COSENZA «Oggi parlo del Fentanyl, un antidolorifico che viene usato come droga e che, badate bene, costa un euro e al mercato nero viene rivenduta a 10, un grandissimo guadagno». Parte da questo spunto l’ultimo appuntamento di “Quarta Parete”, rubrica settimanale di Paride Leporace, in onda ogni mercoledì su L’altro Corriere Tv (canale 75). «Ieri è successa una cosa molto importante al Consiglio dei ministri – ha spiegato Leporace – ne ha parlato il sottosegretario alla presidenza del consiglio, braccio destro di Giorgia Meloni, Mantovano, un passato illustre da magistrato. Ebbene, il Fentanyl che prima ha indotto il governo a un piano di prevenzione, finalmente parliamo di prevenzione su questioni molto rilevanti perché bisogna stare molto attenti. I nostri servizi d’intelligence hanno confermato, non ci voleva molto però c’è una conferma ancora».
«La ‘ndrangheta dove ci sono guadagni molto alti ha messo gli occhi su questo business, e si appresta a riconvertire uno dei suoi principali asset economici. Voi tutti sapete che la nostra ‘ndrangheta è monopolista, quasi sicuramente tiene le mani nella borsa dei principali traffici di droga che permettono ingenti guadagni e purtroppo e non si riesce ad abbandonare». «Cosa significa per la ‘ndrangheta – si chiede Leporace – riconvertire il già ricco mercato della cocaina e dell’eroina su questa nuova droga sintetica? Che potrebbe di molto aumentare i suoi guadagni perché ormai tutti sanno che per avere un traffico globale di cocaina, significa avere anche in combutta con clan sudamericani e messicani i campi da dove estrarre la materia prima».
«Lo stesso – spiega – avviene con l’eroina, con i campi di oppio in Afghanistan. Anche lì stanno avvenendo nuove cose, però verso nuove droghe sempre della materia prima ci vuole. Qui invece c’è bisogno di materiale chimico poi trattato in laboratorio, va da sé che un’organizzazione illegale sarebbe capace in migliaia di scantinati allestire queste cucinerie, dove potrebbe nascere questa droga. Qui da noi ancora non è un’emergenza, ma già qualcuno sa che questo medicinale, già ribattezzato la “droga degli zombie” per come riduce le persone che ne fanno uso, è molto dilagante in America. In Europa c’è già qualche sacca che è stata rilevata, in Germania e qualcosina abbiamo visto anche già in Italia di un materiale che può essere occultato in dei cerotti con delle pagine di libri. La cronaca ha parlato di questa droga sulla vicenda di un cuoco di un celebre ristorante italiano in New York che è morto per overdose».
«Chi ne aveva parlato è uno che di traffici illeciti e di ‘ndrangheta conosce molto, mi riferisco a Nicola Gratteri che può essere discutibile su altre vicende ma è un vero esperto della materia e ne ha ampiamente trattato in uno dei suoi recenti libri, “Fuori dai confini”, insieme a Nicaso. C’è un porto, ci racconta Gratteri, in Messico dove arrivano decine di container dove queste sostanze sono elaborate e in Cina dei laboratori sono stati trovati in quella Wuhan dove nacque il Covid per farvi intendere». «Fate bene attenzione, questi dati si riferiscono a un cartello messicano da anni in alleanza in affari con la ‘ndrangheta calabrese, quindi le dinamiche che vengono dai servizi segreti italiani sono più che probabili». «C’è un dark web, altro elemento spesso citato da Gratteri, che favorisce la diffusione. Ottimo il governo con questo piano di prevenzione che deve impegnare tutte le agenzie sociali, a partire noi della stampa e del giornalismo, per questo ne parliamo, a fare attenzione, vigilanza a infondere, ora che il momento è quello giusto, prima che questa droga dilaghi. C’è bisogno di molta sensibilizzazione in altre agenzie sociali, penso agli ambienti sanitari dove questa droga che è un antidolorifico già potrebbe essere oggetto di furti oppure di qualcuno che pensa bene di arricchire il suo vivere sociale ed economico facendo questione illegale».
«C’è solo una questione che non mi è piaciuta del governo – ha spiegato ancora Leporace – ovvero ieri il sottosegretario Mantovano, illustrando il piano, ha fatto riferimento anche alla trap e al rap, chiamando chi la canta come cattivi maestri e diffusori di questa droga. Ebbene, queste sottoculture, controculture musicali, riguardano molti giovani che non sono tutti uguali e non tutti gli artisti sono uguali. È un mondo complesso dove sicuramente c’è chi dice parole fuori le righe e propugna concetti non molto onorevoli, ma c’è anche una trap che sa ragionare a partire dai suoi cantanti che invece andrebbe utilizzata proprio per dare un messaggio positivo e di attenzione perché solo repressione e chiamare cattivi maestri tutta la trap può creare grandi confusioni». «È il caso di vigilare, di intervenire e di prevenire perché sicuramente di tutto abbiamo bisogno, ma non di questa nuova porcheria che può arrivare dai confini del mondo». (redazione@corrierecal.it)
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