CATANZARO Se il resto del Paese vede i primi timidi segnali di ripresa per la Calabria la recessione non è ancora finita. È quanto emerge dal rapporto Cerved-Confindustria da cui si desume che sono diversi i segnali che fanno pensare a una inversione di tendenza per le Pmi del Mezzogiorno. Negli ultimi due anni il tasso di natalità è superiore a quello pre-crisi (nel 2014, delle 83mila nuove aziende italiane, 29mila sono nate al Sud); fallimenti e liquidazioni frenano, crescono le imprese solvibili e diminuiscono quelle più a rischio. «La crisi – si legge nel rapporto – sembrerebbe dunque avere svolto un’azione di selezione, provocando l’uscita dal mercato di chi aveva un profilo economico e finanziario poco equilibrato già prima». I segnali di maggiore vitalità vengono da Basilicata, Campania e Abruzzo, in Puglia convivono elementi di vitalità e di fragilità, mentre in Calabria, Sicilia e Sardegna si registrano le maggiori difficoltà. Quanto agli anni della crisi, il rapporto Cerved-Confindustria fornisce un quadro del tessuto produttivo meridionale molto cupo: oltre un quarto delle 29mila imprese attive nel 2007 è uscito dal mercato e, fino al 2012, è diminuito il numero di nuove imprese. Anche le società sopravvissute alla crisi hanno subito conseguenze pesanti sui bilanci: nel complesso, tra il 2007 e il 2013, i margini lordi delle imprese meridionali si sono ridotti del 38,6%, ben 7 punti in più della media nazionale.
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