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Una legislatura vissuta intensamente. Gli alti e bassi di Occhiuto con gli alleati

Un viaggio all’indietro nel tempo per analizzare il cammino del governatore alla guida della regione, dalla partenza sprint ai primi intoppi

Pubblicato il: 05/08/2025 – 6:50
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Una legislatura vissuta intensamente. Gli alti e bassi di Occhiuto con gli alleati

LAMEZIA TERME Quasi quattro anni vissuti di sicuro intensamente, a tratti appassionatamente, a tratti – soprattutto l’ultimo tratto – pericolosamente. Il bilancio “politico” politico per il presidente della Regione (ieri sera la firma sulla lettera delle dimissioni) – Roberto Occhiuto è fatto di alti e di bassi, più i primi dei secondi, almeno per i primi due anni e mezzo, attraversati davvero a spron battuto e a ritmo sostenuto, un ritmo che però al traguardo del “tagliando” ha iniziato a calare, anche in modo un po’ vistoso. Gli alti e i bassi riguardano essenzialmente il rapporto di Occhiuto, leader di Forza Italia con i partiti tradizionalmente alleati nel centrodestra, Fratelli d’Italia e Lega e anche con Azione. Al recente scontro con il leader Carlo Calenda (leggi qui) si aggiunge l’alleanza mai davvero salda con i due consiglieri regionali Francesco De Nisi e Giuseppe Graziano, diventati successivamente calendiani ma eletti rispettivamente con Coraggio e Udc.
La vittoria trionfale alla guida del centrodestra nell’ottobre 2021 ha rappresentato per Occhiuto il viatico migliore per una navigazione tranquilla e proficua, produttiva anche di riforme a livello amministrativo sulla carta innovative – come Azienda Zero e Arrical. Sia pure velatamente – e sotto traccia – spesso accusato di “eccessivo individualismo e decisionismo” da parte di esponenti della sua maggioranza, per Occhiuto problemi di sorta con i partiti della coalizione non ce ne sono stati, almeno fino a un certo punto. Il momento di massima tensione nell’estate 2023, quando Occhiuto ha spinto per la riforma – questa sì epocale – dei Consorzi di Bonifica, carrozzoni che il governatore ha voluto liquidare per creare uno solo a livello regionale: “resistenze” nella sua maggioranza anche qui sotto traccia ma comunque abbastanza evidenti, che hanno spinto Occhiuto a minacciare di porre la fiducia su questo dossier ventilando le dimissioni se la riforma dei Consorzi – attesa vanamente da almeno 20 anni – non fosse passata.

Il rapporto con i partiti alleati

Alla fine arriverà il via libera e un’ulteriore spinta per Occhiuto, atteso però da altri passaggi non facili. Con Fratelli d’Italia rapporti molto sereni: i meloniani a Rende nel settembre 2023 organizzarono una convention trampolino di lancio per la ricandidatura di Occhiuto e sarebbero stati poi ricompensati con una maggiore agibilità politica nel secondo rimpasto di Giunta. Con la Lega invece alta tensione a luglio 2024 per la sua posizione molto critica rispetto all’autonomia differenziata versione turbo e anti-meridionale targata Calderoli-Salvini (erano i giorni del “no money no party” mantra di Occhiuto). Ma anche questo scoglio alla fine è stato aggirato. Però, come in tutte le legislature, il tagliando diventa lo spartiacque tra un prima fatto di sprint e un dopo fatto di maggior lentezze. Alla festa per i due anni di governo Meloni a Reggio Calabria – ottobre 2024 – Occhiuto annuncia ufficialmente la sua ricandidatura alla presidenza della Regione. Dagli alleati, sicuramente colti di sorpresa, un bel po’ di freddezza, la stessa che si sarebbe registrata negli ultimi periodi, quando per Occhiuto è arrivata la “grana” del suo coinvolgimento in un’inchiesta della Procura di Catanzaro con l’accusa di corruzione.
È il primo dei due “tsumani” che terremotano la Cittadella negli ultimi 55 giorni, mentre nella maggioranza di centrodestra affiorano forti malumori rispetto alla proposta di legge istitutiva del Policlinico di Cosenza. Quella freddezza però forse oggi sembra di nuovo ribaltata, per la verità, visti gli endorsement a Occhiuto, e l’avallo alla sua decisione di dimettersi, che sono arrivati nei giorni scorsi da plenipotenziari di FdI come Giovanni Donzelli e il ministro Alessandro Giuli e i “pesi massimi” della Lega Salvini e Claudio Durigon. (a. c.)

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