Mattarella: «Nessun ostacolo è più forte della nostra democrazia»
Il Capo dello Stato: «La Repubblica siamo noi»

«La pace è un modo di pensare»: non solo un obiettivo della politica internazionale, ma un atteggiamento che nasce nella vita quotidiana, nel rispetto reciproco e nel rifiuto di imporre agli altri «la propria volontà, i propri interessi, il proprio dominio». È da qui che prende le mosse il messaggio di fine anno agli italiani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che invita a superare «il senso fatalistico di impotenza» e a riscoprire la responsabilità individuale come fondamento della cittadinanza. «L’affermazione della libertà, la costruzione della pace sono nell’atto fondativo della nostra Repubblica», ha ricordato, richiamando la necessità di «realizzare il futuro insieme, attraverso il dialogo». Lo sguardo del Capo dello Stato si è poi allargato alla prospettiva storica. Il 2026 segnerà gli ottant’anni della Repubblica: «pochi se guardati con gli occhi della grande storia», ma decenni «di alto significato». Mattarella ha invitato a «sfogliare un album immaginario» della vita repubblicana, che si apre con «il voto delle donne», primo segno di una unità popolare capace di imprimere un carattere «democratico indelebile» al nuovo Stato e di avviare un percorso, «ancora in atto», verso la piena parità. Al centro di quella stagione, l’Assemblea costituente, capace di trovare «una sintesi di alto valore» anche in presenza di contrasti durissimi. «Di mattina i costituenti discutevano e si contrapponevano sulle misure concrete di governo, nel pomeriggio, insieme, componevano i tasselli della nostra Carta costituzionale». Una Costituzione che rappresenta «uno spartiacque nella nostra storia»: non «uno Stato che sovrasta i cittadini», ma uno Stato che «riconosce i diritti inviolabili, la libertà delle persone, le autonomie della comunità».
Nel racconto presidenziale trovano spazio anche i passaggi chiave della collocazione internazionale dell’Italia. «Le immagini della firma dei Trattati di Roma, nel 1957, consegnano un successo e un altro momento decisivo», con il nostro Paese «in prima linea nella costruzione della nuova Europa». Un cammino affiancato dalle relazioni transatlantiche e dal Piano Marshall, che restano «le coordinate della nostra azione internazionale».
Mattarella ha quindi richiamato «la grande stagione di riforme» che ha cambiato «il profilo dell’Italia»: dalla riforma agraria al Piano casa, fino agli anni del miracolo economico. «Il lavoro è la leva fondamentale dello sviluppo», ha sottolineato, ricordando lo Statuto dei lavoratori come strumento che «riconosce e sancisce diritti, dignità e libertà sindacale», insieme alla «irrinunziabile sicurezza sul lavoro» e all’«equità delle retribuzioni». Tra le conquiste decisive, anche il Servizio sanitario nazionale, che garantisce «universalità e gratuità delle cure», e il sistema previdenziale, «condizioni da preservare di fronte ai cambiamenti di ogni tempo». Nel “film della memoria” scorrono anche i volti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, «simboli della legalità e della lunga lotta contro la mafia». «Due volti che non possiamo dimenticare», ha detto il Presidente, il cui esempio continua a ispirare «tutti coloro che non si rassegnano alla prepotenza della criminalità», in Italia e oltre i confini nazionali. Accanto alle pagine più dolorose, come «la notte della Repubblica» segnata da stragi e terrorismo, Mattarella ha ricordato come «l’unità delle forze politiche e sociali» abbia permesso alle istituzioni di dimostrarsi «più forti del terrore». E ha rivendicato il ruolo dello sport come fattore di identità e coesione: «un potente antidoto alla violenza giovanile e alle droghe», capace di trasmettere valori di «pace, amicizia, inclusione», oggi rilanciati dalle Olimpiadi e Paralimpiadi di Milano-Cortina.
Nella parte conclusiva, l’attenzione si è spostata sulle fragilità del presente. «Vecchie e nuove povertà», diseguaglianze, corruzione, infedeltà fiscale e reati ambientali sono «crepe che rischiano di compromettere la coesione sociale», un bene «mai acquisito definitivamente». Per questo, ha avvertito Mattarella, «siamo chiamati a impegnarci, ognuno secondo il suo livello di responsabilità, senza che nessuno possa sentirsi esentato. Perché la Repubblica siamo noi. Ciascuno di noi».
Infine, l’appello ai giovani: «non rassegnatevi». «Siate esigenti, coraggiosi. Scegliete il vostro futuro», sentendovi responsabili «come la generazione che, ottanta anni fa, costruì l’Italia moderna».
Nel finale del messaggio, il Presidente ha rivolto un appello diretto soprattutto alle nuove generazioni. «Qualcuno – che vi giudica senza conoscervi davvero – vi descrive come diffidenti, distaccati, arrabbiati: non rassegnatevi». Un invito a essere «esigenti, coraggiosi», a scegliere il proprio futuro e a sentirsi responsabili «come la generazione che, ottanta anni fa, costruì l’Italia moderna». Un’esortazione che si lega alla convinzione che «nessun ostacolo è più forte della nostra democrazia», se vissuta e testimoniata ogni giorno. Da qui l’augurio conclusivo del Capo dello Stato agli italiani: «Auguri! Buon 2026!».
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