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L’abbraccio tra don Mimmo Battaglia e la Calabria: «Qui trovo la bellezza della mia vocazione»

Il neo cardinale a Soverato. Il messaggio prendendo spunto dalla dura realtà di Napoli: «Da soli non andiamo da nessuna parte»

Pubblicato il: 12/11/2024 – 12:21
di Antonio Cantisani
L’abbraccio tra don Mimmo Battaglia e la Calabria: «Qui trovo la bellezza della mia vocazione»

SOVERATO L’abbraccio è oceanico, come sempre, e soprattutto spontaneo, come sempre quando scende a casa. Nella sua prima uscita pubblica in Calabria dopo la nomina a cardinale (riceverà la berretta il 7 dicembre), don Mimmo Battaglia, attualmente arcivescovo di Napoli, riceve il calore della sua gente, a Soverato, a pochi passi dal paese natale, Satriano, dal quale ha preso le mosse la straordinaria parabola di un pastore che ha fatto della fede incarnata nell’amore, anzitutto degli ultimi, la cifra della propria vocazione, quella che ha affascinato anche Papa Francesco. A margine di un incontro in ricordo di Mamma Natuzza a Soverato don Mimmo Battaglia si confida – «chiamatemi sempre don Mimmo, mi raccomando», precisa subito – e confida: «Questa terra è la mia terra, è la mia gente», ogni volta che ha bisogno di incontrare la Calabria «è il volto di Cristo che continuamente mi dice: “coraggio, alzati, vai avanti, ti chiamo”».

«Ho bisogno di stare sulla strada»

Dice, don Mimmo Battaglia, che nulla cambierà con la sua nomina a cardinale: «Prego perché possa essere così, perché c’è il senso dell’umanità e della bellezza di questa chiamata, perché non è assolutamente un privilegio ma è una responsabilità. Una responsabilità che ti porta sempre di più ad amare il Signore, a metterti alla Sua sequela, sul passo degli ultimi, a essere capace davvero di servire e di amare anche la Chiesa».  La notizia della nomina – prosegue – «è stata una sorpresa, non me l’aspettavo, sono emozionatissimo. Quello che ho fatto, nel momento in cui sono venuto a conoscenza di questa nomina, è stato di mettermi in ginocchio davanti al Signore, al Crocifisso di San Damiano per la precisione, e stringermi il più possibile a Lui ed affidarmi totalmente a Lui perché sia Lui davvero a guidarmi». Resterà sempre il pastore degli ultimi: «Non mi manca questo mondo perché – prosegue don Mimmo Battaglia – quello che sono oggi lo devo a questo mondo e io ho bisogno di stare dentro a questo mondo, cioè accanto a questa gente ogni giorno. Io ho bisogno di uscire, di stare sulla strada, di andare incontro ai poveri, ai fratelli che vivono difficoltà, per una mia conversione, per non perdere mai di vista il senso di quella che è la mia vocazione e la mia strada. Non mi manca. Quello che sono lo devo a loro e ogni giorno ho bisogno di loro».

L’abbraccio con la gente di Calabria

Un pensiero per i tanti amici che a Soverato sono venuti a salutarlo e ad avvolgerlo con un abbraccio infinito: «Ringrazio il Signore di questo perché anche questo è un dono. Questa terra – spiega don Mimmo Battaglia –  è la mia terra, è la mia gente, qui mi sono formato, qui il Signore mi ha parlato, qui il Signore mi ha chiesto di seguirlo. Tutti questi amici sono tutti coloro che mi hanno aiutato a cogliere sempre di più la bellezza della mia vocazione, e ognuno di loro li vedo ogni giorno. E ogni volta che ho bisogno di incontrarli è il volto di Cristo che continuamente mi dice: “coraggio, alzati, vai avanti, ti chiamo”».

Napoli e non solo

Un pensiero a Napoli, alle sue durezze, come rivela anche tristemente l’attualità, un pensiero e un messaggio che però vale per tutti e dappertutto: «Bisogna continuare ad andare avanti assolutamente, non bisogna minimamente rassegnarsi. E’ una realtà difficile: tantissimi ragazzi sono in difficoltà. In un ultimo incontro che ho fatto con loro – ricorda don Mimmo Battaglia – ho detto che noi non possiamo mai voltarci dall’altra parte. Dobbiamo avere il coraggio di saper intercettare i ragazzi, intercettare soprattutto la loro voglia di vivere. Perché cambiare è possibile, ma questi ragazzi non possono farlo da soli, hanno bisogno di punti di riferimento e noi dobbiamo esserci, con i nostri limiti, con le nostre contraddizioni, con le nostre fatiche, ma soprattutto con il nostro esserci. Perché più siamo autentici, più abbiamo davvero la possibilità di metterci accanto a loro e camminare con loro. Ed è di questo che i ragazzi hanno bisogno. Da soli non possiamo farcela, nessuno. Abbiamo bisogno di costruire quella rete che è essenziale in questo percorso e mettere sempre davanti la logica del noi. E’ solo il noi che ci salva, da soli non andiamo da nessuna parte». (a.cantisani@corrierecal.it)

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