Da Sant’Onofrio a Carmagnola, l’ascesa di Salvatore Arone «rispettato come Padre Pio»
Condannato in Cassazione a 16 anni di carcere, viene descritto come «capo ‘ndrangheta» della ‘ndrina piemontese ma legata ai Bonavota

CARMAGNOLA Nelle dichiarazioni dei pentiti viene descritto come «una leggenda», un uomo «considerato come Padre Pio» per il rispetto e timore che i sodali provavano nei suoi confronti. Un soggetto di primo piano temuto e rispettato all’interno della ‘ndrangheta, posizionato dai pentiti al vertice del sodalizio criminale che operava in Piemonte. Invece, la carriera criminale di Salvatore Arone, originario di Sant’Onofrio, si è fermata con la sentenza, giunta ieri, della Corte di Cassazione, che lo ha condannato a 16 anni di carcere, uno in meno di quanto avevano stabilito i giudici d’appello. Gli ermellini, nella sentenza scaturita dal processo Carminius, hanno di fatto certificato la presenza della ‘ndrangheta a Carmagnola, in Piemonte, come filiale distaccata del clan Bonavota di Sant’Onofrio, nella quale avrebbe rivestito un ruolo apicale proprio Arone. Quest’ultimo è stato condannato per associazione mafiosa, ma assolto perché il fatto non sussiste da due capi inerenti a presunte intestazioni fittizie.
«Erano devoti come fosse un santo»
«Salvatore Arone è espressione diretta dei Bonavota. Salvatore Arona è…. come se si fondono 2 ceri che si mettono assieme, è la stessa cosa dei Bonavota, è lo stesso clan». È il boss di Vibo, divenuto collaboratore di giustizia, Andrea Mantella a tracciarne il profilo, indicando la ‘ndrina di Carmagnola come sodalizio legato ai Bonavota e riconosciuto dalla ‘ndrangheta di San Luca. Secondo Mantella, l’ascesa criminale di Arone sarebbe partita proprio da Sant’Onofrio insieme a Domenico Cugliari alias Micu i Mela e i fratelli Bonavota che, una volta preso il posto del padre, avrebbero deciso di «creare una compagine ‘ndranghetista facente capo al clan Bonavota in Piemonte e una in Canada». Mantella riconosce Arone come «il capo ‘ndrangheta» a Carmagnola, rispettato e temuto dai suoi stessi sodali quasi come fosse «Padre Pio» o un vero e proprio santo. «Erano così devoti a questo signore come se fosse la sua santità..». Anche altri collaboratori di giustizia individuano Arone come figura apicale della ‘ndrina piemontese: tra questi Bartolomeo Arena, che ha riferito di come Arone venisse descritto negli anni ’90 «come una leggenda, come uno dei soggetti più “azionisti” ossia facinorosi e bellicosi della consorteria».
Il controllo sul territorio
Una descrizione che troverebbe riscontro anche nelle indagini degli inquirenti, dove emerge che «la sola invocazione del suo nome induceva gli interlocutori a mostrare un timore reverenziale e un ossequio» dovuto alla sua «superiorità criminale» e alla fama ottenuta sul territorio. Significativo secondo gli inquirenti è l’episodio del furto di un camion a un operaio, per il cui ritrovamento si sarebbe interessato proprio Salvatore Arone, contattando una terza persona. Da queste intercettazioni emergerebbe «l’influenza di Arone e della sua compagine sul territorio di Carmagnola». Il ruolo di Arone all’interno della ‘ndrina sarebbe poi provato anche dall’attività di recupero crediti, da interessi nel settore edile e dal suo ruolo di «mediatore» nei conflitti tra privati, al fine di mantenere l’ordine e il controllo sul territorio, «espressione caratteristica delle associazioni criminali di stampo mafioso».(ma.ru.)
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