di Roberto De Santo
CATANZARO Una popolazione che invecchia sempre più, un’emigrazione che spinge i giovani ad andare lontano ed un’occupazione che diventa una chimera nella regione. E la situazione da qui al 2065 per la Calabria dovrebbe solo peggiorare. I dati provengono da un’analisi fatta da Svimez sul contesto calabrese e che indicano che se nel 2018 la popolazione con età inferiore ai 30 anni era pari al 30% – contro il 27% del Centro-nord – tra meno di 50 anni (per l’esattezza 46) quella percentuale scenderebbe al 22-23 per cento. Mentre al Centro nord in questo lasso di tempo la situazione sostanzialmente non muterebbe (26,3% nel 2065). Indice questo, secondo gli analisti di Svimez, che la tenuta di questa area del Paese viene garantita dalla fuga dalle regioni del Sud. Calabria in testa.
«Questo ci fa capire – ha sostenuto il presidente Svimez Adriano Giannola – che se oggi demograficamente il capitale umano è qui, nel 2065 non sarà più così soprattutto e tanto più se quei meccanismi che portano oggi i giovani ad emigrare persistono nel tempo».
Ed i numeri sciorinati dall’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno dimostrano che nel futuro in Calabria ci saranno sempre più anziani. Se oggi la popolazione calabrese è costituita dal 10% di ultranovantenni, nel 2065 quella percentuale salirebbe a più del doppio: 23%. In questi decenni, invece, il Centro nord vedrebbe anch’esso crescere il numero della popolazione anziana, ma in misura più contenuta: dall’attuale 12% al 20%. Quindi se il Paese invecchia la Calabria lo fa più rapidamente.
Una situazione che porta il presidente di Svimez ad incalzare il governo: «Servono investimenti, come hanno chiesto i sindacati, e un piano straordinario per il Mezzogiorno – dice Giannola –. Un progetto è necessario di fronte agli attuali problemi strutturali: per la Calabria c’è un degrado demografico che è più forte del medio degrado meridionale e nazionale. La demografia non fa sconti, è un’onda lunga che muove generazioni e, ci vogliono generazioni prima di rovesciarne le dinamiche. Per questo è molto pericoloso non affrontare subito il problema».
Ma è disarmante non solo il dato demografico che emerge dalle analisi dei tecnici della Svimez, ma quello sull’occupazione. Tanto che già oggi in Calabria la parte della popolazione che non lavora è molto più ampia di quella che lavora e questo dato è in incremento negli ultimi anni.
Nel 2002 la fetta di popolazione che non lavorava era pari al 114% ed è passata al 130% dello scorso anno. Da qui si comprende anche la spinta ad emigrare dai territorio del Sud come quello calabrese: circa 90.000 all’anno lasciano il Mezzogiorno.
«Questa è la fotografia e la prospettiva con cui dobbiamo confrontarci – commenta i dati Giannola – l’emigrazione dalla Calabria e dalle altre regioni del Mezzogiorno. La Svimez ha una lunga tradizione di collaborazione con la Regione. Forse il tema di oggi è quello di capire non solo i termini di una questione meridionale, e calabrese, ma anche che è importante definire delle
linee nazionali utili ad affrontare questa crisi. Il problema è di cambiare un ecosistema e se è chiarissimo come deve essere cambiato non sembra che ciò rientri nelle priorità, almeno da vent’anni».
Secondo Giannola, «è importante un’operazione verità». «A Reggio – sottolinea il presidente citando la manifestazione unitaria nazionale del sindacati – per la prima volta una forza unitaria nazionale ha denunciato questo fatto, ed è significativo che sia avvenuto a Reggio Calabria, luogo anche territorialmente simbolico come area della discontinuità di una realtà europea che, dopo aver evocato il corridoio Berlino- Palermo non ha mai preteso che si realizzasse. Mentre fare quel corridoio sarebbe un concreto contributo a modificare il baricentro di un Paese come l’Italia, e a dare vita ad una reale dimensione euro mediterranea della Unione europea»
Eppure le ricette per uscire da questa situazione la Svimez le ha indicate da tempo e ribadito anche nell’ultimo Rapporto presentato sullo stato dell’economia del Mezzogiorno. Su tutte le grandi potenzialità offerte da Gioia Tauro, i porti di questa area metropolitana, l’area dello Stretto che stenta oggi a darsi un’autorità portuale, la possibilità di fare due Zone Economiche Speciali in questa zona. E poi la Calabria ha quattro università che «funzionano – evidenziano dalla Svimez – nonostante che anche a questo proposito il discorso si fa complesso al pari di quello sulla demografia, perché una sorta di regime ministeriale autoreferenziale sta adottando criteri di finanziamento volutamente penalizzanti e inadeguati a sostenere le realtà più problematiche e degne di essere promosse». Giannola su tutti questi punti è categorico: «È responsabilità della Regione avere una strategia e realizzarla».
«L’Italia da trent’anni ormai è un Paese che non cresce – aggiunge poi il presidente della Svimez – con un Sud che dal 2008 ha perso quattordici punti di prodotto interno lordo. Unico paese in Europa dal 1991-92 siamo in frenata. Dal 2001-2002 siamo a crescita zero e poi negativa dal 2007 al 2013. Nonostante la ripresa del 2013-2017 ancora oggi non siamo ritornati al 2007, nemmeno il Nord, che ha ancora quattro punti da recuperare». «Stando alle rosee prospettive del governo quanto a previsioni di crescita – conclude Giannola – si stima che il Nord avrà recuperato verso il 2024, e verso il 2030 il Sud, se non torna ad andare a marcia indietro. Una situazione socialmente insostenibile, in quanto consolida la povertà, che strumenti come il reddito di cittadinanza tendono a cancellare statisticamente ma non nella realtà». (r.desanto@corrierecal.it)
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