CETRARO Triste constatare che nessuno è profeta in patria. Un detto evangelico assai diffuso, ma sul quale si riflette poco, o nulla. Soprattutto oggi nell’era delle immagini dove tutto dev’essere racchiuso in una bella foto o in un selfie. Se andiamo al dato evangelico come sempre abbiamo la possibilità di capire anche il nostro quotidiano. Queste parole sono state pronunciate da Gesù Cristo, dopo aver iniziato il suo ministero pubblico, aver predicato e compiuto numerosi segni, si reca nella sinagoga della sua Nazareth. Proprio qui, paradossalmente, trova incomprensione e rifiuto. Ciò che solitamente è abitudinario e si ha sempre a disposizione, viene vissuto come scontato. Si tende spesso a non riconoscere il valore delle cose che una persona dice o denuncia catalogandola in determinate categorie ben chiare nella mente di molti pseudo difensori dell’onore di una Città, che tendono a minimizzare tutto e che abbiamo in altre occasioni definito “utili idioti”. A ben vedere, però, è la storia di tutti i profeti prima e dopo di Cristo. Caratteristiche della profezia sono l’ascolto, il discernimento, metteresti dalla parte delle vittime, stare accanto al dolore, alla sofferenza, il guardare oltre, denunciare il male e contestualmente salvare l’humanitas di cui ognuno è portatore. Il grave fatto di cronaca avvenuto ieri sera a Cetraro, l’omicidio di Alessandro Cataldo, freddato con quattro colpi di pistola esplosi a breve distanza che l’hanno colpito in viso ed al petto, riportano alla mente non solo gli anni bui in cui venivano perpetrati decine di omicidi tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Ma anche al gravoso periodo attuale dove si tende a minimizzare tutto, persino l’attentato a colpi di pistola nei confronti dell’auto del maresciallo della locale stazione dei Carabinieri. «Roba da bulli», così è stato definito. Questo perché, a scapito di chi denunciava da diversi anni l’insorgere di più ‘ndrine autonome, poteva «danneggiare l’immagine della città ed avere un influsso negativo sul turismo e sull’economia della stessa». Periodo inconsistente da tutti i punti di vista e senza slancio sociale quello che da qualche anno sta vivendo la cittadina tirrenica, assolutamente incapace di riappropriarsi, attraverso una attenta ed intelligente opera di pressione sociale, degli spazi pubblici come le piazze, ad esempio, lasciate in balia di soggetti ben noti alla Forze dell’Ordine. Questi personaggi dediti al malaffare sin da ragazzi, stanno rendendo da tempo la vita difficile anche ai tanti giovani che intendono divertirsi d’estate nei vari locali della costa. Di atti di violenza, a volte anche utilizzando armi da fuoco, se ne sono registrati diversi. Per non contare le violenze e le minacce di ogni genere anche a livello familiare. Inutili sono stati i numerosi scritti, comunicati stampa, denunce anche del locale presidio di Libera, contro tutto ciò che poteva alimentare la pseudo cultura della violenza, anche un concerto che agli occhi di tanti sembrava innocuo. Invece, capacissimo di nuocere all’instabilità mentale e morale di molti, è anche una canzone che in dialetto canta le lodi dei carcerati ed inneggia frasi contro le Forze dell’Ordine. Per non parlare, poi, di una Magistratura locale, che negli ultimi anni è stata impegnata solo ed unicamente a perseguire i reati commessi da pubblici amministratori, di grande impatto mediatico certo, ma di nessun risultato raggiunto quanto a condanne. Vicini alla sofferenza inumana dei familiari della vittima, che vedono strapparsi la vita di un loro congiunto in un modo così barbaro e violento. Vorrei lanciare da questo spazio un appello a coloro che fanno della violenza il loro modus operandi: fermatevi! La violenza può solo produrre altra violenza. Fermatevi di fronte alle sofferenze di ragazzi, madri e padri. Siete ancora in tempo per non cedere alle lusinghe del denaro facile prodotto dallo spaccio di droga. Fate ancora in tempo a non ridurre la vostra vita inferiore a quella delle bestie.
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