CUTRO Volti sconvolti da una tragedia che ha segnato la storia italiana. Sguardi attoniti per quel che sembrava impossibile potesse accadere in un Paese civile. Ma soprattutto quel rosario di corpi che il mare di ora in ora – poi anche a distanza di giorni – restituiva.
Quel che avvenne nella notte più buia che la Calabria ha conosciuto nella storia recente sotto il profilo dei naufragi, rimane impresso nella memoria collettiva. Non solo di chi quel giorno a Steccato di Cutro era presente. Mancano poche ore da quella drammatica alba che ha legato per sempre un anno fa, il nome di questo angolo della costa jonica crotonese all’elenco delle stragi più gravi che hanno segnato la storia del nostro Paese.
Una strage resa ancor più triste perché legata a quei viaggi della speranza che in migliaia intraprendono lungo le tratte del Mediterraneo, per sfuggire alla fame, alla disperazione e alle guerre.
Costata la vita a gente comune e a tanti, troppi bambini: alla fine tra le vittime se ne conteranno 94 di cui 35 minori. Ma il numero esatto di quanti sono stati inghiottiti dal mare in quella drammatica notte, a cavallo tra il 25 ed il 26 febbraio del 2023 non si saprà mai. I testimoni di quell’eccidio – perché di questo si parla – raccontano che a bordo di quel malandato caiacco viaggiavano circa in 200. Stipati all’inverosimile su un’imbarcazione che non poteva e non doveva servire a trasportare in queste condizioni esseri umani. Non certamente per quelle lunghe traversate.
Ma quel che fa più male ancora oggi è che ad un anno dalla strage di innocenti a Steccato di Cutro restano tanti, troppi interrogativi su cosa sia successo esattamente in quelle ore che hanno preceduto il disastro.
Dubbi che si possono condensare in una semplice domanda: quella strage poteva essere evitata? Un drammatico interrogativo che allo stato, né le relazioni fornite in Parlamento dal ministro Matteo Piantedosi, né la frettolosa conferenza stampa post Consiglio dei Ministri svoltasi a Cutro – nel pomeriggio del 9 marzo a pochi giorni dalla tragedia – hanno fornito risposte convincenti.
Una domanda sulla quale ancora oggi la Procura di Crotone indaga per capire se nella catena di comando, che non ha portato all’attivazione dei soccorsi – nonostante la segnalazione del velivolo di Frontex che da subito aveva annotato la presenza di numerose persone a bordo del caiacco – ci siano state o meno omissioni. Dubbi che hanno portato fin dalle prime ore parenti delle vittime, ma anche cittadini a protestare chiedendo giustizia.
La stessa richiesta che, a distanza di un anno da quella drammatica vicenda, sollevano gli attivisti della “Rete 26 Febbraio”. Un’associazione nata proprio a quello scopo che sta animando, con una serie di manifestazioni, Crotone, Cutro e il suo territorio.
Rivendicano il diritto a conoscere la verità su una strage che ha sconvolto nel profondo l’anima non solo dei calabresi. Ma soprattutto che anche questa dolorosa vicenda non diventi l’ennesimo capitolo dei misteri d’Italia. (r.desanto@corrierecal.it)
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