Crotone ha tenuto. Ha sofferto, sì – soprattutto nella ripresa, quando Contini e Valente hanno avuto la palla per fare male – ma non ha mai dato la sensazione di essere fragile. E nel momento più scomodo ha trovato i nervi per colpire. Prima Cargnelutti, poi Gomez. Sono loro i volti della vittoria. Ma il volto vero è quello collettivo, quello di un gruppo che ha risposto nel modo più maturo possibile: giocando. E vincendo.
Crema: difficile non dedicare un paragrafo a lui, Gomez ha segnato ancora. Sono cinque in cinque partite. Numeri che parlano da soli, ma che non bastano a raccontare l’impressione che lascia: è centrato, è affamato, e soprattutto è dentro il progetto. Come se sapesse che il suo momento è questo, e che ogni gol è un mattone per costruire qualcosa che va oltre la classifica. E qui sta la crema di questa partita. Perché se è vero che Cargnelutti l’ha sbloccata e Maggio l’ha creata, è anche vero che Gomez sta alzando l’asticella. Per sé e per gli altri.
Amarezza: se proprio dobbiamo cercare un difetto, è che il Crotone – a tratti – ha concesso troppo. Il Siracusa ha avuto le sue occasioni, e con un po’ più di precisione poteva far male. Ma non è questo il vero cruccio. Il rammarico sta altrove, nei punti lasciati per strada. Quelli di Potenza su tutti, ma anche quelli in casa col Benevento, dove la squadra ha zoppicato più per insicurezza che per limiti reali. Eppure, adesso, qualcosa sembra cambiato. Quattro risultati utili consecutivi, la prima vittoria allo Scida, una classifica che comincia a sorridere. (f.veltri@corrierecal.it)

Foto Us Catanzaro, Cosenza calcio e Fc Crotone
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