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Politiche, i tanti centri che cercano un punto di contatto

Il “Corriere della Sera” delinea i movimenti di big come Renzi e Carfagna («che tra i suoi fedelissimi annovera Occhiuto»)

Pubblicato il: 22/07/2022 – 11:01
Politiche, i tanti centri che cercano un punto di contatto

I (tanti) movimenti al centro della politica nazionale. In vista delle elezioni politiche del 25 settembre l’analisi di molti osservatori è rivolta alle mosse di questa area equidistante dai due più grandi schieramenti di centrodestra e di centrosinistra, area molto variegata e anche parecchio affollata, e soprattutto non omogenea. Sul “Corriere della Sera” il giornalista Francesco Verderami traccia una “fotografia” di questa area che va da Matteo Renzi a Maria Stella Gelmini e a Mara Carfagna, area definita “un arcipelago con tanti centri che deve scegliere da che parte stare”. 
«L’agenda Draghi – scrive Verderami – è ormai il “libretto rosso” dei centristi, è diventata una forma di adesione ideologica. Al punto che, settimane fa, Quagliariello aveva immaginato di sfruttare il brand per fini elettorali: “Lista agenda Draghi”, così l’avrebbe voluta chiamare per presentarla al voto. Poi però — siccome il copyright del nome appartiene al premier — ha compreso di non poter portare a compimento l’iniziativa. Ma tanto basta per capire qual è il motore che alimenta l’attivismo di un’area politica impegnata a trovare un proprio spazio nella sfida delle urne. Il fatto è che sono molti gli attori sulla scena e spesso con obiettivi confliggenti. E non è nemmeno chiaro quale collocazione vogliano trovare: c’è un centro che guarda a destra, un altro che guarda a sinistra, un altro ancora che vorrebbe correre in autonomia. Solo che non se ne conosce la reale consistenza elettorale…. E più si avvicineranno le urne, più si polarizzerà lo scontro tra blocchi contrapposti e i cittadini tenderanno a scegliere il voto utile. Tutto ciò non frena però l’operazione, anche se la medaglia del centro ha il suo rovescio. Nelle analisi dei partiti, per esempio, si nota che Calenda — se corresse da solo — potrebbe intercettare voti dell’imprenditoria settentrionale delusa da Lega e Forza Italia. Se invece si unisse al Pd perderebbe parte del suo appeal. Tuttavia il Pd ha bisogno di alleati, altrimenti — come racconta un esponente dem — “persino lo storico collegio rosso del Mugello sarebbe a rischio”. In vista della presentazione delle liste, quindi, le forze politiche dovranno decidere se e con chi schierarsi. È questione di giorni non di settimane. Perciò si susseguono i contatti alla frontiera di mezzo. E non c’è dubbio che l’obiettivo dei centristi di ogni latitudine sia trasformarsi in un collettore per sottrarre consensi a Forza Italia. C’è più di un motivo se Marina Berlusconi era nettamente contraria alla mossa decisa dal padre insieme a Salvini. Come del resto lo erano anche Confalonieri e Gianni Letta. Dopo l’addio della Gelmini e di Brunetta, la  “presa di distanze” dal Cavaliere annunciata ieri dalla Carfagna minaccia uno smottamento che coinvolge anche la Moratti. È l’area di chi si identifica nell’agenda del premier e che potenzialmente prelude a uno scontro tra poli: “Da una parte l’area Draghi, dall’altra l’area Putin”, l’ha brutalmente declinata Renzi. Il leader di Iv – si legge ancora nel servizio del “Corriere della Sera” – ipotizza che il centro potrebbe ottenere alle elezioni “un risultato a doppia cifra”. Ma questo arcipelago di sigle è ancora diviso. E il tempo scorre. Per un verso Renzi e Calenda, verso cui naviga la Gelmini, faticano ad intendersi. Mentre dall’altra parte Toti e Carfagna hanno il problema di essere legati al centrodestra per le alleanze territoriali: il primo guida la Liguria con il sostegno di Lega e Forza Italia; la seconda — che ha una base di consensi al Sud — annovera tra i fedelissimi il neo governatore calabrese Occhiuto. Entrambi vantano ottimi rapporti con la Meloni, parlano con Renzi, con Calenda e anche con il Pd. Il “libretto rosso” che unisce i centristi è l’agenda Draghi, ma si avvicinano le urne con il Rosatellum. Magari ciò che il sistema elettorale oggi divide, la politica domani potrebbe riunire forse proprio con Draghi. In fondo – conclude Verderami – è l’eterna condanna di un’area costretta alla diaspora da quando è scomparsa la Dc».

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