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la ricostruzione

Le finte dimissioni, il tesserino con il logo della clinica e la notte in hotel: il piano di Rosa Vespa

Un «falso allarme dovuto al ritardo nel ciclo mestruale». L’indagata decide di approfittare della situazione per simulare una gravidanza

Pubblicato il: 27/01/2025 – 11:54
di Fabio Benincasa
Le finte dimissioni, il tesserino con il logo della clinica e la notte in hotel: il piano di Rosa Vespa

COSENZA I tempi stretti, una bugia da coprire, la necessità di prendere una bimba e fuggire via sperando di passare inosservata. Sono stati minuti evidentemente difficili quelli che hanno scandito il tentato rapimento di Sofia Cavoto, neonata cosentina portata via dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza lo scorso 21 gennaio. Rosa Vespa e suo marito Omogo Chiediebere Moses sono stati arrestati tre ore dopo il tentato rapimento, il cittadino nigeriano è tornato libero all’esito dell’udienza di convalida: la sua estraneità alla vicenda è stata confermata dal pm Antonio Bruno Tridico e dalla gip Claudia Pingitore.

L’allarme e la fuga

E’ la nonna materna della piccola, intorno alle 18 del 21 gennaio a dare l’allarme. Una donna aveva fatto ingresso nella stanza di degenza della figlia e della nipote e, con il pretesto di dover procedere al cambio del pannolino della neonata, ha prelevato Sofia dalla culletta, affermando che l’avrebbe condotta al piano superiore, nell’isola prenatale. Stesso racconto fornirà Federico Cavoto, padre della minore. La visione dei filmati dell’impianto di videosorveglianza esterno della clinica e della vicina pasticceria ha consentito agli uomini ed alle donne della polizia in servizio nella Questura di Cosenza di cristallizzare l’esatto momento del rapimento. I due dopo aver caricato la carrozzina «sul sedile posteriore di una Alfa Romeo 147 di colore grigio, partendo poi in direzione piazza Zumbini». Identificati, gli investigatori hanno immediatamente indirizzato le ricerche a Castrolibero, luogo di residenza di Moses e Vespa.



Il blitz della Polizia e il finto foglio di dimissioni

Come raccontato – ai nostri microfoni – dal commissario di polizia Claudio Sole, gli agenti sono giunti davanti l’abitazione dei fuggitivi e al primo piano, «notavano un fiocco nascita di colore azzurro appeso alla porta di un appartamento». Ad aprire la porta è stata Marina Vespa, che insieme al marito Andrea Fiorentino hanno immediatamente compreso quanto stesse accadendo. «Vi stavamo aspettando».
La successiva perquisizione dell’abitazione ha permesso il rinvenimento della culletta dove era stata adagiata la piccola Sofia e «nella stessa stanza erano presenti Vespa e Moses che indossavano gli stessi abiti e con i quali venivano ripresi dai filmati di videosorveglianza». Nel corso della perquisizione domiciliare sono stati rinvenuti «un tesserino di riconoscimento recante il logo degli ospedali riuniti “I Greco”» (gruppo proprietario della clinica Sacro Cuore) e «un foglio A4 recante la dicitura “oggi 25/01/2025 alle ore 17.30 il paziente Omogo Anseimo viene dimesso perché negativo al Covid. Con la presente si ricorda visita pediatrica giorno 04/02/2024 ore 16.00 presso Sacro Cuore (I Greco Cosenza)”», recante in calce una firma incomprensibile.

I giorni precedenti al rapimento

Gli investigatori hanno concentrato l’attenzione sui giorni precedenti al tentato rapimento con l’intento di ricostruirei movimenti di Rosa Vespa. La stessa donna, condotta in Questura subito dopo il blitz, ha rilasciato spontanee dichiarazioni, fornendo una ricostruzione dell’intera vicenda. Ad un «falso allarme dovuto al ritardo nel ciclo mestruale», la donna avrebbe deciso di approfittare della situazione per simulare una gravidanza riuscendo a convincere anche il compagno, oltre che parenti ed amici. La robusta corporatura della donna avrebbe consentito di perpetrare la simulazione anche nei mesi successivi. «Vespa si faceva accompagnare dal marito o dalla madre presso la clinica “Sacro Cuore”, per quattro o cinque volte al fine, a suo dire, di sottoporsi ai controlli medici di routine, comunicando poi ai familiari di essere in attesa di un maschietto ed indicando 1’8 gennaio 2025 quale data presunta del parto». Agli accompagnatori la donna chiedeva di attendere fuori dalla clinica. «L’8 gennaio 2025 la Vespa entrava in clinica, dove era stata accompagnata dalla madre».
Dopo aver costruito una perfetta messa in scena, la donna scarica «dalla rete le foto di un bambino appena nato che inviava al marito ed ai suoi familiari, ai quali diceva, che sia lei che il bambino avevano contratto il Covid e che pertanto, i sanitari non le consentivano di ricevere visite». In realtà Rosa Vespa, non si recherà in clinica, ma trascorrerà la notte all’hotel Royal di Cosenza, dove resterà anche il mattino seguente. Per rendere ancora più credibile il racconto, la donna si reca in clinica il 19 gennaio 2025, «confermando ancora la necessità di un prolungamento della degenza del neonato».

«Non sapevo cosa fare e che decisioni prendere»

Si arriva al 21 gennaio 2025, il giorno del tentato rapimento. Vespa chiede al marito di raggiungere insieme la clinica per portare a casa il bambino «che sarebbe stato dimesso in giornata, mentre a casa sua madre stava preparando una piccola festa di benvenuto per il nipotino». Nel descrivere l’ingresso in clinica, la donna offre un ricordo confuso. «Non ricordo bene ma penso di essere entrata in uno stato confusionale. Non sapevo cosa fare e che decisioni prendere. So per certo di non essermi recata in clinica con l’intento di sottrarre un bimbo alla propria madre». Un giro per le stanze della clinica e Vespa è «attratta da un neonato che era in culla, mi presentavo come puericultrice ai presenti riferendo che dovevo lavarlo. Dopo averlo preso con la massima cautela mi portavo nei corridoi e, a mia insaputa, mi ritrovavo davanti mio marito con la predetta navetta…». La presenza della Vespa all’interno della clinica Sacro Cuore, è registrata alle 17. Dieci minuti più tardi «la telecamera riprendeva la donna dirigersi verso l’ingresso della struttura, per poi accedere all’interno di un ufficio posto alla sua destra, all’interno del quale si fermava per pochi secondi e dal quale usciva inserendo qualcosa all’interno dello zaino». Successivamente, dopo aver utilizzato il telefono cellulare, «si incamminava verso i reparti posti al piano superiore, per poi scendere nuovamente al piano terra alle ore 17.31 circa, dove rimaneva sino alle 17.34, allorquando decideva nuovamente di accedere ai piani superiori». Alle 17.45 la telecamera riprendeva l’ingresso, all’interno della struttura, di Omogo Chiediebere Moses: resterà seduto nella hall di ingresso fino alle 18, ma «dopo aver ricevuto una telefonata usciva dalla clinica, per farvi rientro poi alle ore 18.09 circa con una navetta per il trasporto neonati, che posizionava sui sedili posti all’interno della clinica, di fronte all’ingresso». Dopo circa 14 minuti, Vespa scende dal reparto del piano superiore con uno zaino, che lascia al compagno, per poi allontanarsi nuovamente verso il piano superiore. Sono le 18.43, l’indagata «raggiunge il compagno all’ingresso della clinica portando in braccio la piccola Sofia avvolta nel suo giubbino e, dopo aver ignorato l’invito ad adagiare la neonata nella navetta, si avvia in tutta fretta verso l’uscita laterale, seguita dal marito». E’ l’inizio dell’incubo della famiglia Cavoto. (f.benincasa@corrierecal.it)

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