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Biden o l’intelligenza artificiale? Il dilemma della sinistra mondiale

Pensare all’intelligenza artificiale come soluzione alla crisi della politica, che sarebbe incorrompibile e coerente

Pubblicato il: 02/07/2024 – 11:44
di Francesco Bevilacqua
Biden o l’intelligenza artificiale? Il dilemma della sinistra mondiale


A sinistra sono in molti a domandarselo, dopo l’epico duello televisivo fra “il delinquente” (Trump) e “il deficiente” (Biden), come li ha definiti l’ineffabile Rampini, senza che alcuno lo accusasse di lesa maestà: come candidato presidente della più famosa democrazia del mondo, a questo punto, non sarebbe più indicata una qualche forma di intelligenza artificiale? Visto che un paese di 330 milioni di abitanti non riesce ad esprimere altri, per guidarlo (e pretendere di guidare mezzo mondo), che i due suddetti. Del resto, i media si affannano da mesi – la sinistra progressista in testa – ad avvisarci che non c’è futuro senza intelligenza artificiale. Un’innovazione tecnologica da applicarsi indistintamente a tutti i campi del pensiero e della prassi. Una garanzia di successo, insomma, l’AI. Per chiunque: scienziati, imprenditori, economisti, filosofi, perfino artisti, poeti e romanzieri. E allora perché non pensare anche all’AI come panacea per la crisi della politica? Un’intelligenza artificiale sarebbe incorrompibile, rimarrebbe coerente con il programma elettorale, saprebbe quali sono le scelte giuste da fare. E, ovviamente, non cadrebbe dalle scale dell’aereo, non perderebbe la memoria, non pronuncerebbe frasi senza senso. E questo varrebbe non solo per il povero Biden. Ma anche per Scholz, ad esempio. O, se vogliamo annettere alla sinistra anche un po’ di alleati centristi, anche per Macron (alle prese con l’avanzata dell’ultra destra della Le Pen) e la von der Leyen (intenta alle alleanze utili a farla tornare alla guida della Commissione UE). Tutta gente che si dice di sinistra o che piace alla sinistra e che sta colando a picco nei consensi elettorali. Travolta ovunque da un’ondata conservatrice, sovranista, populista.
Ma torniamo per un attimo indietro. In un articolo del 9 novembre 2020 sul Corriere della Calabria (https://www.corrieredellacalabria.it/2020/11/09/trump-cotticelli-il-virus-erasmo-da-rotterdam/) provai a dire che Joe Biden era stato eletto presidente solo perché più gradito all’establishment americano e non certo perché avesse autentiche idee di sinistra. L’articolo suscitò l’ira funesta di una lettrice (giornalista anche lei), che mi accusò di diffamare un campione di ineguagliata fede progressista. La sola parola “establishment” provocava l’orticaria alla lettrice. In realtà, con quel termine mi riferivo ai poteri forti finanziari che dominano una “democratura” (il neologismo non è mio ma di Eduardo Galeano e Predrag Matvejević) come quella americana: multinazionali del cibo, dei farmaci, delle armi, dell’energia, delle telecomunicazioni, che con un clic sul pc possono far fallire una nazione.

intelligenza artificiale

Eppure, di Biden già si conoscevano le gesta. Come vice di Obama, infatti, aveva intessuto relazioni pericolose di vario tipo, a sinistra come a destra. Poi vennero le accuse rivolte a Biden di aver ricevuto fondi esteri (Ucraina, Romania, Kazakhistan e Cina) per decine di milioni di dollari. “Il dossier ucraino – scriveva La Stampa in un articolo del 31 luglio 2023 – è nutrito e complesso”. Il servizio della Stampa (ma ne scrissero anche altri giornali) parte dal 2015 (erano gli anni in cui gli USA destabilizzarono l’Ucraina per portarla nell’orbita occidentale, causando, di fatto, l’attuale guerra con la Russia). Si racconta delle eroiche gesta del figlio di Biden (Hunter) – lo stesso che è oggi accusato di vari reati negli USA – con Burisma, una società energetica ucraina, e di pressioni che proprio Joe Biden avrebbe fatto al presidente ucraino dell’epoca, Poroshenko, per sbloccare un aiuto di un miliardo di dollari dal Fondo Monetario Internazionale in cambio della rimozione del procuratore Shokin, che stava indagando sugli affari sporchi di Burisma.
E che dire di Scholz, Macron e von del Leyen? Sono davvero così progressisti, così illibati, così sinceramente di sinistra (o di centro sinistra) da rendere incomprensibili i successi elettorali delle destre europee? Non sarà che, in mancanza di supporto da parte di una qualche forma di intelligenza artificiale (visto che le loro menti paiono disconnesse), non siano proprio loro, le loro politiche anti-sociali, iper-liberiste, guerrafondaie, ad aver provocato il risentimento degli elettori di sinistra?
Intanto, sulla sua pagina di Istagram, un altro inossidabile campione della sinistra autolesionista (al di là dei suoi meriti scientifici), Massimo Recalcati, posta il volto inebetito di Biden e si domanda “È così difficile fare un passo indietro?” Lo psicoanalista però, senza divenire egli stesso dietrologo o complottista, dovrebbe avere gli strumenti culturali appropriati per capire che le domande giuste da porsi, forse sono altre: “Perché Biden non fa un passo indietro? Chi lo trattiene? Perché è così difficile, per i tanti politici che in Occidente si preoccupano dell’avanzata delle destre, fare, quando sono al governo, veramente qualcosa di sinistra?”

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