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SETTE GIORNI DI CALABRESI PENSIERI

Ombre e nebbie sugli incendi del cantiere dell’ospedale della Sibaritide

Le presunte ruberie sulla vecchia sanità calabrese denunciate da Santo Gioffrè meritano una commissione d’inchiesta regionale

Pubblicato il: 28/06/2025 – 7:04
di Paride Leporace
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Ombre e nebbie sugli incendi del cantiere dell’ospedale della Sibaritide

COSENZA In tempi grami di risorse quando si stanziano 292 milioni per costruire il Nuovo Ospedale della Sibaritide la collettività ne dovrebbe difendere realizzazione e celeri lavori. Delle struttura si iniziò a parlare nel 2004. I cantieri sono stati aperti sei anni addietro.
Adesso registriamo due incendi dolosi nel cantiere nel giro di 48 ore (ne abbiamo parlato qui e qui). Un altro era stato appiccato nell’ottobre scorso. Fiamme dolose nel giro di due giorni quando l’Ospedale corre verso il taglio del nastro, verosimilmente nel 2026. Mercoledì bruciato materiale plastico nel vano ascensore. Più strategico l’incendio del giovedì al secondo piano appiccato in tre punti e propagatosi ai piani superiori mentre 100 operai erano già al lavoro.
E’ evidente che qualcuno non vuole che l’opera arrivi a inaugurazione. L’area del nuovo ospedale sorge a Corigliano-Rossano, importante città calabrese che da tempo cerca di estromettere il potere criminale dal suo territorio. Nonostante le buone volontà a Corigliano-Rossano si spara in strada come nelle “stese” napoletane. Anche questa volta in poche ore una sparatoria in pieno giorno, lungo corso Sant’Angelo, e un’altra nella zona del Lido Sant’Angelo di sera nel cuore della movida rossanese preceduti da altre aggressioni e spari anonimi. Convocato il Comitato per l’Ordine pubblico e la sicurezza. Solite frasi, annunciate misure urgenti. A poche ore dal tavolo gli incendi nel cantiere dell’ospedale.
Complesso ritrovare il filo rosso degli episodi. In zona la criminalità ha una sorta di vuoto di potere che lascia spazio a nuove leve senza guida. Il territorio è giurisdizione degli zingari di Cassano. Gli equilibri sono saltati. I 5 stelle con muscolatura securitaria chiedono l’intervento dell’esercito. Ci sembra propaganda. Bastano buoni investigatori. Gli incendi in cantieri sono divampati con gli operai al lavoro. Nessuno ha visto niente? Forse il movente può essere più semplice di quello che appare. Troppo datata la notizia che nel 2019 un’interdittiva antimafia allontanò una ditta siciliana determinando una nuova gara d’appalto vinta da una società campana. E se qualcuno volesse trasformare i lavori in un’infinita tela di Penelope? Agli investigatori le risposte. Ai cittadini e all’amministrazione la responsabilità di far terminare i lavori pubblici di un’opera pubblica strettamente necessaria.

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Venerdì il Sole 24 ore ha annunciato in prima pagina che il Governo ormai paga i fornitori della Pubblica amministrazione della Sanità entro 60 giorni come prevedono le norme europee. Ai monitoraggi della Ragioneria dello Stato, ma anche governo, magistrati, parlamentari dovrebbero porre attenzione su quello che sul tema è accaduto in Calabria sui pagamenti della Asl a diversi fornitori.
Gira in questi giorni per le piazze calabresi accolto da numeroso pubblico, Santo Gioffrè, intellettuale eretico ed ex commissario straordinario dell’Asp reggina nel 2015, il quale racconta un’incredibile vicenda ormai abbastanza nota nel libro edito da Castelvecchi “Tutto pagato! Il saccheggio della sanità calabrese raccontato da chi l’ha scoperto”.
Diretto l’incipit: “Ho vissuto all’interno di un apparato che doveva garantire il diritto alla salute, e invece amministrava l’abbandono. Questo il racconto di ciò che ho vissuto. Giorno dopo giorno, atto dopo atto, minaccia dopo minaccia”.
Gioffrè chiamato a far da commissario dal presidente Mario Oliverio (l’altro giorno l’ex governatore era al dibattito del libro alla Cgil di Cosenza e ne ha avuto per tutti) con quell’aria da utopista meridionale si è messo a chiedere conti a fornitori di beni e servizi, proprietari di case di cura private, studi di diagnostica per immagini, multinazionali del farmaco, banche di factoring con sede al Nord.
Non è stato un pranzo di gala il lavoro del dottore Santo Gioffrè da Seminara.
Il manager mai avrebbe immaginato che a verificare bilanci e fatture pagate più volte si trovasse nel mirino della parlamentare calabrese all’epoca pentastellata, Dalila Nesci, la quale intraprende una crociata che arriverà all’Anac di Cantone ottenendo per un cavillo poco contrastato la defenestrazione di Gioffrè. Cui prodest? Alla Storia l’ardua sentenza.
La vicenda di Santo Gioffrè ricorda quella del Pinocchio di Collodi quando il giudice in aula fa arrestare il derubato dal Gatto e la Volpe. Dalle iniziative di Danila Nesci, poi sottosegretaria del governo Draghi e scissionista con Di Maio, sono scaturiti due processi che hanno assolto Gioffrè. Altri cinque procedimenti di diversa natura su questioni dell’Asl che operava a Palmi, Locri e Reggio Calabria sono stati archiviati nei confronti del medico. Anni di contenzioso per poter leggere in una delle sentenze: “La condotta del Gioffrè era stata pienamente conforme alla funzione da lui ricoperta e ai poteri da questi esercitata”.
Bel capotosta Gioffrè a negare pagamento a struttura privata che affida i suoi crediti a KPMG, acronimo dei fondatori Klynveld, Peat, Marwick, Goedleker che opera in 143 paesi con 265000 dipendenti.
I debiti si onorano, ma se la tesoreria di un’Asp passa di banca in banca, le carte non si trovano più nel sistema di contabilità un manager onesto chiede conto. Si sono pagate nel corso del tempo ingenti somme con pignoramenti dubbi poi radiografati dalla Guardia di Finanza. Sostiene Gioffrè che provvedimenti da 50.000 euro “venivano usati per ottenere milioni di euro” e numerosi pignoramenti in estensione sarebbero state ignorate dalla mail inviate dai Tribunali diventando una sorta di slot machine.
Ha scritto in un suo libro in merito alla vicenda dell’Asp reggina il commissario della Sanità calabrese, Massimo Scura: “Scopro che tutte le fatture dei privati vengono inserite in contabilità automaticamente, senza alcun controllo amministrativo, con la semplice verifica di appropriatezza sanitaria”. In sostanza non si sarebbero verificati contratti e tetto di spesa per privati. Scura presento’ un esposto in Procura sulle presunte fatture pagate più volte, di questo si sarebbe trattato.
Una contabilità irregolare e molto creativa e orale ha caratterizzato l’emissione di molti decreti ingiuntivi dove gli avvocati dell’Asp spesso erano assenti. A quanto pare non esisteva un registro aggiornato del contenzioso.
Della vicenda i media nazionali si sono occupati poco. Qualche giornalista mosca bianca. Come il calabrese Gianfrancesco Turano il quale scrisse sull’Espresso del novembre 2024: “Una montagna di forniture non pagate ai fornitori, una società che rileva la gran parte del contenzioso e con la Regione Calabria instaura transazioni milionarie e macina utili. Ora sui pagamenti si accende il fari dei magistrati di Milano che indagano su Reggio, Cosenza e Crotone”. Si tratterebbe di una barca di denari transitati verso una società specializzata nell’acquisto di crediti deteriorati dalla pubblica amministrazione.
La Giustizia sappiamo avere tempi lunghi. Ma la politica? Alla vigilia di un tanto atteso Piano di Rientro per la sanità calabrese, maggioranza e opposizione perché non dedicano sedute del Consiglio regionale a queste amare vicende? Le interrogazioni presentate dal senatore Irto a Palazzo Madama e dai dem alla Regione sono già nel dimenticatoio. Il regolamento del Consiglio regionale calabrese prevede la costituzione della Commissione d’inchiesta. Istituirla su questo vorticoso giro di fatture potrebbe essere utile alla collettività e alla politica.

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cosenza calcio (foto Stefania Lecce)

Il Cosenza Calcio resta sospeso nel suo destino. L’altro giorno 200 tifosi circa hanno sfidato la calura per chiedere in piazza soluzioni e progetti. C’era il giornalista Giuseppe Milicchio con generosità a guidare le danze. La protesta sarà stata anche fiacca e indetta da “Cosenza nel cuore” in passato generosa con il presidente Guarascio. Questa minoranza però ci ha messo la faccia. Se la tifoseria vuole avere un ruolo deve ricompattarsi in ogni sua componente. Altrimenti la squadra e il blasone dei lupi resterà ostaggio e proprietà del padrone delle ferriere vecchio e nuovo che sia. (redazione@corrierecal.it)

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