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l’intervista del Corriere della calabria

Musolino: «L’Italia soffre da trent’anni dei rapporti tra politica e magistratura»

Il segretario di Magistratura democratica: «Inutile la separazione delle carriere». Emergenza carceri? «L’amnistia è una possibile soluzione»

Pubblicato il: 27/07/2024 – 8:53
Musolino: «L’Italia soffre da trent’anni dei rapporti tra politica e magistratura»

LAMEZIA TERME «L’Italia è un paese che da trent’anni soffre dei rapporti tra politica e magistratura. Non mi pare che la separazione delle carriere possa essere in alcun modo la soluzione di questo problema. Il problema dipende prima di tutto dalla debolezza della politica». Schietto e diretto, il segretario di Magistratura democratica, Stefano Musolino –  procuratore aggiunto di Reggio Calabria – partecipa a Lamezia Terme ad un evento organizzato dal Pd: tema del dibattito la “separazione delle carriere, terzietà del giudice e indipendenza del pubblico ministero”. «Non posso parlare di indagini che riguardano direttamente il mio ufficio, Reggio Calabria – aggiunge il magistrato al Corriere della Calabria – ma parlo per esempio di quelle di Genova. Per stabilire se Toti sia un governatore regionale adeguato o no a reggere il suo incarico, alla luce dei rapporti che aveva con alcuni imprenditori dai quali riceveva dei vantaggi, non è necessario attendere l’esito del processo penale».

L’etica politica

Il “caso” Toti ha riacceso il dibattito sul rapporto tra magistratura e politica, spingendo il ministro della difesa Guido Crosetto a parlare di “magistratura politicizzata”. Musolino rivolge un messaggio alla politica che «deve recuperare una sua etica, una sua capacità di giudizio che prescinde completamente dal processo. Magari in un procedimento determinate condotte possono risultare non rilevanti da un punto di vista penale però dovrebbero avere un significato politico». Il riferimento è alla possibilità di rinunciare agli incarichi? «Non vuol dire che per esempio il Presidente della Regione o altri amministratori coinvolti in processi e procedimenti penali debbano dimettersi, ma bisognerebbe assumersi il coraggio e la responsabilità della scelta di rimanere al proprio posto. Questo semplificherebbe molto i rapporti tra politica e magistratura».

«La vergogna delle carceri»

Il numero dei suicidi in costante aumento, gli organici della penitenziaria ridotti all’osso, aggressioni e proteste. Le carceri italiane sono una polveriera. «Ci si occupa spesso di chi amministra la giustizia e poco forse dei clienti della giustizia», sottolinea il magistrato al Corriere della Calabria. «In queste settimane, si discute delle carceri che rappresentano una delle vergogne italiane. Noi siamo consapevoli di questa vergogna, siamo arrivati probabilmente ad un punto di non ritorno perché il sovraffollamento è ritornato in misura superiore a quelli che avevano giustificato la sentenza “Torreggiani” della Corte Cedu che ci aveva condannato proprio per il trattamento inumano che si viveva nelle nostre carceri». Come sottolinea Musolino, «i suicidi non soltanto riguardano la popolazione detenuta ma anche la polizia penitenziaria e questo ci porta a parlare di sopravvivenza all’interno delle carceri più che di una pena dignitosa e rispettosa dei diritti della persona umana». «E’ un dramma rispetto al quale noi riteniamo – benché non ci piaccia questa soluzione – che l’amnistia sia una soluzione per fronteggiare un’emergenza che nessuno vuole vedere. Non si può fare finta che non stia succedendo niente».

La paura e il consenso

C’è una sorta di meccanismo che lega la paura al consenso e che spinge ad inasprire le pene. «Abbiamo assistito ad una proliferazione di reati, agli aumenti esponenziali di pene, una logica del diritto penale che un po’ forse ha fatto il suo tempo. Purtroppo viviamo in una società nella quale la paura diventa un fattore di aggregazione del consenso elettorale e perciò attraverso la paura, da una parte si alimenta questo consenso elettorale e dall’altra parte si individuano norme penali per anestetizzarlo». Musolino suggerisce un esempio «che non riguarda questo governo». «Ogni qualvolta vi era una morte per un incidente stradale si riempivano pagine di giornali, tutto questo ha alimentato questa paura fino a quando non ci siamo inventati il reato di omicidio stradale con un clamoroso aggravamento di pena, il che significa che una morte straziante per la persona offesa e per i parenti e che può essere determinata dall’incuria per la cattiva gestione di una buca stradale, determina pene clamorose con l’individuazione di un nuovo reato». Tornando all’attualità, «possiamo riferirci al reato da “Rave”, il reato da assembramento e tutta un’altra serie di aumenti delle pene funzionali sostanzialmente ad anestetizzare le paure sociali».

La riduzione dei poteri del Csm

Stefano Musolino si sofferma sugli interventi destinati alla magistratura. «Stiamo andando sempre di più verso una legislazione penale di tipo classista e per chiudere il cerchio si interviene sull’ordinamento giudiziario, con la separazione delle carriere, con la riduzione dei poteri e dell’autorevolezza del Consiglio Superiore della Magistratura per ridurre la capacità della Magistratura di offrire una giurisdizione di garanzia dei diritti dei più deboli».

L’addio dei procuratori

Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, nella chiosa, sollecita l’immediata nomina dei procuratori nelle sede rimaste vacanti. «La procura di Catanzaro è già sede vacante anche se Vincenzo Capomolla è un magistrato bravissimo e sta facendo cose egregie, a breve anche Reggio Calabria vedrà andar via il procuratore Bombardieri. A Cosenza ha da poco esaurito il suo ruolo, l’ex procuratore Mario Spagnolo. Prima che arrivi la separazione delle carriere ci si occupi dei magistrati in servizio. Ha una logica, una vacatio così prolungata nel tempo in una regione dove le procure rappresentano un riferimento per i cittadini? I tempi di definizione del Csm purtroppo sono molto lunghi».
(redazione@corrierecal.it)

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