Dopo il caso Pellaro, l’urgenza di ricostruire la rete dei consultori
Tra tagli, obiezione di coscienza e strutture chiuse, i consultori familiari calabresi non riescono più a garantire prevenzione e sostegno

REGGIO CALABRIA La Calabria si trova oggi a fare i conti con una rete consultoriale fragile e sotto organico, proprio mentre eventi drammatici come il duplice infanticidio di Pellaro, periferia Sud di Reggio Calabria, mostrano quanto sia urgente intervenire. La tragedia ha sconvolto la comunità e riaffermato un concetto fondamentale: i consultori familiari non sono semplici uffici sanitari, ma centri essenziali per la prevenzione, l’educazione sessuale, il sostegno psicologico la tutela della salute delle donne, dei giovani e delle famiglie.
La riorganizzazione della rete dei consultori
Il DCA n. 15 del 23 gennaio 2025, approvato dal Commissario straordinario della sanità della Regione Calabria, Occhiuto, aveva proprio l’obiettivo di riorganizzare la rete dei consultori, definendone ruoli, attività e percorsi assistenziali, inclusi quelli per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Il decreto stabiliva che le Aziende Sanitarie Provinciali dovessero trasmettere entro 120 giorni i modelli organizzativi al Dipartimento regionale. La situazione reale è preoccupante. La legge 34/96 prevede la presenza di un consultorio ogni 20.000 abitanti, ma nella realtà calabrese il rapporto è di circa 1 ogni 35.000 persone.
Secondo un’analisi del coordinamento Uil pari opportunità, basata sui dati più recenti disponibili tramite il Ministero della Salute e la Regione, attualmente in Calabria risultano attivi 62 consultori. In termini di distribuzione rispetto alla popolazione, Reggio Calabria occupa il secondo posto con 20 strutture operative (22 secondo i registri, ma due sono chiuse), preceduta da Cosenza con 23 consultori.
La carenza più grave riguarda i ginecologi non obiettori, figure indispensabili per garantire accesso sicuro all’IVG e visite ginecologiche essenziali. Anche a seguito di bandi recenti, il numero di specialisti resta insufficiente, rendendo complesso per molte donne accedere a percorsi di tutela e prevenzione.
Molti operatori, soprattutto ostetriche e psicologi, continuano a portare avanti le attività con dedizione, ma la pressione sul personale e la scarsità di risorse rendono difficile mantenere livelli di servizio adeguati.
La situazione calabrese è drammatica anche se confrontata con altre regioni. Nel 2024, la Calabria ha registrato un tasso di IVG superiore alla media nazionale, con un’incidenza del 13,8% di IVG effettuate dopo un tempo di attesa superiore a 28 giorni, rispetto alla media nazionale del 5,3% (EpiCentro).
La percentuale di ginecologi obiettori in Calabria è tra le più alte d’Italia, raggiungendo il 64,3% nel 2021, rendendo l’accesso all’aborto ancora più difficile per le donne della regione.
Curia: «L’educazione sessuale e la prevenzione nelle scuole è fondamentale»
«Nonostante le difficoltà, – evidenzia Rubens Curia, medico e portavoce della rete Comunità competente – i consultori continuano a svolgere un ruolo fondamentale: seguono la gravidanza a basso rischio fino alla 36° settimana, attivano percorsi psicologici quando emergono segnali di disagio, collaborano con ospedali, dipartimenti di prevenzione e strutture per la salute mentale, e svolgono attività di educazione sessuale e prevenzione nelle scuole, spesso con grandi sacrifici da parte del personale. È proprio questa capacità di intervento precoce che può fare la differenza: prevenire situazioni di disagio e isolamento, garantire informazioni corrette e supporto concreto alle donne e alle famiglie. L’educazione sessuale e la prevenzione nelle scuole è fondamentale e non si può far finta di non sapere. Del resto se la Sistema sanitario nazionale ha fatto la scelta di somministrare il vaccino contro il papilloma virus a 13 anni ciò vuol dire che i ragazzi iniziano ad avere rapporti sessuali già poco dopo, e l’obiettivo è proteggerli prima del loro primo contatto sessuale. Questo vuol dire che è importante fare prevenzione, parlare con i giovani e spiegare le cose». La situazione ha radici storiche profonde. Curia ricorda che dopo l’approvazione della legge 194 nel 1978 ci furono assunzioni mirate, poi perse nel tempo: «Il personale andato in pensione non è stato rimpiazzato a causa del blocco delle assunzioni e dei piani di rientro dal disavanzo della sanità calabrese. L’obiezione di coscienza non è stata bilanciata da concorsi per medici non obiettori e, in alcuni casi, chi era stato assunto ha cambiato idea dopo pochi mesi, aggravando la carenza di specialisti disponibili». In questi ultimi tempi l’Asp di Reggio Calabria ha fatto dei bandi per l’assunzione di medici specialisti ginecologi ma sono andati deserti.
La denuncia della Uil
La marginalizzazione dei consultori è stata più volte denunciata dalla Uil. Anna Comi, coordinatrice delle Pari opportunità della Uil Calabria, ha rimarcato l’effetto dei tagli sul settore: «Molte di queste strutture hanno carattere ambulatoriale e non di consultorio. I consultori familiari sono diventati scatole vuote, o meglio svuotate, vittime sacrificali dei tagli al welfare, piegate da investimenti sempre più risicati».
La segretaria generale Senese ha inoltre espresso contrarietà sull’ipotesi dell’entrata dei movimenti pro vita nei consultori: «Nella nostra regione è già troppo alto il numero di medici obiettori di coscienza, un dato che non può essere accettato supinamente». La legge 56/2024 stabilisce infatti che siano le regioni a organizzare i servizi consultoriali con i fondi della Missione 6 del PNRR, decidendo se coinvolgere associazioni o volontari antiabortisti. Il coordinamento pari opportunità della UIL Calabria ha proposto alcune misure per rafforzare i consultori: una piattaforma di condivisione di idee e progetti tra le strutture calabresi; collaborazione con scuole e università a fini informativi; formazione di personale preparato all’interlocuzione con l’utenza più sensibile, con particolare attenzione ai giovani; creazione di sportelli mobili per collegare le aree rurali e periferiche; e ampliamento degli orari di apertura serali e nel weekend, per facilitare l’accesso a chi studia o lavora.

La culle per la vita
Accanto ai consultori familiari, in Calabria esistono anche le Culle per la Vita, strutture sicure e anonime dove le madri in difficoltà possono affidare il loro neonato, garantendo la sua sicurezza e ricevendo supporto immediato. Al momento sono attive due culle: una all’Ospedale Annunziata di Cosenza e una all’Ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme, mentre è prevista l’installazione di una terza struttura a Crotone. Queste iniziative testimoniano la necessità di fornire alternative concrete alle donne in condizioni di disagio, ma allo stesso tempo evidenziano quanto sia urgente rafforzare la rete consultoriale, prevenendo situazioni estreme come quella di Pellaro. Le culle rappresentano infatti una soluzione d’emergenza, che non sostituisce la prevenzione, l’educazione sessuale e l’accesso sicuro all’aborto: rafforzare i consultori significa dare alle donne strumenti e supporto prima che si trovino costrette a scelte disperate, offrendo ascolto, informazioni, assistenza psicologica e percorsi sanitari sicuri. (redazione@corrierecal.it)
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