Ultimo aggiornamento alle 21:36
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

il contributo

Mimmo Lucano, algoritmi al posto della giustizia

La sorte gli ha riservato un cognome etnico, denso ed evocatore: i Lucani, infatti, erano un popolo indigeno che si oppose ai Romani invasori dell’estremo Sud dell’Italia. Insieme ad una loro cost…

Pubblicato il: 10/10/2021 – 9:05
di Francesco Bevilacqua*
Mimmo Lucano, algoritmi al posto della giustizia

La sorte gli ha riservato un cognome etnico, denso ed evocatore: i Lucani, infatti, erano un popolo indigeno che si oppose ai Romani invasori dell’estremo Sud dell’Italia. Insieme ad una loro costola, i Brettii, si allearono con tutti i nemici di Roma pur di rimanere liberi. Ne uscirono con le ossa rotte, dichiarati nemici giurati del “potere” per antonomasia del mondo antico. Il cognome di Mimmo Lucano è, insomma, lo stigma della sconfitta. Non lo sapeva, Lucano, quando – con un’ingenuità degna dei più grandi idealisti della storia (penso a Che Guevara) e della letteratura (penso a Don Chisciotte) – mise insieme due dolori: da una parte quello dei reietti del Mediterraneo, dall’altro quello del suo paese morente, Riace. Non lo sapeva, quando mischiò i due dolori e, come un alchimista, li trasformò in gioia, solidarietà, rinascita. Non lo sapeva che a fare il Che Guevara o il Don Chisciotte in Calabria ci si può rimettere la pelle. Perché qui, ogni scintilla di speranza è pericolosa: può produrre emulazione! Ed il potere non tollera che gli schiavi sollevino la testa. Come avvenne, ad esempio, a Melissa nel ‘49, quando la Polizia sparò su altri idealisti, i braccianti che volevano occupare le terre incolte del Marchesato. Storie che gli Alvaro, i La Cava, i Seminara, i Montalto, gli Strati avevano puntualmente raccontato, ma che quasi nessuno ha letto (e che qualcuno, ultimamente, ha consigliato di non leggere). E l’epilogo era sempre uguale: la ri-vincita del potere costituito. Dunque non c’è da meravigliarsi che una procura e un tribunale abbiano tirato giù dalle nuvole Mimmo Lucano e l’abbiano gettato nella polvere. Non da ora la magistratura sta dalla parte del potere costituito. Non da ora la magistratura – salvo rari casi – è deferente verso quell’altro potere. Nell’esercizio della giurisdizione – gli avvocati lo sanno bene – vi è sempre uno squilibrio fra cittadini e pubbliche amministrazioni (in favore delle seconde, s’intende). E da qualche tempo è tutto un riorganizzarsi del potere costituito, tutto un rigurgito di autoritarismo, tutto un serrare i ranghi, contro i Che Guevara e i Don Chisciotte. Come dimostra un’altra recente sentenza, quella della Corte d’Appello di Palermo, che ha stabilito che la trattativa Stato-mafia vi fu ma che a commettere reato furono solo i mafiosi e non gli uomini dello Stato. Già perché anche uno studentello di giurisprudenza sa che per fare una trattativa ci vogliono almeno due parti: e se quella trattativa è reato per una non si capisce perché non debba esserlo anche per l’altra. Ora, gli idealisti, i tipi come Mimmo Lucano sono pericolosi per il potere costituito: non si può tollerare che le loro idee si diffondano e facciano proseliti. Viviamo in una “democratura”, come intuirono Eduardo Galeano e Pedrag Matvejevic, riferendosi alle democrazie fondate sull’omologazione politica e sull’ubbidienza dei sudditi. Ed i diversi, i disubbidienti mostrano, con i loro comportamenti eccentrici, quanto la giustizia possa essere ingiusta, quanto i moralisti siano ipocriti, quanto i garantisti siano in realtà giustizialisti, quanto il re sia nudo. Lo doveva sapere Mimmo Lucano che con quel nome troppo evocatore avrebbe incontrato, prima o poi, un “giudice” che stava dalla parte di Roma e non da quella degli indigeni. Doveva sapere che quel giudice aveva dimenticato la lezione di Sofocle e della sua Antigone. Ma se questo è un giudice, se questa è giustizia, se il diritto è applicazione formalistica di norme, se non bisogna aver riguardo alle cause di non punibilità, alle esimenti, se nulla conta l’assenza di dolo e di profitto, se l’unico modo per rispettare la legge è quello di applicarla senza interpretarla, allora tanto vale sostituire i magistrati con degli algidi, infallibili, stupidi algoritmi.

  • Avvocato e scrittore
Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del mare 6/G, S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano | Privacy
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x