VIBO VALENTIA Un gioco di dissimulazione e strumentalizzazione. Per gli inquirenti e per il gip del Tribunale di Vibo Valentia non ci sono dubbi, prendendo spunto dall’inchiesta coordinata dalla Procura di Vibo Valentia che ha portato all’arresto di cinque persone, di cui quattro ai domiciliari e una in carcere ovvero quello che è considerato il “dominus”, Francesco Barbieri. È questo uno degli spunti più importanti che hanno consentito a Guardia di Finanza e Carabinieri di Vibo di ricostruire un dedalo di aziende, nomi e fatture fittizie. Sei società sono già state dichiarate fallite dal Tribunale di Vibo Valentia, altre tre, invece, sono ancora in bonis ovvero la “Acetaria S.r.I.a.” che, tra i soci, vede la “Green Co. S.r.I.s.” con sede a Briatico con socio unico e amministratore Ivan Chindamo, nipote di Giuseppe Barbieri, sebbene per gli inquirenti il reale amministratore sarebbe Basilio Calzona. E poi la “Calabar S.r.l.”, con sede a Milano, con amministratore unico Francesco Barbieri. Dall’analisi incrociata delle visure camerali delle sei società fallite, Geosapori Srl, Cof Spa, B&F Srl, Vittoria Trasporti Srl, Sapori Mediterranei Ssa e la Ortomania Soc. Coop. Agricola, è stato rilevato che tra le varie cariche ricoperte dagli indagati, risultano prevalenti quelle assunte a diverso titolo da Francesco Barbieri, i fratelli Giuseppe e Aldo e Basilio Calzona mentre le residue cariche sociali sono, invece, attribuite a soggetti a vario titolo riconducibili al “gruppo Barbieri” per rapporti di parentela.
Per gli inquirenti, tesi confermata anche dal gip Francesca Loffredo, l’azione economica delle sei società fallite sul mercato che si occupano dell’intera filiera agroalimentare, dalla produzione alla fornitura dei prodotti ai rivenditori finali, risulta riferibile al gruppo Barbieri e non a una singola società e, in particolare, al suo dominus assoluto, da individuarsi in Francesco Barbieri. Gli inquirenti, infatti, hanno acceso i riflettori su alcune “manovre” sospette. Il fondo comune in parola, sulla base degli elementi raccolti durante l’indagine, «sarebbe il risultato di ingenti flussi di liquidità tra le sei società palesi fallite attuati attraverso numerose operazioni contabili di fatturazione e note di variazione parallele, a seconda non delle reali esigenze delle singole società ma degli scopi dell’unica super società» «con graduale detrimento – sino alla decozione totale – del patrimonio delle società palesi». Così come è emerso dalle indagini, in particolare, la pratica ricorrente era quella della generazione di debito Iva: la Ortomania fatturava a Geosapori Srl prodotti agricoli con applicazione Iva al 4%; Geosapori Srl rivendeva e fatturava gli stessi prodotti a Cof Spa applicando Iva al 22%. Ne consegue un flusso di cassa derivante dalle fatturazioni: un credito Iva di COF acquirente del 22% e un debito Iva di Geosapori Srl del 18%, «con evidente pregiudizio per la predetta, prima coinvolta in operazioni suicide assolutamente anti-economiche».
Altra pratica discutibile secondo gli inquirenti è l’operazione di inspiegabile recesso di Geosapori Srl, (il 237 dicembre 2018) dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese (R.T.I.) costituito il 24 ottobre 2017 con Cof Spa e B&F pro quota. La compagine, infatti, dal 2009 aveva ottenuto un appalto milionario dal ministero delle Politiche Agricole che, nella specie, costituiva il 70% del fatturato annuo di Geosapori Srl. Privo di giustificazione appare, dunque, l’atto di recesso di Geosapori s.r.l. dal R.T.I., peraltro, coevo alla ricezione di una cartella esattoriale di 600mila euro che ne ha fatalmente cagionato il dissesto definitivo. Per gli inquirenti si tratterebbe con ogni evidenza di «un’operazione anomala e inopportuna volta unicamente a fagocitare ed eliminare Geosapori Srl dal mercato» nell’interesse della super società di fatto che, per il tramite delle altre componenti del super gruppo, conservava ricchezza, solo diversamente distribuita.
Così come ricostruito nel corso dell’inchiesta, e riportati dal gip nell’ordinanza, Francesco Barbieri avrebbe costantemente «intrattenuto rapporti e interlocuzioni a livelli altissimi presentandosi come amministratore delle società fallite (in realtà della super società di fatto) presso il Ministero e a palesarsi ai terzi quale reale dominus del gruppo (e ad essere percepito come tale su ogni fronte), compiendo attività di dubbia liceità per il recupero della posizione del gruppo sul mercato». È in particolare il curatore fallimentare a riferire agli inquirenti della presenza costante, ad esempio, di un noto avvocato che, seppure senza alcuna necessità di un’assistenza legale, «accompagnava ai vari incontri Francesco Barbieri, Basilio Calzona ed altre persone legate ad Acetaria». Altra circostanza anomala, riportata dal gip nell’ordinanza, è quella legata ai numerosi tentatiti di Francesco Barbieri di stabilire cointeressenze con personaggi politici di spicco, anche con un noto senatore (non indagato) che Barbieri avrebbe cercato di incontrare a Roma nel periodo natalizio per consegnargli un regalo nel 2021. Senatore che riesce poi ad incontrare solo qualche giorno dopo. La rete di soggetti che Francesco Barbieri conosce o che aspira a conoscere – secondo gli inquirenti – si estende anche ad altre figure politiche e istituzionali di spicco, di cui è alla costante ricerca e che, suo avviso, potevano costituire «un significativo punto d’appoggio presente e futuro sia per nuovi progetti imprenditoriali da avviare sia per dirimere eventuali criticità occorse nella gestione delle società a lui riconducibili» così come riporta il gip. È a questo scopo che Barbieri entra in contatto con un avvocato ed ex deputato, attivo nel panorama politico vibonese. Dalle intercettazioni è emerso come questo ex deputato abbia contattato Barbieri per «suggerirgli alcuni nominativi di eminenti professionisti del panorama calabrese in grado di poterlo tutelare nel giudizio di fallimento in corso». Così come riportato dal gip nell’ordinanza «Francesco Barbieri ha tentato di ottenere dall’ex deputato «un contributo consistente in appoggi utili all’apertura di nuove linee di credito al fine di conseguire vantaggi non altrimenti ottenibili a causa della mancanza di idonei requisiti aziendali, come ad esempio la figura del vicepresidente nazionale di una banca».
A definire ulteriormente secondo gli inquirenti l’esistenza, le dinamiche e gli scopi dell’associazione a delinquere di Barbieri c’è quella che gli inquirenti hanno definito «l’operazione di riacquisizione della Cof Spa attraverso la “Acetaria”. Grazie agli accessi e alle perquisizioni della Guardia di Finanza, è emerso che i locali operativi della “Acetaria” di fatto coincidono perfettamente con quelli prima in uso alla Cof Spa, sulla base di un contratto di locazione stipulato tra le due società. Il gip ribadisce infine che «Francesco Barbieri, seppur totalmente estraneo ad “Acetaria” in quanto non titolare di alcuna quota sociale, né dipendente o consulente esterno) partecipa attivamente alle decisioni societarie e ne dirige l’agire a tutela della società stessa, riaffermando il prioritario interesse – in quanto dominus della holding di fatto – al buon andamento della società» costituita, nei fatti, come naturale continuatrice dell’attività economica sul mercato delle altre società fallite per poter acquisire un numero sempre crescente di appalti. (g.curcio@corrierecal.it)
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