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Catanzaro, identità cercasi. Cosenza, vittorie fuori e vuoti in casa. Crotone controvento

Giallorossi tra scelte sbagliate, rimpianti e reazioni che raccontano (quasi) tutto. I Lupi sorprendono nonostante le mancanze del club, e oggi c’è l’assemblea. Squali sfortunati e orgogliosi

Pubblicato il: 29/09/2025 – 7:31
di Francesco Veltri
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Catanzaro, identità cercasi. Cosenza, vittorie fuori e vuoti in casa. Crotone controvento

L’ennesimo pareggio del Catanzaro contro la Juve Stabia ha confermato una squadra ancora alla ricerca della propria identità. A Siracusa, invece, il Cosenza di Buscè ha dato prova di solidità nonostante una rosa ridotta all’osso e una società immobile. Sfortunato il Crotone, battuto allo Scida dopo aver giocato in doppia inferiorità numerica: una sconfitta immeritata, al termine comunque di una prova incoraggiante.

Catanzaro, identità cercasi

Dare giudizi definitivi, dopo appena un mese abbondante di campionato, è da presuntuosi. E francamente, anche poco utile. Lo sanno bene a Catanzaro, dove la memoria recente invita alla prudenza: un anno fa, dopo cinque giornate, Caserta arrancava con sei punti, quattro gol fatti e due subiti. Oggi, Aquilani ne ha messi insieme cinque, con lo stesso saldo reti (sei a favore, sei contro), ma forse con una percezione diversa. Più incerta. Meno compatta. Perché se i numeri possono ingannare, le sensazioni raramente mentono. E la sensazione che aleggia dalle parti del “Ceravolo” è quella di una squadra che ancora non si conosce. Un cantiere aperto, dove si avanza a fatica e si sbaglia strada più di quanto si costruisca. Il pareggio in rimonta contro la Juve Stabia è una metafora fedele: Catanzaro a due facce, impalpabile nel primo tempo, reattivo e (quasi) trascinante nella ripresa. Ma c’è un ma. E pesa.
La fragilità difensiva è un tema, ed è anche piuttosto urgente. Sei gol subiti non sono un dramma, ma il modo in cui arrivano lo è: sbavature strutturali, amnesie di reparto, equilibrio precario. Il ritorno di Brighenti dal primo minuto non ha dato la stabilità attesa, e l’addio di Scognamillo – più pesante di quanto forse si voglia ammettere – si sente eccome. Dietro si soffre. Sempre. Troppo. E poi ci sono i primi tempi, spesso inquietanti.
Sudtirol, Carrarese, Juve Stabia: lo spartito non cambia. Il Catanzaro entra in campo con l’intensità di un dopolavoro ferroviario e la lucidità di un navigatore senza segnale. E in serie B, questo si paga.
Sabato, al riposo sotto di due gol, il pubblico era già in modalità processo al tecnico. Poi l’espulsione ingenua di Cacciamani e i cambi, soprattutto i cambi, hanno rivoltato il match.
Ma se serve la superiorità numerica per accendersi, allora il problema è ben più profondo di un approccio sbagliato. Aquilani – e va riconosciuto – ha avuto il merito di correggere il tiro in corsa. Verrengia, Petriccione e Di Francesco hanno dato il via a una ribellione tecnica e caratteriale che il Catanzaro aveva mostrato solo a sprazzi. L’ingresso di Pittarello, con quell’assist chirurgico per Iemmello, ha completato l’opera. Rimonta servita, morale salvato. Ma il punto resta: senza quella superiorità numerica, il secondo tempo avrebbe avuto lo stesso sapore?
Intanto, una certezza: la reazione c’è stata. Vero, si continua a non vincere, ma almeno si resta in piedi. E a volte, restare in piedi è già metà del cammino.

Crema: stavolta, la crema se la prendono i subentrati. Verrengia accorcia le distanze con personalità, Pittarello inventa, Iemmello (opaco fino a quel momento) punge per la decima volta la Juve Stabia, avversaria evidentemente ispiratrice, Di Francesco dà imprevedibilità. Ma il vero faro, anche se a intermittenza, è stato Petriccione: visione, equilibrio, gamba. Non sarà ancora il leader delle passate stagioni, ma è l’unico che sa sempre dove stare. E quando entra, si vede. Più della somma dei singoli, però, va salvata la reazione collettiva: la squadra ha avuto un moto d’orgoglio che dice tanto di ciò che può essere. E ancora non è.
Amarezza: Aquilani ha ammesso l’errore nelle scelte iniziali. Gesto nobile. Ma perché continuare a complicarsi la vita? Se hai perso due pilastri (Pompetti a centrocampo e Scognamillo in difesa), perché tenere fuori a lungo l’unico centrocampista capace di tenere in piedi il palazzo? Petriccione non è un lusso, è un bisogno. E non può essere l’ultima risorsa. La sensazione, amara, è che l’allenatore stia ancora cercando la sua idea di squadra. Ma il tempo, in B, scorre più veloce. E non aspetta nessuno.

Verrengia, autore del primo gol del Catanzaro (foto Us Catanzaro)

Cosenza, vittorie fuori e vuoti in casa

C’è un Cosenza che corre e un altro che si trascina. Un Cosenza che segna a Siracusa (vittoria dopo 44 anni) e un altro che non batte un colpo nemmeno sul mercato degli svincolati. Due squadre, una città. O meglio: una squadra vera e una società che sembra immaginaria.
Ieri i Lupi di Buscè hanno conquistato la prima vittoria esterna della stagione. Non una semplice trasferta, ma una dimostrazione di forza in piena regola. Rabberciati, corti, forse anche un po’ stanchi, ma con le idee chiare e, soprattutto, con un’anima. La cosa più preziosa che in questo momento manca altrove. Perché mentre Buscè prende appunti e regala un’identità tattica a un gruppo costruito come una casa senza tetto, nelle cosiddette stanze nei bottoni continuano a girare a vuoto.
Da oltre un mese la rosa è incompleta, i ruoli scoperti sono lì come lividi in bella vista, eppure nessuno si degna di porgere un cerotto. Nemmeno uno sguardo. I segnali della squadra restano inascoltati. E così, mentre si risale in classifica a forza di grinta e geometrie, la società resta ancorata al solito immobilismo.
Due vittorie, cinque punti recuperati sulla capolista Salernitana, e la sensazione, netta, che basterebbe poco, pochissimo, per rendere questo Cosenza un’autentica favorita alla vittoria finale. Ma quel poco non arriva. E no, non è per dimenticanza. È una scelta. Apparentemente misteriosa, come certe trame scadenti da cinema noir.

Crema: in mezzo a questo cortocircuito emotivo e gestionale, restano loro: l’allenatore e i suoi ragazzi. Veri e puri. Un gruppo che combatte ogni settimana contro l’avversario e contro il contesto. Se il Cosenza gioca, lotta, vince e (a tratti) incanta, è solo merito loro. E un nome, su tutti, questa settimana va inciso nel metallo: Simone Mazzocchi. Quattro gol, tre punti d’oro a Siracusa grazie a una prodezza, un’esultanza strozzata dal dolore per la perdita della nonna. Una dedica sincera, come il suo gioco. Attaccante centrale per necessità ma, in realtà, uomo ovunque. E non nel senso banale della duttilità, ma di presenza viva. Quando lui c’è, il Cosenza respira. Un applauso anche a Vettorel, portiere non impeccabile nelle prime uscite stagionali. A Siracusa ha salvato tutto e tutti. Ma non potrà farlo per sempre.
Amarezza: nel frattempo, oggi pomeriggio, al cinema San Nicola andrà in scena l’assemblea pubblica per provare a costruire un futuro migliore del calcio cosentino. Sindaco in prima fila, tifosi sul piede di guerra, imprenditori interessati all’acquisizione del club (?) e, forse, anche lui, il presidente onorario (come da sorprendente organigramma societario) Eugenio Guarascio, che finora ha onorato più con la distanza che con la presenza. Se si presenterà, sarà solo per chiedere una tregua alla contestazione sulla scia dei risultati positivi? O porterà (ci concediamo questa domanda ingenua) qualcosa di concreto sul tavolo? Investimenti, piani, aperture reali alla cessione? Domande retoriche, lo sappiamo. Perché chi conosce questa storia sa che alle parole non seguono mai i fatti. E che il Cosenza, oggi più che mai, è una squadra che vince, nonostante chi dovrebbe farla vincere.

Capitan D’Orazio in azione a Siracusa (foto Siracusa calcio 1924)

Crotone controvento

C’è un tipo di sconfitta che fa più rumore del silenzio. Non quella che arriva dopo una partita molle, sbagliata, rinunciataria. No. Ma quella che ti si piazza davanti come una parete di vento gelido mentre cerchi di correre a piedi nudi, eppure non ti fermi.
Il Crotone contro la Casertana ha perso così: controvento, con la maglia sudata e lo sguardo fiero, aggrappato a un’idea di calcio che non si è dissolta nemmeno quando tutto suggeriva di alzare bandiera bianca. Perdere in nove uomini non è un dettaglio: è una sentenza, quasi sempre. Ma ci sono sentenze che, pur definitive, non spazzano via la dignità.
I rossoblù hanno affrontato un secondo tempo come se la partita fosse ancora tutta da giocare, come se l’inferiorità numerica fosse solo un dettaglio passeggero, un fastidio da superare con l’ostinazione di chi ha deciso di non piegarsi. Il paradosso è tutto qui: il Crotone, mentre la classifica segna una battuta d’arresto, guadagna qualcosa di più profondo. Mostra di essere squadra non solo nei numeri e nei moduli, ma nello spirito.
In una domenica che ti prende a schiaffi già nei primi dieci minuti, l’istinto naturale sarebbe quello di proteggersi, chiudersi, sopravvivere. Invece no. La scelta coraggiosa, folle, orgogliosa, è stata quella di restare in piedi, combattere, giocarsela fino all’ultimo secondo utile. È lì che si misura una squadra.
Il Crotone di Longo ieri ha perso. Ma lo ha fatto lottando con una compattezza emotiva e tecnica che vale molto più dei punti. E se il campionato si costruisce anche con le sconfitte, questa può essere un mattoncino importante, purché venga metabolizzata con la giusta lucidità.
Certi segnali di crescita non si vedono nei risultati, ma negli atteggiamenti. E contro la Casertana, a dispetto di tutto, il Crotone è stato squadra. Intera. Viva. Orgogliosa.

Crema: non capita spesso di ricevere applausi a fine partita dopo una sconfitta in casa. Ma allo Scida è successo. E non per spirito di consolazione, ma per autentico riconoscimento. Il pubblico ha capito: il Crotone ha giocato una partita impossibile con l’anima in mano. Ha resistito, ha reagito, ha perfino provato a vincerla. In nove, sotto nel punteggio e con il destino addosso, i rossoblù hanno mostrato identità, carattere e coesione. È questa la parte da tenere stretta, la crema dolce di una giornata amarissima.
Amarezza: ma anche quando si perde con onore, la classifica non fa sconti. E l’amarezza sta tutta lì, nel rischio concreto di aver gettato via l’occasione per dare continuità alle ultime vittorie e restare agganciati alle posizioni di vertice. Due espulsioni (severe, pesanti, evitabili) hanno compromesso la gara con la Casertana. È la seconda sconfitta stagionale, ancora una volta in casa, ancora una volta immeritata. (f.veltri@corrierecal.it)

La squadra rossoblù applaudita sotto la curva a fine gara (foto Fc Crotone)

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