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«Cronache dell'emergenza cronica dei rifiuti»

di Laboratorio territoriale Condofuri e San Lorenzo e Serac*

Pubblicato il: 19/08/2020 – 20:48
«Cronache dell'emergenza cronica dei rifiuti»

Il problema dei rifiuti, ammettiamolo, è complesso, come è complessa la cosiddetta società avanzata che li produce copiosi e variegati: i più altezzosi si fanno chiamare speciali, i radioattivi tendono a nascondersi come agenti segreti, quelli chimici son così maldestri e maligni da essere ormai considerati irrecuperabili; non dimentichiamo la spazzatura elettronica che, insieme alle scorie industriali tossiche, ha l’abitudine di emigrare clandestinamente dai paesi occidentali verso l’Africa al fine di aiutare a casa loro le orde di poveracci vaganti nelle enormi apposite discariche, adibite all’accoglienza, per ricavarne componenti preziose e al contempo pericolose ( si legga a questo proposito l’ illuminante Obayfo di Rosarno, romanzo dello scrittore di Polistena Marcello Borgese ). L’elenco potrebbe non finire mai ma lo chiudiamo con la citazione di un passo di Piero Bevilacqua che le cronache di questi giorni rendono particolarmente opportuno : … il mare … è diventato … discarica di rifiuti tossici. Al largo dell’ Atlantico i paesi europei hanno riversato, dal 1949 sino a metà degli anni Ottanta, rifiuti radioattivi di bassa e media intensità chiusi in … contenitori la cui tenuta diventa col tempo problematica. Ma è noto anche che i mari del mondo sono ormai da decenni solcati da petroliere che perdono accidentalmente idrocarburi nei loro spostamenti e le cui stive – cosa ben più grave- continuano a essere lavate direttamente con la acque marine. Senza qui tener conto dei vari naufragi e incidenti che … hanno comportato al largo di varie coste del mondo il riversamento di immense quantità di petrolio.
Chi ha studiato il flusso di rifiuti complessivamente prodotto in Europa ci dice che i ¾ del totale sono costituiti da rifiuti inerti ( costruzione e demolizione, terre di scavo ) e rimandano dunque in gran parte all’altro non meno grave problema rappresentato dal consumo di suolo, mentre i rifiuti urbani ammontano a 486 kg/ anno a testa ( i primatisti Stati Uniti d’ America, il cui stile di vita , sotto la direzione del bubbone Trump, è ridiventato non negoziabile, viaggiano disinvolti sui 729 ). Si può dire allora senza timore di essere smentiti che i 7 miliardi e passa di zozzoni umani gozzovigliano, languono, soffrono, gioiscono, consumano senza freni o stringono la cinghia incastonati nei loro scarti; mentre ormai da tanto tempo la crescita economica perennemente invocata non fa che perdere colpi l’abbondanza quotidiana di questi rimasugli non sembra conoscere flessioni: il nostro migliore dei mondi possibili altro non è che una globale città di Leonia, quella uscita nel 1972 dalla fantasiosa penna di Italo Calvino, assediata dalle fortezze di pattume espulso dai suoi abitanti con ritmo incessante. All’interno di siffatto terrificante quadro planetario convivono coloro (singoli, associazioni, pubbliche amministrazioni) che ritengono necessario passare a una fase più sensata della storia umana, ripensando radicalmente il modo in cui funziona e semina morte l’attuale economia, con tanti altri che , al contrario, per ignavia, disinformazione, tornaconto personale di varia natura, non intendono farsi carico dell’urgente transizione verso l’economia circolare e continuano a sguazzare nei pantani luridi in cui non ci si occupa di bandire le produzioni nocive, di contrastare l’obsolescenza programmata delle merci, di frenare il fenomeno dell’ urbanizzazione crescente e di incentivare le filiere corte dell’agricoltura biologica e di sussistenza a scapito di quella industriale energivora e inquinante.
Proponiamo alcune riflessioni dalle immonde postazioni di San Lorenzo e Condofuri (che, nemiche di ogni ipocrisia, non nascondono la spazzatura sotto il tappeto come avviene altrove ma preferiscono ostentarla per le strade , sparpagliarla nelle campagne, nelle spiagge, nei torrenti, in qualsivoglia anfratto disponibile insomma, e dedicarsi alla combustione frequente e autogestita degli scarti radunati in cumuli la cui trasformazione in cenere e polveri sottili cancerogene veicolate da fumo acre crea spazio ad altra immondizia che preme alle porte), fiore all’occhiello di una regione entrata ufficialmente nel 1997 nell’era dell’emergenza rifiuti e capace di segnalarsi, secondo un’opinione espressa nel 2009 dal prefetto Francesco Musolino, per la cultura dell’illegalità in campo ambientale associata alla scarsa considerazione data sia dai cittadini che dalle istituzioni al “bene ambiente” come “bene comune” da tutelare. Simpatiche caratteristiche davvero che, se da un lato minacciano il patrimonio naturalistico del territorio, dall’altro minano direttamente la qualità della vita di ognuno, generando conflitti e diseconomie cui tutta la comunità deve fare fronte. Nelle diseconomie a cui il Musolino fa riferimento dovrebbero rientrare i costi delle bonifiche imposte dall’uso improprio delle discariche autorizzate e dalla proliferazione in Calabria di discariche abusive (ma, come risulta dalla relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività connesse al ciclo dei rifiuti del 2011, in tutto il territorio sono state prodotte carte anziché azioni di bonifica) e lo spreco di denari pubblici che il mancato avvio di una raccolta differenziata ampia e seria comporta conti alla mano: gli esperti calcolano una spesa di 150 euro a tonnellata nel caso di gestione dei rifiuti senza riciclo e senza trattamento, per questo motivo il settore diventa attrattivo per affaristi di tutte le risme , tra i quali spiccano rappresentanti della criminalità organizzata, legati a filo doppio a una parte consistente del ceto politico, e sempre per il motivo medesimo l’ambizioso piano rifiuti regionale, che prevedeva nel 2007 una vertiginosa e mai avvenuta impennata della raccolta differenziata accanto a una riduzione rivoluzionaria del conferimento in discarica fissato al dieci per cento, è rimasto lettera morta mentre l’intero sistema di smaltimento è al collasso.
La catastrofe generale, sia ben chiaro, non può essere un alibi per le amministrazioni in carica di Condofuri e San Lorenzo, del tutto incapaci di guidare i loro cittadini verso obiettivi di civiltà perché afflitte da innegabile ignoranza ecologica: abbiamo assistito persino negli anni passati, e senza che la faccenda per la verità suscitasse la preoccupazione di una popolazione locale pronta a incalzare i responsabili della cosa pubblica, al riversamento sulle strade semi sterrate del fronte costiero di bitume di risulta ( sottratto perciò al suo destino di rifiuto speciale da conferire in siti appositi), trasportato poi dalle mareggiate sulla spiaggia e nei fondali marini, fonte dei cancerogeni idrocarburi policiclici aromatici inalati per mesi dai residenti e dai turisti. Ed è stata in questi anni lunga e difficile la battaglia condotta per contrastare la volontà tenace dell’attuale giunta in scadenza del comune laurentino di impermeabilizzare più di un ettaro dell’area adiacente al suo litorale in barba alla normativa vigente.
Il comune di Condofuri, dal canto suo, che per la gestione dei rifiuti aveva beneficiato dell’impostazione impressa dai commissari adottata poi dall’amministrazione precedente previa opportuna campagna di sensibilizzazione dei cittadini, ha dilapidato quanto era stato conseguito , vale a dire il cinquanta per cento di raccolta differenziata accompagnato da un’atmosfera di fiducia e collaborazione tra amministratori e amministrati. Chi, per arretratezza culturale, confonde la crescita dell’urbanizzato con lo sviluppo continuerà a intercettare finanziamenti per consumare suolo e produrre danni ambientali ma non prenderà in considerazione la corposa iniezione di risorse comunitarie messa in campo dalla regione Calabria onde evitare che la gestione dei rifiuti si riduca a una serie di espedienti per sottrarli alla vista e all’olfatto di cittadini anche loro irresponsabili e paghi di questo risultato. Del destino dei nostri scarti, e della necessità assoluta di ridurli, dovrebbe interessarsi ognuno di noi e anche in Calabria, nonostante tutto, ci sono state e sono in corso esperienze che indicano l’unica strada possibile, quella della sinergia tra cittadini e amministrazioni locali immesse in un circolo virtuoso di relazioni costruite a partire dall’individuazione di obiettivi di grande utilità sociale. Si può fare a questo proposito uno degli esempi meno noti: l’attuale amministrazione comunale di Chiaravalle Centrale ( Catanzaro ), che pure aveva ereditato 15 milioni di disavanzo dalla gestione precedente, ha saputo sfruttare un bando regionale con cui si è procurata fondi europei che le hanno consentito di realizzare un’isola ecologica e di raggiungere in un paio di anni il 76% di raccolta differenziata.
Di conseguenza a Chiaravalle non si vede spazzatura a piede libero come a Condofuri e a San Lorenzo e il conflitto tra istituzioni e cittadinanza serpeggiante nel reggino è scongiurato proprio dalla dimostrazione fattiva di impegno da parte del comune che suscita la collaborazione di tutti accompagnata dalla percezione di contribuire alla tessitura di un trama comunitaria. Noi che non abbiamo espresso amministratori adeguati insieme a chi abita qui solo d’estate dovremmo, invece di aspettare una soluzione dall’alto, convocare assemblee e parlarci per individuare possibili azioni comuni. Le montagne di spazzatura presenti a di Marina di San Lorenzo puzzano perché sono formate per lo più da sacchi in cui i conferitori mescolano i residui organici con quelli secchi. Se, anche in assenza di una raccolta differenziata comunale, per esempio, cominciassimo autonomamente a separare l’organico dall’inorganico, organizzando una consegna del primo alle persone del territorio che ancora allevano galline o maiali e riservando uno spazio delle case con giardino a una compostiera, la puzza sparirebbe e noi avremmo fatto un passo verso quella famosa unione capace di fare la forza e verso l’assunzione delle nostre responsabilità senza la quale la salvezza dell’umanità potrà venire solo dall’improbabile presa del potere planetario di un dittatore ecologista.

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