Almasri arrestato in Libia per tortura e omicidio
Le opposizioni attaccano il governo Meloni

La Procura generale libica ha ordinato la detenzione di Osama Almasri Anjim e il suo rinvio a giudizio con l’accusa di tortura di detenuti e della morte di uno di loro sotto tortura. Lo riporta su X la tv libica Lybia24 citando un comunicato della Procura. Secondo il comunicato dell’Ufficio del procuratore, l’ordine di carcerazione preventiva dell’ex dirigente della polizia giudiziaria a Tripoli segue gli interrogatori e la raccolta di elementi su gravi violazioni dei diritti dei detenuti nella principale struttura di riforma e riabilitazione della capitale. Secondo la nota almeno dieci persone sarebbero state sottoposte a tortura o trattamenti crudeli e degradanti e una di loro sarebbe morta a seguito delle violenze. Fonti giudiziarie ricordano che a luglio la procura di Tripoli aveva chiesto assistenza alla Corte penale internazionale per acquisire prove sul caso, dopo avere rimosso i vincoli procedurali e ascoltato Almasri in una prima sessione di interrogatorio. La misura odierna si inserisce dunque in un fascicolo già aperto a livello nazionale.
Il mandato di arresto della Corte penale internazionale
Il nome di Almasri Njeem è legato anche al mandato di arresto emesso a inizio anno dalla Corte penale internazionale per presunti crimini contro l’umanità e di guerra, tra cui omicidio, tortura, violenza sessuale e persecuzione, in relazione a fatti avvenuti soprattutto nel carcere di Mitiga dal 2015. Il provvedimento odierno della procura libica riporta il caso nel perimetro dell’azione penale nazionale. In attesa di ulteriori sviluppi, l’Ufficio del procuratore ha fatto sapere che Almasri è stato interrogato sui fatti, fornendo prove sufficienti per essere incriminato e risulta essere già in detenzione preventiva in attesa di sentenza.
Il legale della vittima: «Chiederemo risarcimento a governo italiano»
«Sono felicissima ma per lo Stato italiano è una grande figuraccia. Sono pronta a depositare una richiesta di risarcimento nei confronti della Presidenza del Consiglio e dei ministri coinvolti in questa vicenda». È quanto afferma l’avvocato Angela Bitonti, legale di una donna ivoriana, da anni residente in Italia e vittima delle torture di Almasri, commentando la notizia dell’arresto in Libia del generale. «Dobbiamo capire quali potrebbero essere gli sviluppi a questo punto, se sarà processato lì oppure se potrà essere consegnato alla Corte Penale Internazionale – aggiunge -. Ho speranza che la mia assistita possa ottenere giustizia ma in quanto cittadina italiana sono veramente delusa e mortificata perché l’Italia non ha proceduto all’arresto quando aveva Almasri tra le mani».
L’attacco delle opposizioni
Intanto, le opposizioni attaccano duramente il governo italiano e il ministro Nordio. «Evidentemente sarà consegnato alla Corte Penale Internazionale. Insomma quello che Nordio, Piantedosi e Mantovano hanno impedito a gennaio, violando la legge , ora accade in Libia. Un po’ di vergogna dalle parti di Palazzo Chigi, no eh?» ha scritto Nicola Fratoianni di Avs. Per il leader del M5S Giuseppe Conte si tratta di «un’umiliazione per il Governo Meloni. Alla fine Almasri, un torturatore con accuse anche per stupri su bambini, è stato arrestato in Libia. Invece la nostra premier e i nostri ministri lo hanno fatto rientrare a casa con voli di Stato, con la nostra bandiera, calpestando il diritto internazionale e la Corte Penale internazionale, il cui Statuto a tutela dei diritti è stato firmato a Roma. Ora diranno che anche la Procura generale in Libia è un nemico del Governo? Che vergogna per la nostra immagine. Non è questa l’Italia». Dura anche la segretaria dem Elly Schlein: «Le autorità libiche hanno ordinato l’arresto di Almasri, per tortura e omicidio. Lo stesso criminale che Meloni, Nordio e Piantedosi hanno liberato e riaccompagnato a casa con un volo di Stato, dopo che la magistratura e le forze dell’ordine italiane lo avevano fermato nel nostro Paese per il mandato d’arresto della Corte Penale internazionale. Evidentemente per la procura in Libia il diritto internazionale non vale “solo fino a un certo punto”, come per il governo italiano. Questa è una figura vergognosa a livello internazionale per cui il governo deve chiedere scusa agli italiani».
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