È morto Joe Cocker. Con lui è andato via il pezzo di un sogno. Quello che nel 1969 sognavano tanti giovani che speravano di cambiare il mondo e che, invece, sono riusciti a cambiare poco o nulla del loro Paese. Eravamo in tanti allora a essere simili, nel vestire e nel pensare. A credere in ciò che facevamo, appena qualche mese dopo l’inizio della fatidica lotta sessantottina esordita l’anno precedente in Francia. Gli ideali predominavano sugli interessi comuni, quelli normali, ai quali le famiglie di allora erano invece attente “per il benessere dei loro figli”, salvo che questi ultimi erano poco interessati a questo. Gli ideali prima di tutto! Era il suggerimento delle anime di allora. Si è pertanto provato a fare di tutto, in parte riuscendoci e in parte no. Eravamo comunque felici a sentirci protagonisti della storia che era stata di altri, più nobili di noi. Lo stare insieme agli attori del mondo operaio ci insegnava a vivere più responsabilmente e a dedicare una gran parte di noi all’interesse comune. Le povertà ci attraevano, così come ci attraeva la lotta all’oppressore.
Joe era uno di noi, seppure rapito da quelle incertezze “caratteriali” di allora che ti facilitavano a frequentare le diversità e le dipendenze. Di questo egli è rimasto vittima sino alla fine, con la dignità però di rialzarsi ogni tanto per regalarci qualche capolavoro, forse diverso nelle forme e negli ideali, ma pur sempre un capolavoro “rauco”, come solo lui sapeva fare.
Oggi. Siamo stati in tanti ad essere suoi orfani sopravvissuti. Siamo in tanti a esserci adeguati alle esigenze vitali. Molti di noi sono ritornati agli intessi normali, peggio di come facevano i genitori di allora pensando esclusivamente ai loro figli e nipoti. Io sono uno di questi.
Tuttavia in tanti è rimasta dentro una gran voglia di cambiare le cose, di un mondo che ahinoi è rimasto uguale nelle sue peggiori malattie, alle quali se ne sono aggiunte delle altre fatali per l’umanità, soprattutto quella giovanile. Un nuovo autunno caldo? Meglio, una primavera di lotta occidentale?
I tempi sono cambiati e, con essi, si sono insediati i novelli vizi. Primo fra tutti l’ideale privato e familistico da soddisfare ovunque e comunque. Esiste ancora la speranza e i sogni di tanti a che rinasca l’ideale come progetto da inseguire.
Intanto Joe è andato via. Lo ha fatto in silenzio, senza dire nulla al suo mondo di ieri, che ha ben rappresentato. Senza disturbare nessuno.
In noi, compreso lui, il grande rammarico per non avere inciso così come avremmo voluto.
Buon Natale, Joe!
*Docente Unical
x
x