VIBO VALENTIA «Mi sembra che Raffaele e Domenico Cugliari siano stati anche loro “rimpiazzati”. Per quanto riguarda Paolo Petrolo, invece, non posso dire che questo facesse parte dell’associazione, ma di certo era a completa disposizione di Domenico Bonavota con il quale aveva anche un’attività di rivendita di cereali e lo accompagnava ovunque, faceva sempre “avanti e dietro” con lui, ma almeno fino al 2016 non la vedevo come un vero e proprio esponente del nostro gruppo». Continua a fare nomi e cognomi nei suoi racconti il collaboratore di giustizia, Francesco Fortuna (cl. ’80) di Tropea, davanti ai pm della Distrettuale antimafia di Catanzaro, i cui verbali sono stati acquisiti nell’appello del processo “Rinascita-Scott”.
Davanti agli inquirenti, Fortuna ha ricostruito – tra le tante cose – anche quello che era l’assetto criminale per la gestione del territorio Pizzo Calabro, centro delle provincia vibonese. «Non c’erano persone deputate al controllo» ha detto «ma conosco Salvatore Mazzotta anche se non mi risulta che questo avesse particolari prerogative in ambito criminale su quell’area». «So che tutti i lavori da farsi su quell’area venivano gestiti o da noi di Sant’Onofrio o dai Mancuso di Limbadi o dagli Anello di Filadelfia». Anche perché, spiega ancora Fortuna «faccio anche difficoltà a credere che Rocco Anello si rivolgesse a Salvatore Mazzotta per vicende criminali (…) non fosse altro perché la sorella di Mazzotta ha sposato uno di figli di Damiano Vallelunga con il quale Rocco Anello era entrato in contrasto».
«Dopo la mia scarcerazione del novembre 2010, non mi sono più mosso da Sant’Onofrio e quindi non avevo conoscenza diretta di quello che avveniva sul territorio di Pizzo» ma, ha spiegato ancora il pentito «la mia conoscenza, in riferimento al territorio di Pizzo, è data dal fatto che ho vissuto personalmente le dinamiche legate alla gestione dei proventi estorsivi derivanti dagli appalti». E spiega: «Rocco Anello ha sempre avuto influenza sul territorio di Pizzo e noi dei Bonavota siamo entrati nella stessa area a seguito della sua scarcerazione. Specifico anche che, durante la sua carcerazione, si erano allargati molto anche i Fiumara ma poi si sono ridimensionati una volta che Rocco Anello venne scarcerato, tornando ad occuparsi direttamente della gestione dei propri territori».
Nel corso delle sue dichiarazioni ai pm della Dda di Catanzaro, l’ex braccio armato dei Bonavota ha parlato anche degli accordi spartitori tra gli Anello e i Mancuso di Limbadi. «I apporti noi li avevamo soprattutto con Pantaleone Scarpuni, quantomeno fino al suo arresto». E Fortuna svelta un dettaglio interessante sui rapporti tra le consorterie. «Inizialmente erano buoni e sono rimasti tali finché non sono state rese note le risultanze del procedimento “Gringia” e, in particolare, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia secondo le quali “Scarpuni” avrebbe volto la morte dei Bonavota».
«So da Mimmo Bonavota – ha chiarito ancora il pentito – che Luigi Mancuso gli aveva mandato una ‘mbasciata dicendogli di non credere a quanto emerso, in quanto sicuramente si trattava di menzogne e non c’era alcun motivo di scontro tra i nostri gruppi». Il pentito si dice sicuro, poi, che almeno fino al 2007 «non c’era stato alcun motivo di scontro armato tra noi e i Mancuso e che i rapporti tra i nostri gruppi erano sereni: quello che era nostro andava a noi e quello che era dei Mancuso andava ai Mancuso». Anche se poi Fortuna precisa: «È vero che nel periodo che stiamo considerando i Bonavota si era alleata con cosche che avevano problemi con i Mancuso come Mantella, gli Emanuele ma la cosca Bonavota non ha mai avuto alcun un interesse a contrapporsi ai Mancuso». (g.curcio@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x