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operazione “res tauro”

Musolino: «Il ritorno di Pino Piromalli agevolato da una società gioiese molle»

Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria ribadisce: «La lotta alla ‘ndrangheta si fa creando un tessuto sociale resistente»

Pubblicato il: 23/09/2025 – 13:40
di Antonino Casadonte
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Musolino: «Il ritorno di Pino Piromalli agevolato da una società gioiese molle»

REGGIO CALABRIA Il ritorno del “padrone di Gioia Tauro” è stato agevolato da una società gioiese «molle, che dopo 22 anni di carcere gli ha riconosciuto nuovamente un ruolo di primo piano». È l’analisi da cui parte il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Stefano Musolino, che a margine della conferenza sui dettagli dell’operazione “Res Tauro” dichiara: «L’indagine registra come un vecchietto che viene da 22 anni carcere, dal quale ci saremmo aspettati si dedicasse a coltivare i suoi affetti e la vecchiaia, in realtà, nella nostra impostazione accusatoria, è diventato nuovamente quello che lui stesso ha sempre detto: il “padrone di Gioia Tauro”. Questo – precisa Musolino – è stato possibile grazie a una sorta di mollezza del tessuto sociale di Gioia Tauro, di cui spero si prenda consapevolezza, a partire dal Comune stesso, che ha rilasciato un comunicato anodino, prudente: speriamo che ne facciano un altro dopo aver letto quello che emerge da questa indagine, al di là della rilevanza penale dei fatti, ovvero questa totale mollezze, mancanza di qualunque forma di resistenza da parte di un tessuto sociale che sembra quasi non vedesse l’ora che Pino Piromalli tornasse a comandare». L’organizzazione criminale, attraverso pressioni anche in Sicilia  per le aste e intimidazioni agli imprenditori, resta forte e presente, ma un grande problema è rappresentato anche dalla troppa permeabilità del territorio: «Dentro la Cosca Piromalli – prosegue il procuratore aggiunto – si muovono vari assi di potere, il tema è che se una persona fa 22 anni di carcere, torna e dopo 4 anni la arrestiamo di nuovo accertando quello che abbiamo accertato, vuol dire che al di là della sua capacità di ripetere gli schemi mafiosi che lo hanno caratterizzato, c’è anche un’incapacità del territorio di opporre adeguate resistenze. La dominanza di “Facciazza” in questo periodo – aggiunge – avveniva peraltro senza avere ricevuto una denuncia, nulla che attestasse sofferenza da parte della società». Poi, Musolino si concentra su un aspetto ribadito più volte nel corso del tempo: «La lotta alla ‘ndrangheta non si fa solo e principalmente attraverso le attività repressive, ma prima di tutto provando a creare un tessuto sociale resistente. Se non c’è un tessuto sociale resistente, infatti, se permettiamo sempre che il vecchietto di turno diventi dominante, siamo noi a volere questa situazione e in qualche maniera siamo corresponsabili come cittadini». La chiave sta tutta nel “fidarsi” delle istituzioni: «A Reggio Calabria, ad esempio, – conclude il procuratore aggiunto – una serie di imprenditori si sono rivolti alla Procura e poi hanno ricevuto una protezione adeguata. In questo senso, anche la politica deve prendersi la responsabilità di ricordare a tutti quello che serve per sconfiggere il fenomeno ‘ndrangheta».

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