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l’inchiesta

Calabresi, serbi e sudamericani. Il patto per il narcotraffico e la guerra sfiorata per un carico di coca – NOMI

Gli accordi del boss latitante Romeo. Il cugino “ostaggio” prima della conclusione dell’affare. Il sequestro e la reazione rabbiosa della ‘ndrangheta

Pubblicato il: 30/05/2023 – 12:50
di Pablo Petrasso
Calabresi, serbi e sudamericani. Il patto per il narcotraffico e la guerra sfiorata per un carico di coca – NOMI

BOLOGNA «Le mafie non si fermano di fronte a nulla. Non si sono fatte intimorire dal Covid e nemmeno le alluvioni sono riuscite a bloccarle. Mentre migliaia di volontari erano e sono impegnati nelle operazioni di soccorso, i criminali hanno continuato a contaminare il territorio tessendo la tela dei loro affari illeciti. Se da un lato nelle operazioni di soccorso alle popolazioni alluvionate abbiamo quotidianamente impiegato 4 mezzi aerei e 180 finanzieri, che hanno tratto in salvo 986 persone, all’operazione odierna hanno contribuito 160 militari con un mezzo aereo». Ivano Maccani, comandante regionale della Guardia di Finanza dell’Emilia Romagna, mette in parallelo l’operazione che ha colpito i narcos della ‘ndrangheta con lo sforzo per i soccorsi dopo l’alluvione. La contaminazione mafiosa continua, sotto traccia, a “sporcare” tutto. E macina milioni di euro anche se il capo è latitante. Mentre si nascondeva, Giuseppe Romeo era in grado di gestire centinaia di chili di droga ogni mese dei cartelli sudamericani (fra cui il Primeiro Comando da Capital brasiliano e organizzazioni criminali colombiane, peruviane, messicane e boliviane) e con alcuni altri latitanti italiani. 

Gli esperti brasiliani inviati per lavorare la droga

Una delle più proficue collaborazioni instaurata era quella con un’organizzazione brasiliana, probabilmente legata al Pcc, capeggiata da tale “GT” ed in grado di gestire la produzione e il trasporto di grandi quantità di cocaina. Il rapporto di collaborazione con l’organizzazione era talmente stretto che “GT” aveva inviato in Italia alcuni suoi uomini per coadiuvare Romeo nella lavorazione dello stupefacente: ciò in ragione del fatto che, per rendere ancor più difficile la rilevazione della sostanza in caso di eventuali controlli, la stessa veniva inviata in una forma ancora “polverosa”, “grezza”, in sacchi da 20 chilogrammi ciascuno. 

Il cugino di Romeo ostaggio dei serbi  

L’inchiesta ricostruisce un episodio ritenuto «rilevante» che risale a fine gennaio 2020, quando Romeo aveva mediato l’acquisto da ”GT” di una partita di 300 chilogrammi di cocaina che sarebbe dovuta partire dal porto di Callao, in Perù, e giungere in Belgio a un gruppo di serbi. A riprova della sua serietà, Romeo aveva inviato un suo cugino in Belgio (che sarebbe rimasto con gli acquirenti fino al buon esito della compravendita) e, pretendendo medesima garanzia dal gruppo brasiliano, al quale aveva già pagato 450mila dollari per l’uscita della droga dal porto, pretendeva di avere in Belgio il cugino di tale “Daddy”, uomo di fiducia di un soggetto chiamato “Super”, al fine di trattenerlo fintanto che la droga non fosse entrata in acque internazionali.

Il carico di cocaina sequestrato e le “dichiarazioni di guerra”

La droga, che “Super” (il nick nel sistema di comunicazioni criptato Sky Ecc) ed i suoi uomini avevano assicurato essere «già in acqua» (imbarcata su una nave e già fuori dalle acque nazionali), era stata tuttavia sequestrata al porto. La vicenda scatena il caos: Romeo, sentendosi truffato dai portuali brasiliani e col cugino in mano ai serbi, chiedeva che gli venissero immediatamente restituiti i soldi e nel contempo che gli venisse offerta la testa del responsabile. È la conclusione di quattro mesi di trattative che finiscono malissimo e vengono tradotti in una serie di messaggi «dai quali emergevano chiaramente delle “dichiarazioni di guerra” tra le varie organizzazioni e quindi, di conseguenza, la conclusione dell’allora stabile collaborazione». Con mezzo milione di euro in ballo la guerra è dietro l’angolo. 

I nomi delle persone coinvolte

In carcere:

Francesco Barbera, Rizziconi, 1970

Simone Bumbaca, Roma, 1995

Giuseppe Cardaciotto, Cinquefrondi, 1989

Giuseppe Cistaro, Crotone, 1979

Giuseppe Condello, Taurianova, 1970

Franco Cosentino, Cirò Marina, 1974

Niko Costanzo, Catanzaro, 1994

Pietro Costanzo, Catanzaro, 1992

Rosario Costanzo, Petilia Policastro, 1964

Alessio Drago, Cariati, 1993

Claudio Fava, Scandiano, 1982

Vincenzo Ferrinda, Oppido Mamertina, 1982 

Luca Frustino, Cariati, 1985

Giovanni Generoso, Guastalla, 1994

Fortunato Giorgi, San Luca, 1965

Giuseppe Giorgi, Melito di Porto Salvo, 1996

Giuseppe Giorgi, La Louvriere (Belgio), 2000

Nertil Hoxhai, Albania, 1985

Gennaro Leonetti, Cariati, 1987

Massimiliano Masi, Roma, 1981

Antonino Modafferi, Reggio Calabria, 1980

Domenico Napoli, Locri, 1986

Raffaele Oppido, Crotone, 1993

Salvatore Oppido, Crotone, 1990

Daniele Pezzella, Napoli, 1979

Francesco Procopio, Cariati, 1983

Ervin Proshka, Rrogozhine (Albania), 1991

Giuseppe Romeo, Locri, 1986

Costanzo Sanna, Sassari, 1963

Michele Saracino, Cerignola, 1991

Gabriele Scarantino, Scandiano, 1990

Reshit Seferi, Rrogozhine, 1991

Francesco Silipo, Crotone, 1988

Ankeloid Tuci, Albania, 1982

Francesco Ventura, Isola Capo Rizzuto, 1979

Arresti domiciliari:

Nunzio Carobene, Casavatore, 1978

Marco Caprioli, Leno, 1981

Cataldino Malena, Crotone, 1988 

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