Ultimo aggiornamento alle 23:32
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

l’evoluzione

La mala nella Sibaritide. Dal primo locale di ‘ndrangheta al vuoto di potere

Gli spargimenti di sangue dagli anni ’80 ad oggi. Tradimenti, pentimenti e le faide, anche interne ai clan

Pubblicato il: 19/10/2023 – 16:12
di Fabio Benincasa
La mala nella Sibaritide. Dal primo locale di ‘ndrangheta al vuoto di potere

COSENZA Due casi di lupara bianca risolti a distanza di oltre 20 anni hanno riacceso i riflettori sulla ‘ndrangheta nella Sibaritide. La trappola mortale tesa ad Andrea Sacchetti, ucciso a colpi di calibro 9 (leggi qui) e il tradimento subito da Salvatore Di Cicco consegnato ai cirotani, sepolto con un escavatore (ne abbiamo parlato qui) mostrano quanto sia stata e sia radicata la presenza di cosche in una porzione importante della vasta provincia di Cosenza.

Da Cirillo a Carelli, il primo locale ‘ndranghetistico

La piana di Sibari è stata caratterizzata dall’insediamento del primo locale ‘ndranghetistico. Erano gli anni ’80 quando Giuseppe Cirillo, per tutti “don Peppe”, imprenditore originario del salernitano, si sposta a Sibari dove «con il beneplacito dei cirotani» costituisce il locale di Sibari, radunando «tutte le ‘ndrine, comprese quelle dei centri più importanti come quella di Corigliano Calabro di Santo Carelli, Rossano e Cassano allo Ionio». E’ Giuseppe Cirillo, l’uomo considerato «il fondatore del locale di ‘ndrangheta di Sibari». Come spesso accade, l’equilibrio interno ai clan viene spezzato da litigi e dissapori. Alla fine degli anni ’80, Santo Carelli entra in conflitto con Cirillo. L’astio sfocia in una guerra armata e si conclude «la retrocessione di Sibari al rango di ‘ndrina». Carelli strizza l’occhio agli “Zingari” della famiglia Abbruzzese, all’epoca legati alla cosca di Franco Pino. «Dagli anni ’90 fino gli inizi del nuovo millennio, la criminalità organizzata attiva sulla fascia jonica della provincia di Cosenza subiva importanti cambiamenti». L’operazione “Galassia“, eseguita nel 1995, rompe gli equilibri criminali. Giuseppe Cirillo, nel frattempo divenuto collaboratore di giustizia, con le confessioni rese ai magistrati contribuisce alla conclusione di una inchiesta che assesterà un duro colpo alla mala coriglianese. Poi colpita da altre importanti operazioni.

Il vuoto di potere. Gli Abbruzzese ne approfittano

Gli arresti mettono in ginocchio le cosche, l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine apre a nuovi scenari e crea un vuoto di potere. Che viene subito occupato dalle nuove leve del crimine. Sono le famiglie Abbruzzese e Forastefano ad emergere in un contesto criminale rimasto privo di padroni. Tra il 1999 ed il 2004, le due famiglie si contendono il controllo delle attività illecite nella piana di Sibari, ricorrendo spesso a spargimenti di sangue. E’ Francesco Abbruzzese, conosciuto come “Dentuzzo” ad essere riconosciuto «figura di riferimento per tutto il crimine organizzato della Sibaritide». Tra i fedelissimi, annovera Nicola Acri, alias “occhi di ghiaccio”, oggi pentito. Sono state anche le sue rivelazioni a consentire ai magistrati di ricostruire i dettagli dei due casi di lupara bianca datati 2021 e risolti lo scorso 16 ottobre al termine di lunghe indagini. Acri viene descritto come un esperto utilizzatore di armi da sparo, dotato di spiccato freddezza: un killer spietato. Dal 1998, inizia l’egemonia di “Dentuzzo” «che inizia l’opera di espansione degli Zingari, non solo mediante investimenti operativi ed economici nei settore degli stupefacenti, ma anche mediante una sequela di omicidi tesi all’eliminazione di potenziale avversari scomodi». Come quelli compiuti il 6 gennaio 1999, nel centro abitato di Lauropoli ai danni di Biagio Nucerito e Giuseppe Cristaldi o quello commesso il 10 luglio 1999, quando viene ucciso Giovanbattista Atene. Passano pochi giorni, ed 15 luglio 1999, a Cassano, rimane vittima di un agguato Giuseppe Romeo». La lunga scia di sangue non si arresta. Il 27 luglio 1999 la condanna a morte viene emessa nei confronti di Antonio Forastefano che a Marina di Sibari cade sotto i colpi di Nicola Acri. Passano gli anni, ma non si arresta la sete di potere alimentata dalle esecuzioni come quella di Giuseppe Vincenzo Fabbricatore che non si «rassegnava al fatto che gli equilibri fossero cambiati e che al centro, a discapito di Corigliano, vi era ormai Cassano allo Ionio per cui voleva restaurare il locale coriglianese». Fabbricatore è considerata una delle vittime eccellenti della cosca Abbruzzese e il suo omicidio, il 26 marzo 2002, «avviene con l’appoggio dei coriglianesi».

L’ascesa dei Forastefano

L’ascesa – dalla fine del 2002 – della famiglia Forastefano sorprende gli Abbruzzese. E’ il 3 ottobre 2002, quando Antonio Forastefano uccide Eduardo Pepe e Fioravante Abbruzzese. Fu la prima volta in cui «il potere degli zingari non sembrò più inattaccabile». L’8 giugno 2003, Antonio Forastefano assassina Nicola Abbruzzese, che aveva assunto la guida del locale. Seguiranno altri fatti di sangue, ma dopo pochi anni l’egemonia di Antonio Forastefano viene interrotta quando nel 2007, viene eseguita l’operazione “Omnia” che disarticola la cosca. Tutti vengono arrestati, soprattutto i soggetti ritenuti i più importanti esponenti. All’azione della magistratura, seguirà la fuoriuscita di alcuni esponenti decisi a collaborare con la giustizia. (redazione@corrierecal.it)

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x