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il processo

Due appelli contro l’ergastolo del cosentino Aldobrandi

Condannato all’ergastolo il 15 dicembre scorso con l’accusa di omicidio volontario

Pubblicato il: 10/06/2025 – 20:10
Due appelli contro l’ergastolo del cosentino Aldobrandi

ROMA Due ricorsi in appello sono stati presentati dai rispettivi avvocati della difesa – Fabrizio Cravero e Mario Ventimiglia – per il pizzaiolo e ristoratore Salvatore Aldobrandi, 75 anni, originario di San Sosti (Cosenza), ma da anni residente a Sanremo, condannato all’ergastolo il 15 dicembre scorso dalla Corte di Assise di Imperia con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai motivi abbietti per avere ucciso Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene ma naturalizzata svedese, sparita nel nulla nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995 a Linköping, in Svezia. “Fabrizio ha vissuto il processo e lo conosce meglio di me, avendolo analizzato più a fondo. Io invece l’ho visto con gli occhi di un difensore che non ha partecipato all’attività giudiziale – afferma Ventimiglia – cercando di valutare tutti gli aspetti in maniera più asettica”. I punti contestati dalla difesa sono diversi: “innanzitutto la procedibilità in Italia – aggiunge Ventimiglia -. Poi, c’è il fatto che non sono stati sentiti testimoni rilevanti nel procedimento svedese. Alcuni dei quali, ad esempio, avrebbero visto la persona offesa successivamente ai fatti contestati e di cui la Corte non ha ammesso le relative testimonianze”. Un’altra questione riguarda la valutazione degli elementi di prova. “Tutti riferiscono quanto appreso direttamente dalla persona offesa, ma non in maniera diretta. E poi, c’è anche l’ammissibilità delle prove non ripetibili, come gli accertamenti tecnici eseguiti dagli operatori di giustizia svedesi con modalità e garanzie non conformi al nostro ordinamento giudiziario”. Il corpo di Sargonia non venne mai ritrovato, ma nelle motivazioni della sentenza, il giudice scrive: “in tema di omicidio doloso, il mancato ritrovamento del cadavere non impedisce la formazione della prova né incide sul principio di responsabilità e, tuttavia, l’evento morte può essere provato mediante indizi gravi, precisi e concordanti, nonché tenendo conto del comportamento post factum dell’imputato”. 

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