LAMEZIA TERME «La Calabria è un territorio che ha delle eccellenze straordinarie. Proprio ieri, appena arrivata, ho mangiato una liquirizia eccezionale, un sapore che non sentivo da quando ero bambina». Annamaria Barrile, direttore generale di Confagricoltura nazionale, è tornata in Calabria per incontrare i dirigenti regionali dell’associazione. Un confronto necessario per parlare di sviluppo del sistema agroalimentare in un contesto territoriale piccolo e con qualche problematica, ma dai grandi contenuti e dalle enormi possibilità di crescita. «Qui – afferma Barrile al Corriere della Calabria – ci sono grandi e piccole eccellenze, penso al settore degli agrumi, per esempio, con delle criticità anche di contesto significative. Non c’è solo il contesto che si può immaginare con le difficoltà tipiche del sud, ma c’è anche una difficoltà nella logistica. Oggi i nostri imprenditori sono eroici, quando giro la Calabria o la Sicilia, mi rendo conto di quanto la logistica condizioni poi la capacità delle nostre imprese di essere competitive nella struttura dei costi. Questo è un tema, così come è un tema l’accesso al credito. Si chiede ai nostri imprenditori di produrre sempre di più e la Calabria ha un territorio che a questo si presta straordinariamente, anche con una densità abitativa molto bassa, il che aiuta ovviamente la crescita del sistema agroalimentare. Ma è del tutto evidente che per crescere nella produttività bisogna crescere nell’accesso al credito che è uno dei temi su cui battagliamo da più tempo e dobbiamo continuare a farlo perché le nostre imprese, quelle calabresi in testa, possono investire per esempio in agroenergie, visto che la natura regala molto potenziale alle regioni del sud e alla Calabria in particolare, potendo però contare sulle risorse per gli investimenti necessari».
Per fare ciò è indispensabile un lavoro di rappresentanza non semplice nel contesto europeo, con una riforma che Confagricoltura da sempre ha considerato insoddisfacente rispetto alle esigenze delle imprese italiane. «Siamo stati gli unici – evidenzia Barrile –, al momento dell’adozione della nuova Pac (Politica agricola comune, ndr), a rendere evidente il rischio che la contrazione delle risorse e anche l’aggancio di meccanismi che poco hanno a che vedere con la produttività dell’impresa, ma più hanno a che fare con temi ambientali e sociali, seppur validissimi, potesse portare delle difficoltà per le nostre aziende. A preoccuparci non è tanto soltanto la Pac che per alcuni comparti creerà oggettivamente delle difficoltà, ma è in generale il discorso sulle politiche europee che oggi guardano più alle pur condivisibilissime istanze ambientali e sociali che a quelle di produzione. Non dimentichiamoci che il rischio enorme è che si disincentivi l’attività imprenditoriale agricola, si contragga la superficie coltivata, si riduca alla capacità produttiva in un contesto invece in cui ci avviamo a dover sfamare nel 2050, 10 miliardi di persone». (redazione@corrierecal.it)
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