COSENZA La Corte d’appello di Salerno ha emesso una sentenza di condanna nei confronti di un crotonese accusato di aver minacciato il procuratore di Paola, Pierpaolo Bruni. L’imputato è ritenuto dagli inquirenti «un esponente della ‘ndrangheta» ed è accusato del reato di minacce, poi assorbito dall’ipotesi di reato “oltraggio a un magistrato in udienza”. I giudici di secondo grado hanno condannato l’imputato a due anni e otto mesi. Secondo l’accusa, minacciò il magistrato Bruni quando era sostituto procuratore a Crotone.
Il procuratore di Paola è da tempo nel mirino dei clan e vive da anni sotto scorta. Le indagini lungo la costa tirrenica cosentina svolte negli ultimi anni – come il sistema dei “Cartelli” scoperto nell’Alto Tirreno Cosentino – raccolgono atti e documenti nei quali si ipotizzano reiterate condotte illecite volte a rafforzare gli interessi di pochi a discapito della collettività. L’azione di Bruni evidentemente infastidisce. Proprio negli atti della inchiesta condotta dai militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Cosenza e dalla Sezione Operativa della Compagnia di Scalea, coordinata dalla Procura di Paola, due indagati sarebbero stati intercettati mentre chiacchieravano del lavoro del procuratore in merito alle inchieste svolte sull’Alto Tirreno cosentino. Le captazioni conterrebbero minacce esplicite che si uniscono a quanto accaduto, alcuni mesi fa, con un detenuto coinvolto nel procedimento scaturito dall’inchiesta “Tonno Rosso”, intercettato in carcere mentre confessava al suo interlocutore la volontà di “fermare” ed “ostacolare” l’operato di Bruni.
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