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operazione “Saulo”

‘Ndrangheta, il monopolio del locale di Cirò sul settore delle pompe funebri

Un imprenditore, anche in passato vittima di intimidazioni, fatica a denunciare i suoi aguzzini. Il video incastra il responsabile

Pubblicato il: 16/10/2025 – 18:01
di Fabio Benincasa
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‘Ndrangheta, il monopolio del locale di Cirò sul settore delle pompe funebri

CROTONE Il locale di Cirò è una importante articolazione della più vasta “provincia” di Crotone che svolge la sua influenza nel Cosentino e che si estende fino al Catanzarese. Colpito da numerose inchieste, decapitato da arresti e sentenza di condanna, il locale di ‘ndrangheta è riuscito a ricompattarsi tentando di riprendere il potere e il controllo del vasto territorio dove esercitava la propria egemonia. Il blitz, scattato stamane e denominato “Saulo“, ha svelato proprio il tentativo di ricostruzione dell’organizzazione oltre a cristallizzare tutta una serie di reati commessi a vario titolo dagli indagati.

Il monopolio del settore delle pompe funebri

I soldi richiamano l’attenzione dei clan desiderosi di arricchire la cassa comune, la “bacinella”, di danari utili a finanziare investimenti ma anche e soprattutto a garantire futuro economico alle famiglie dei detenuti e al pagamento dei legali. Tutti i settori in grado di generare utili sono attenzionati dai malandrini pronti a trarre profitto anche dalle morti. Già nel processo scaturito dall’inchiesta “Stige“, infatti, era emersa l’ingerenza del locale di Cirò nel settore delle onoranze funebri.
Nell’inchiesta “Saulo”, chi indaga riporta – a supporto della tesi di accusa – la denuncia presentata dal titolare di una agenzia di pome funebri ai carabinieri di Cirò Marina. Ignoti incendiano la saracinesca della sua attività. I segni legati all’utilizzo di liquido infiammabile, rinvenuti sul posto, sono inequivocabili e certificano l’esistenza di un’azione ordinata e compiuta da chi vuole mandare un chiaro messaggio. Anche il vetro della porta di ingresso risulta danneggiato, mentre la parte interna del locale resta intatta. In vent’anni di attività, l’imprenditore confessa di aver subito altre forme di intimidazione. La prima «dopo quattro anni dall’inaugurazione dell’attività» e la seconda «7-8 anni prima» dell’ultimo episodio. Tuttavia a precise domande sulla sussistenza di richieste estorsive e sulla identificazione dei responsabili, l’imprenditore decide di non rispondere e nega di essere a conoscenza di qualsiasi circostanza legata a presunte intimidazioni. Il timore di possibili e ulteriori ritorsioni emerge chiaramente quando la vittima dell’episodio incendiario chiede che le dichiarazioni rese non vengano messe a verbale.

Malvivente in azione

Sono le immagini restituite dalle telecamere di videosorveglianza, installate nella zona, a consentire agli investigatori di ricostruire la dinamica dell’accaduto. Alle 3:10 del settembre 2023 si vede un soggetto ignoto, di giovane età con indosso «pantaloni da tuta lunghi, felpa con cappuccio e mascherina chirurgica», camminare con una «bottiglietta in plastica contenente liquido infiammabile» utilizzato per incendiare la saracinesca. Chiamato in caserma, l’imprenditore viene reso edotto del contenuto del video ma anche dinanzi alle immagini che inchiodano il responsabile sostiene di non avere informazioni sulla identità del giovane. Che resterà ignoto. (f.benincasa@corrierecal.it)


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