LAMEZIA TERME «Ho acquistato diversi carichi di armi in Slovacchia, insieme ad un mio conoscente, Antonio Bonasorta, il quale ha una moglie slovacca. Mi ha raccontato che, nel 2012, recatosi lì per visitare i parenti della moglie, aveva visto il cognato maneggiare un mitra. Così nel 2013 effettuammo il primo viaggio, il secondo qualche mese più tardi. Fu in quella occasione che mi venne presentato un nuovo acquirente, Rocco Anello».
Questi alcuni degli stralci delle dichiarazioni rese da Marino Belfiore, noto come “l’armiere della Piana”, collaboratore di giustizia dal 2015 e dai quali salta fuori il nome del boss della cosca di Filadelfia. I suoi traffici di kalashnikov, pistole e Scorpion, solo per citarne alcune, dalla Slovacchia hanno rifornito per anni alcuni dei gruppi criminali della ‘ndrangheta calabrese, tra cui proprio il clan Anello. Sono in particolare le dichiarazioni rese al procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Vincenzo Luberto il 7 e 8 aprile 2015 a tirare in ballo la cosca di Filadelfia, verbali finiti agli atti del processo “Imponimento” che si sta celebrando in queste settimana all’aula bunker di Lamezia Terme. Ed è il collaboratore a spiegare nel dettaglio i primi viaggi.
«Nascondemmo le armi sotto ad un carico di parquet. Poi da Nitra arrivammo a Thiene, lì il carico venne preso in consegna da un vettore di un’impresa che mi pare sia di Lamezia o Catanzaro. Le armi poi vennero custodite nell’officina di mio padre, a Gioia Tauro». «Grazie ad un contatto, un tale Angelo Andreacchi, ci fu detto che un suo compare, Rocco Anello, era disponibile ad acquistare le armi lunghe ad un prezzo oscillante tra 1.600 e 1.700 (euro) l’una e così accettammo». Dopo la promessa, ci fu il primo incontro. «Ci recammo all’appuntamento con Anello, nei pressi del bivio dell’autostrada di Pizzo, all’Angitola. L’appuntamento era lungo la strada dove c’è una baracca di ortofrutta (…) lungo il percorso verso Filadelfia incontrammo un pick-up Mitsubishi con a bordo Rocco Anello (…) in aperta campagna abbiamo poi effettuato il trasbordo delle armi».
Il collaboratore di giustizia, nel corso delle dichiarazioni rese ai magistrati, fornisce poi i dettagli di un altro trasporto di armi effettuato a Cassano, poi un secondo trasporto per Rocco Anello. «Anche in questo caso – racconta – avevamo preso accordi a Vibo, a casa di Andreacchi (…) effettuammo il trasporto seguendo il solito schema: Bonasorta, a bordo della sua Mercedes, fungeva da staffetta; io lo seguivo a bordo dell’auto presa a noleggio, nel cofano della quale avevo riposto le armi nascoste nel parquet, armi come Scorpion e mitra». «L’appuntamento con Rocco Anello era in una strada che raggiungemmo impegnando lo svincolo autostradale di Pizzo; oltrepassammo i rivenditori di frutta, salendo per una strada interna». «Dopo un po’ – racconta ancora il pentito – con un po’ di ritardo sopraggiunse Rocco Anello a bordo di una Fiat Panda rossa. Solo io a bordo della Ford proseguii fino ad una vecchia casa di campagna che mi pare di ricordare fosse del padre dello stesso Rocco Anello, e dopo aver trasportato le armi, Anello mi pagò e quindi ripresi l’auto, raggiunsi Bonasorta che mi attendeva dove avevamo incontrato Anello e gli consegnai i soldi».
In totale sarebbero quattro i viaggi per trasporto di armi effettuati dalla coppia Belfiore-Bonasorta. «Il terzo e il quarto viaggio in favore di Rocco Anello – racconta ancora Belfiore ai pm – avvennero con le stesse modalità. Anello ci aspettava allo svincolo di Pizzo, dopo il rivenditore di frutta, Bonasorta si fermava e io lo seguivo. Anello arrivava a bordo di una vecchia Panda, io trasportavo le armi, Scorpion e Kalashnikov, e mi faceva da staffetta intimandomi di scaricarle ogni volta in un luogo diverso e comunque mi consegnava immediatamente il denaro per il pagamento». «Una volta entrati in confidenza – racconta il pentito – Rocco Anello mi diceva che le armi, che aveva acquistato in grande quantità, doveva a sua volta rivenderle non ricordo se in Sicilia o in Marocco». (redazione@corrierecal.it)
x
x