TORINO Pioggia di annullamenti in Cassazione per gli imputati nel processo “Carminius” nato dall’omonima inchiesta che, nel 2019, aveva portato al blitz eseguito della Guardia di Finanza e del Ros dei Carabinieri in Piemonte. Gli ermellini della sesta sezione hanno rivisto al ribasso solo la condanna di Salvatore Arone per il quale è stata annullata la sentenza solo per due capi di imputazione, infliggendogli comunque 16 anni di carcere (17 in appello). Quel Salvatore Arone che, secondo il pentito Andrea Mantella, a Carmagnola «è rispettato come un santo o Padre Pio».
Tra gli accusatori del clan c’era anche Andrea Mantella. Era stato il pentito a spiegare che «a Carmagnola come in Calabria si facevano le stesse cose e che la famiglia Arone e il clan Bonavota di Sant’Onofrio sono la stessa cosa: stessa fazione, stessa potenza. E guarda caso in questo paese ci sono tradizioni della Calabria, compresa la tradizionale “Affruntata”». E questo perché «i Bonavota sono a Carmagnola e quindi si fa, i Bonavota sono a Toronto e si fa. Guarda caso». All’epoca gli inquirenti erano certi di aver ricostruito quello che era il “controllo capillare” su un territorio che dal Comune di Carmagnola, nel Torinese, si estendeva anche altrove. Dalle indagini era emersa anche l’esistenza di un sodalizio “allargato”, composto da cosche della ‘ndrangheta – in particolare un ramo dei Bonavota di Sant’Onofrio – operative fra la bassa provincia di Torino e l’alto Cuneese che avevano stretto un patto di alleanza con uomini di Cosa nostra siciliana, attivi a Carmagnola.
La Cassazione ha poi annullato senza rinvio la sentenza di condanna emessa nei confronti di Alessandro Longo, Mario Burlò (per lui revocate anche le confische), Ivan Corvino e Carlo Bellis. La Cassazione annulla la sentenza impugnata nei confronti di Antonino Buono per una serie di capi di imputazione, così come per Nicola De Fina, Enza Colavito, Carlo De Bellis e Roberto Rosso in relazione al reato di cui al capo R1, e rinvia per nuovo giudizio su tutti i predetti capi ad altra sezione della Corte di appello di Torino.
Rigetta nel resto il ricorso di Antonino Buono e Francesco Arone, condannati al pagamento delle spese processuali. Inammissibili, invece, i ricorsi di Raffaele Arone, Antonino Defina, Angiolino Petullà e Francesco Santaguida, condannandoli al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Inammissibile anche il ricorso della PG nei confronti di Antonio Pilutzu.
Insomma, processo in larga parte “ribaltato” in Cassazione rispetto a quanto visto in appello che, al contrario, aveva visto una raffica di condanne confermando, di fatto, l’impianto accusatorio della Dda di Torino che aveva retto già in primo grado. Tra le sentenze annullate c’è anche quella dell’ex politico ed esponente di Fratelli d’Italia, Roberto Rosso, condannato invece in appello a 4 anni e 4 mesi.
E poi c’è il “re dei videopoker” di Carmagnola, Antonio Buono, assolto in primo grado e condannato in appello a 13 anni e 6 mesi. Tra gli imputati c’è Antonino Defina, considerato «affiliato e colletto bianco», nonché un imprenditore attivo su più fronti: dal mercato delle auto agli investimenti immobiliari il cui appello in Cassazione è stato ritenuto inammissibile, confermando perciò la condanna a 12 anni e 6 mesi. (g.curcio@corrierecal.it)
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